“La fortuna è che mi è rimasta la voglia di vivere anche se il dolore si allunga, come un elastico, e ogni tanto, improvvisamente, mi riporta indietro a quei 55 giorni. Ma, nella mia mente popolata di mostri, mi ha spiazzata scoprire, tramite il percorso di ‘giustizia riparativa’, di avere di fronte un essere umano e che la sofferenza non è appannaggio solo di noi vittime”.
Le parole sono quelle di Agnese Moro, una dei figli dello statista Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio del 1978. Sono ormai 10 anni che alcuni familiari delle vittime ed alcuni ex brigatisti stanno compiendo – tra incontri pubblici e tappe nelle scuole – un cammino comune sulla “giustizia riparativa” che parte da un reciproco rispetto e dal ripudio della violenza.
È l’altra faccia della medaglia di quei giorni e di quegli “anni di piombo”. Se da una parte, inevitabilmente, c’è ancora soprattutto il dolore; se le diffidenze e le polemiche sono ancora comprensibilmente presenti nell’opinione pubblica, è però giusto ed importante sottolineare che c’è chi – da una parte e dall’altra – ha fatto la scelta di andare oltre e farlo insieme.
E quel cammino – che nell’anno del quarantennale della morte di Moro e della sua scorta ha un valore ancora più profondo – farà tappa a Parma il 17 maggio. Giovanni Ricci, figlio di Domenico appuntato dei carabinieri ucciso in via Fani durante il sequestro di Aldo Moro, Giorgo Bazzega, figlio del poliziotto Sergio, colpito a morte nel 1976 da Walter Alasia -, e Adriana Faranda, ex brigatista della colonna romana e parte attiva durante il sequestro Moro, saranno i protagonisti alle ore 17.30 di un dibattito pubblico nel salone “Trentin” della Camera del Lavoro di Parma in via Casati Confalonieri, dal titolo “Vivere e non sopravvivere: quando i figli delle vittime scelgono di incontrare gli ex terroristi”, organizzato dalla CGIL territoriale. L’incontro sarà moderato dal giornalista della Gazzetta di Parma Paolo Grossi.
Ma già al mattino, gli stessi testimoni al cinema Astra, incontreranno alle ore 10.30 gli studenti delle classi quarte e quinte del Liceo Bertolucci portando il loro contributo al tema della NON VIOLENZA attraverso le loro storie personali, che raccontano le lacerazioni prodotte dalle azioni ma anche – profondissime – dalle parole. La voce dei familiari delle vittime e la voce di una ex terrorista. Diversamente da chi anche recentemente ha avuto parole insensibili, Adriana Faranda sta seguendo un reale percorso critico e di condanna alla violenza tramite la giustizia riparativa. E allora la speranza è che proprio un incontro di questo tipo, fra chi ha vissuto in ruoli opposti e diversi quei giorni e gli anni successivi, vada al di là di ogni polemica e ci indichi una strada per rileggere quella stagione drammatica (senza dimenticanze e senza sconti a nessuno) e per costruire adesso un’Italia migliore, che non ricada mai più in quella lunga tragedia.
Ufficio Stampa CGIL Parma