27 ottobre 1962: muore il presidente dell’Eni Enrico Mattei

SMA MODENA
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Il 27 ottobre 1962 l’aereo su cui volava Enrico Mattei, Presidente dell’Eni precipita nelle campagne intorno Bascapè (PV).

Enrico Mattei è stato un dirigente pubblico, partigiano, politico e imprenditore italiano.

Figlio di un carabiniere, fondò una piccola azienda chimica. Durante la seconda guerra mondiale prese parte alla Resistenza, divenendone una figura di primo piano e rappresentandone la componente “bianca” in seno al CLNAI. Nel 1945 fu nominato commissario liquidatore dell’Agip.

Disattendendo il mandato, egli ne fece, invece, una multinazionale del petrolio (dal 1952 Eni), protagonista del miracolo economico postbellico. Mattei fece dell’Eni anche un centro d’influenza politica, attraverso la proprietà di media quali il quotidiano il Giorno e finanziamenti ai partiti. Sempre vicino alla sinistra democristiana, morì nel 1962 in un misterioso incidente occorso al suo aereo personale, nei pressi di Bascapè. Nel 2012 una sentenza di un processo collegato, quella sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro che indagava sul fatto, ha riconosciuto ufficialmente che Mattei fu vittima di un attentato.

Secondo molti osservatori, la vicenda di Mattei non si concluse con la sua morte, anzi avrebbe avuto echi e conseguenze di variegata natura, nell’immediato come a lungo termine.

Innanzitutto va detto che l’incidente di Bascapé impedì di perfezionare un accordo di produzione con l’Algeria, indubbiamente un legame in potenza contrastante con gli interessi delle sette sorelle. Inoltre, alcune delle persone che ebbero a che fare con Mattei e con l’inchiesta sull’incidente morirono in circostanze misteriose.

Il caso più noto è certamente quello del giornalista Mauro De Mauro, il quale si era mostrato assai disponibile a fornire a Francesco Rosi, autore del noto film dei primi anni settanta su Enrico Mattei, materiale (probabilmente nastri magnetici audio) ritenuto di estremo interesse per la ricostruzione dei fatti che il regista andava raccogliendo come base documentale per la sceneggiatura. Pochissimo prima dell’incontro previsto con Rosi, De Mauro (che aveva lavorato anche a “Il Giorno”) scomparve nel nulla. Ufficialmente considerato un delitto di mafia, il caso De Mauro è riemerso in tempi recenti a seguito delle dichiarazioni di un pentito, Tommaso Buscetta, il quale lo poneva in collegamento con la morte di Mattei e suggeriva che anche l’incidente di Bascapé fosse stato un “favore” reso dalla mafia a ignoti, forse stranieri.

Per combinazione, la maggior parte degli investigatori che si occuparono della scomparsa di De Mauro, tanto della Polizia quanto dei Carabinieri, effettivamente morirono a loro volta assassinati dalla mafia; il più famoso fra loro era il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nel frattempo divenuto prefetto di Palermo, e la stessa fine toccò al vicequestore Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile della stessa città.

Una delle ultime opere di Pier Paolo Pasolini fu un romanzo dal titolo Petrolio, in cui adombrava la figura di Cefis. Pasolini si interessò molto alla figura di Mattei, ma anche e soprattutto al mistero della sua morte. Il romanzo fu incompiuto a causa dell’omicidio dello scrittore, avvenuto il 2 novembre 1975.

Nell’autunno del 1962, poco dopo la morte di Mattei, il direttore de Il Giorno, Italo Pietra ed iI corrispondente da Mosca Marcello Uboldi ottennero un’intervista con il primo segretario del PCUS, Nikita Sergeevič Chruščёv. Durante il colloquio, in presenza dell’incaricato del ministero degli esteri Zamjatin e di un interprete, Chruščёv fu categorico nel dire ai due italiani che “il caro amico dell’Unione Sovietica Enrico Mattei” era stato certamente assassinato nonostante i ripetuti avvertimenti che gli aveva fatto giungere tramite il suo amico Luigi Longo allora segretario del PCI, avvertito a sua volta da Giancarlo Pajetta che aveva ricevuto la segnalazione direttamente da Chruščёv stesso. Negli anni successivi il giornalista Nantas Salvalaggio ha confermato di essere stato messo al corrente dai due colleghi de Il Giorno della convinzione ostentata da Chruščёv.

