Le manifestazioni scoppiate a seguito dell’abbordaggio delle navi della Flotilla rappresentano perfettamente la fase che attraversa ormai da 10 anni la sinistra, anche quella italiana e anche, purtroppo, la sinistra parmigiana.
Due considerazioni.
La prima: l’intento della Global Summud Flotilla era di forzare un intervento da parte dell’IDF che evidenziasse l’impunità, ormai garantita, di cui gode Israele nel violare sistematicamente il diritto internazionale, condannando la difficoltà (per noi, invece, comprensibile) per i governi occidentali, compreso quello italiano, nel posizionarsi sulla questione di Gaza, schiacciati fra un alleato (Israele) che ha ormai da tempo superato ogni limite e un popolo che, seppur oppresso da decenni e principale vittima di questa tragedia, si riconosce in una forza politica e paramilitare (Hamas) che predica la morte della nostra civiltà.
Siamo sicuri che gli scioperanti di ieri, così come gli avventurieri della Flottilla, concorderebbero su quanto appena scritto tranne che per un passaggio: che sia comprensibile che il governo, come del resto tutto l’Occidente, possa essere in difficoltà sulla posizione da prendere. Perché la loro posizione è che non ci debbano essere tentennamenti, per loro non si può che essere contro Israele. Anche se questo significhi legittimare Hamas, perché alla fine Hamas (sempre per loro) non è una forza politica islamista che compie atti di terrorismo, è la resistenza. E uccidere 1200 persone in poche ore, arrivando anche a bruciarle vive, è un atto di resistenza.
È per questo che durante lo sciopero di ieri in piazza c’erano solo bandiere rosse, oltre a quelle palestinesi: così come la resistenza è diventata, ormai da anni, una questione ad appannaggio esclusivo della sinistra (quando è in realtà per tutti il fondamento della nostra Repubblica), allora anche la causa palestinese non può che essere una questione di sinistra, perché nei guerriglieri di Hamas, secondo loro, rivivono gli stessi ideali dei nostri partigiani.
Ed è anche per lo stesso motivo che questa settimana, il sindaco di Reggio Emilia, pur essendo del PD, è stato fischiato dopo aver detto che la liberazione degli ostaggi israeliani è necessaria per arrivare alla fine dei bombardamenti. Perché anche rapire oltre 200 persone è un atto di resistenza.
Seconda considerazione: il consigliere comunale Oluboyo (PD) ha pubblicato ieri un post in cui sostiene che, seppur si occupi di politica locale, si senta tenuta a prendere posizione sul tema, perché la nostra città deve essere “capace di guardare oltre sé stessa, solidale e coraggiosa”.
Noi di Missione Parma abbiamo sposato fin dall’inizio una posizione differente, non solo su Gaza ma su tutti i temi di politica internazionale: astenersi, tanto dal commentare sui social o sulla stampa quanto nel voto in aula da parte dei nostri consiglieri.
La forza del nostro gruppo sta nell’essere uniti non nel nome di presunti grandi valori o antiche (anzi, ormai vecchie) ideologie, ma per l’unica battaglia in cui sentiamo di poter fare qualcosa di veramente utile, concreto ed efficace per la comunità in cui viviamo: migliorare la qualità della vita di chi abita a Parma e nella sua provincia.
Non vediamo quale impatto sulla vita dei suoi concittadini possano avere le prese di posizione da parte di un consigliere comunale su temi di portata internazionale.
Vediamo, al massimo, due scopi, alternativi fra di loro: visibilità per un eventuale tornaconto elettorale (il che sarebbe squallido) oppure sentirsi in pace con sé stessi per aver fatto una scelta etica, di coscienza.
Ma perché allora abbiamo deciso di parlarne stavolta?
Per via della presenza del Sindaco Guerra e dell’assessore De Vanna allo sciopero generale di ieri, durante il quale si sono mostrati a favore di fotografi e telecamere, proprio fra quelle bandiere rosse e palestinesi. E allora anche Gaza diventa un tema cittadino, allora anche noi sentiamo di dover dire qualcosa, perchè simili prese di posizione da parte del sindaco della nostra città svelano la vera essenza di chi ci amministra.
Se la scelta di partecipare allo sciopero fosse dettata dalla loro coscienza, fosse quindi una scelta prettamente personale, vuol dire che personalmente sostengono le prese di posizione sconsiderate di quello sciopero? Sostengono Hamas in quanto è “la resistenza”?
Per il consigliere Oluboyo forse è così, e ciò ci fa rabbrividire, ma Guerra e De Vanna provengono da carriere nell’università, sono persone che riconosciamo essere colte e per questo siamo sicuri che non possano condividere la sovrapposizione insensata fra Hamas e resistenza.
La loro scelta, allora, non può che essere per una deprimente questione di visibilità.
Ed è qui che emerge limpidamente la situazione desolante che la sinistra italiana si ritrova a vivere da tempo. Senza punti di riferimento, senza essere in grado di fornirne di nuovi al loro elettorato, si sono ridotti a sposare (per finta) posizioni sconsiderate pur di mantenere un contatto con chi pensano possa votarli, accettando di partecipare a manifestazioni estreme al punto da sostenere gruppi islamisti.
Partecipare ad uno sciopero simile, in cui si urlava “Palestina libera dal mare al Giordano” (slogan di Hamas che sottintende la sparizione dello stato d’Israele da quella terra) non equivale a dichiararsi dalla parte del popolo palestinese presentando mozioni in consiglio comunale sul riconoscimento della Palestina. Significa abbracciare in toto le convinzioni folli di quegli scioperanti, significa dichiarare di essere d’accordo che gli ostaggi israeliani non vadano liberati fino a quando la resistenza non sarà vinta, perché quelle sono le convinzioni di quella piazza di cui si è deciso di far parte.
Farlo senza nemmeno crederci è ancora peggio. E non porterà nemmeno quegli scioperanti a votare per loro, perché sanno bene che c’erano solo per mero interesse elettorale.
Che bassezza, caro sindaco.
Missione Parma
P.S. è di questa notte la notizia che Hamas abbia accettato la proposta di pace avanzata dal presidente Trump. Proposta che implica proprio la liberazione degli ostaggi per porre fine ai bombardamenti e l’abbandono in sicurezza di Gaza da parte dei combattenti di Hamas che decidessero di cedere le proprie armi. E ora chi glielo spiega agli scioperanti che la resistenza è stata tradita?