
Il 9 agosto 1918 11 Ansaldo S.V.A. dell’87ª squadriglia aeroplani “Serenissima” di D’Annunzio, lanciano manifesti sulla capitale dell’Impero austro-ungarico, impresa che passerà alla storia come volo su Vienna.
Il volo su Vienna del 9 agosto 1918 fu una trasvolata compiuta da 11 Ansaldo S.V.A. dell’87ª Squadriglia Aeroplani, detta la Serenissima. Dieci erano monoposto, tra S.V.A.5 e S.V.A.9, pilotati da Antonio Locatelli, Girolamo Allegri detto fra’ Ginepro,Ludovico Censi, Aldo Finzi, Piero Massoni, Giordano Bruno Granzarolo, Sarti, Francesco Ferrarin, Masprone e Vincenzo Contratti; l’ultimo era un biposto S.V.A.10 pilotato dal Capitano Natale Palli. Il Maggiore Gabriele D’Annunzio, comandante della Squadra Aerea S. Marco, era nell’abitacolo anteriore; con loro Garibaldo Marussi, di nove anni, figlio di Nino Marussi, scultore fiumano, amico di Gabriele d’Annunzio.
Il volo era stato progettato dallo stesso D’Annunzio, più di un anno prima, ma difficoltà tecniche, legate soprattutto al problema dell’autonomia degli apparecchi per un volo di mille chilometri, avevano indotto il comando supremo dapprima a negare il consenso e poi a ordinare delle prove di collaudo. In verità, D’Annunzio aveva già considerato il problema dell’autonomia di volo, sottoponendolo ai tecnici della “Pomilio”, la fabbrica torinese che all’epoca costruiva gli “S.V.A.”. Il problema era stato brillantemente risolto, attraverso una serie di piccole modifiche aerodinamiche e strutturali, da un giovane caporeparto della “Pomilio”, destinato a divenire un protagonista nella storia dell’automobile: Ugo Zagato. Il 4 settembre del 1917 D’Annunzio compì un volo di dieci ore senza particolari problemi, così l’autorizzazione necessaria all’impresa arrivò sotto forma di un bizzarro messaggio che avrebbe voluto attingere al dannunzianesimo (moda dell’epoca).
Un primo tentativo venne compiuto il 2 agosto, ma a causa della nebbia i 13 apparecchi che vi parteciparono dovettero rinunciare. Un secondo tentativo si compì l’8 agosto, ma il vento contrario fece rinunciare anche questa volta. Finalmente la mattina del 9 agosto, alle ore 05:50, dal campo di aviazione di San Pelagio (Due Carrare – Padova) partirono undici apparecchi. I velivoli di Ferrarin, Masprone e Contratti dovettero atterrare non appena partiti, mentre Sarti fu costretto ad atterrare per noie al motore, posandosi sul campo di Wiener Neustadt ed incendiando lo S.V.A. prima della cattura.
Gli altri nove compirono l’impresa, giungendo su Vienna alle 9:20 e lanciando 50 000 copie di un manifestino in italiano preparato da D’Annunzio.
Il testo di D’Annunzio venne giudicato mancante di efficacia, nonché impossibile da rendere correttamente in tedesco, da Ferdinando Martini. Furono perciò lanciate anche 350 000 copie di un secondo, più pratico quanto efficace, manifestino scritto da Ugo Ojetti e tradotto in tedesco.
Un comunicato ufficiale del Comando Supremo riportò: “Zona di guerra, 9 agosto 1918. Una pattuglia di otto apparecchi nazionali, un biposto e sette monoposti, al comando del maggiore D’Annunzio, ha eseguito stamane un brillante raid su Vienna, compiendo un percorso complessivo di circa 1.000 chilometri, dei quali oltre 800 su territorio nemico. I nostri aerei, partiti alle ore 5:50, dopo aver superato non lievi difficoltà atmosferiche, raggiungevano alle ore 9:20 la città di Vienna, su cui si abbassavano a quota inferiore agli 800 metri, lanciando parecchie migliaia di manifesti.
Sulle vie della città era chiaramente visibile l’agglomeramento della popolazione.
I nostri apparecchi, che non vennero fatti segno ad alcuna reazione da parte del nemico, al ritorno volarono su Wiener-Neustadt, Graz, Lubiana e Trieste. La pattuglia partì compatta, si mantenne in ordine serrato lungo tutto il percorso e rientrò al campo di aviazione alle 12:40.
Manca un solo nostro apparecchio che, per un guasto al motore, sembra sia stato costretto ad atterrare nelle vicinanze di Wiener-Neustadt”.
In effetti non vi fu reazione da parte delle forze austroungariche: solo due caccia austriaci che avevano avvistato la formazione si affrettarono ad atterrare per avvertire il comando, ma non furono creduti.
L’impressione che questo raid produsse in Italia e nel mondo fu enorme. A Roma fu lanciata la proposta d’incoronare D’Annunzio sul Campidoglio, ma egli rifiutò.
Il ritorno avvenne dopo poco meno di 7 ore e mille chilometri di volo, sempre allo stesso aeroporto di partenza.
Il valore propagandistico dell’impresa fu soprattutto a uso interno italiano, mentre l’episodio fu militarmente irrilevante.
L’episodio fece molta impressione anche a Vienna. I manifestini vennero gelosamente conservati dai viennesi, tanto più in un momento in cui c’era forte penuria di alimenti e tanta sfiducia nelle sorti della guerra. Il sorvolo di D’Annunzio e le parole di Ojetti creavano ulteriori apprensioni da parte dei viennesi, che, oltre ai problemi interni, sentivano arrivare dal fronte di guerra le voci del malcontento dei loro soldati.