Nel 1986, seguendo di poco un’espressiva sortita del capo del SISMI, l’ammiraglio Fulvio Martini, e nello stesso senso, Fanfani parlò apertamente dell’incidente come di un “abbattimento”, definendolo forse il primo atto di terrorismo aeronautico in Italia.

Il 7 agosto 2012, una sentenza della Corte D’Assise di Palermo dichiara che l’omicidio De Mauro è stato voluto da “mandanti occulti”, a causa di ciò che il giornalista aveva scoperto riguardo alla natura dolosa dell’incidente in cui era stato vittima Enrico Mattei. La Corte d’Assise d’Appello e la Corte di Cassazione hanno successivamente messo in dubbio tale ricostruzione, dichiarandola al più “verosimile”.

Il 18 dicembre 2015 la trasmissione televisiva Bersaglio mobile trasmette un’intervista a Licio Gelli del 15 novembre 2011 in cui quest’ultimo sostiene che il velivolo di Mattei fosse stato sostituito con uno identico, con a bordo una carica di esplosivo.

Avendo la nuova indagine giudiziaria iniziata nel 1997 e conclusa nel 2005 dimostrato che si trattò di un attentato, sono stati avanzati numerosi moventi e sospetti tra i più reputati “operatori” del settore che avrebbero potuto trarre vantaggio dalla morte di Mattei.

A parte il citato Eugenio Cefis, in primo luogo ci sono le cosiddette sette sorelle del petrolio: l’unico concorrente in grado di metterle in difficoltà le aveva costrette a rivedere tutti gli accordi, compresi quelli già correnti, dopo il suo ingresso in questo terribile mercato. Le perdite (in realtà, i minori introiti) ascrivibili a Mattei superavano il bilancio medio di uno Stato medio, e per molto meno si fanno anche guerre. La tradizionale vicinanza delle sette sorelle con il governo degli Stati Uniti, non consente di escludere che organizzazioni come la CIA possano aver giocato un loro ruolo.

La CIA, impegnata in una fase cruciale della guerra fredda, esattamente nei giorni in cui si chiudeva la crisi dei missili di Cuba, avrebbe avuto quindi anche altre buone ragioni per eliminare Mattei, che con la Russia aveva allestito una linea commerciale (rompendo l’embargo politico): oltre a dare un monito a chi avesse inteso fare affari con Mosca, avrebbe potuto inviare con l’attentato un’espressiva ingiunzione anche alla stessa capitale sovietica, impegnata nel braccio di ferro missilistico, disturbandola nel suo approvvigionamento finanziario-energetico. E per altro verso, come a posteriori dichiarerà il generale De Paolis amico di Mattei, si intravedono diretti avvertimenti in alcuni interventi politico-giornalistici di poco precedenti, divulgati dalla stampa statunitense, con i quali si rimproverava all’Italia di esser venuta meno a impegni di lealtà derivanti dall’Alleanza Atlantica, dal diktat di Parigi e addirittura dall’armistizio di Badoglio.

Su altri versanti, dalla Francia l’OAS aveva buoni motivi per frapporsi all’evoluzione politica algerina cui tanto Mattei andava contribuendo. Intanto la morte di Mattei impedì, come si è detto, il perfezionamento di un importante accordo. Inoltre venne meno una voce che ispirava alla popolazione come ai notabili locali la frattura con Parigi, facendo loro intravedere spiragli di beneficio derivabili dall’eventuale gestione diretta delle risorse petrolifere, al momento condizionate, se non proprio governate, dalla Francia.

Occorre notare che a più riprese sono state formulate ipotesi riguardanti anche eventuali moventi interni, italiani, autoctoni. Nel 1962 Mattei non era solo l’ago della bilancia del potere italiano, era proprio il potere; era il titolare monarchico di uno Stato interno allo Stato, che quantunque agente per conto dello Stato (e non si ha motivo di dubitare che davvero intimamente e sinceramente così fosse), era antitetico allo Stato in quanto lo controllava (solleticandolo nell’attitudine alla corruttela) e lo surrogava (sollevandolo dall’onus di attribuirsi un indirizzo economico, programmatico e di relazioni estere).

Ad ogni modo, chiunque sia stato il mandante, pare ormai alquanto probabile che l’esecuzione sia stata affidata a esperti locali, e che la casalinga mafia abbia quindi prestato il suo braccio (non è dato sapere in cambio di cosa) offrendo appetibili servizi i cui potenziali acquirenti erano numerosi.