Ceta, riconosciuti 12 prodotti regionali su 44. Lega Nord contraria

SMA MODENA

L’accordo con il Canada penalizza l’Emilia Romagna. Lo afferma Coldiretti che ha incontrato il presidente della Regione Bonaccini al quale è stato consegnato un dossier sugli effetti dell’accordo di libero scambio Ue-Canada (Comprehensive Economic and Trade Agreementr), sottolineando che ad essere messi sotto scacco nella nostra regione saranno produzioni di eccellenza, ma anche importanti colture estensive come i cereali.
Il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello, e il direttore, Marco Allaria Olivieri, hanno sottolineato che dei 44 prodotti a denominazione di origine dell’Emilia Romagna, solo 12 vengono riconosciuti dal Ceta, mentre gli altri 32 non avranno nessuna tutela. Anche per i prodotti riconosciuti dall’accordo, si profila comunque – secondo Coldiretti Emilia Romagna – una situazione di grande ambiguità che rende difficile ai consumatori distinguere il prodotto originale, ottenuto nel rispetto d precisi disciplinari, da imitazioni di bassa qualità come il caso del Parmigiano Reggiano che verrà venduto a fianco di produzioni locali di “Parmesan”.
Situazione ancora più complessa per il Prosciutto di Parma Dop, denominazione che da diversi decenni proprio in Canada è stata usurpata dalla società Maple Leaf Foods, la più grande industria alimentare canadese, che ha registrato il marchio “Parma” e che quindi può regolarmente commercializzarlo. La conseguenza – spiega Coldiretti regionale – è che il vero prosciutto di Parma Dop non può essere al momento venduto in Canada ma per essere comunque presente su quell’importante mercato, il prodotto italiano viene commercializzato con il nome “Prosciutto originale”, e sugli scaffali dei negozi si trova acconto al “Parma” canadese, senza poter portare il suo vero nome.
Neanche i 30 mila produttori di grano dell’Emilia Romagna potranno dormire sonni tranquilli in quanto – spiega Coldiretti regionale – l’accordo di libero scambio prevede l’azzeramento del dazio per il grano, spalancando le porte all’invasione di grano duro canadese che per di più viene trattato in fase di preraccolta con il glifosato, vietato invece nel nostro Paese perché accusato di essere cancerogeno.
“Non siamo certamente contrari agli accordi internazionali – ha detto il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – ma nelle trattative va riservata al settore agroalimentare una attenzione specifica che salvaguardi la distintività delle produzioni, garantisca la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e la libertà di scelta dei consumatori. Il Ceta così come definito oggi è un regalo alle lobby industriali che nell’alimentazione puntano all’omologazione e al livellamento verso il basso della qualità”.
Secondo il direttore, Marco Allaria Olivieri l’accordo con il Canada “Crea una situazione di concorrenza sleale nei confronti del vero made in Italy, in cui a perdere saranno produzioni che hanno fondato il loro successo e la loro capacità di competere proprio sulla qualità, come il Parmigiano Reggiano e il Prosciutto di Parma, prodotti di punta della nostra regione. Per questo, oltre alla consegna del dossier, abbiamo sollecitato il presidente Bonaccini ad inserire all’ordine del giorno della Giunta regionale gli argomenti proposti da Coldiretti per difendere le produzioni regionali e nazionali in seno all’accordo di libero scambio con il Canada”.


Nel silenzio generale, la Commissione Esteri del Senato ha dato parere favorevole al trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada, letteralmente Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement), in attesa di una sua approvazione definitiva da parte del Parlamento. Un protocollo di intese che – sostiene la Lega Nord – finirà con il penalizzare fortemente le eccellenze italiane (ed emiliano-romagnole) togliendo ogni strettoia e dazi all’arrivo di merci nel Paese. Un grosso guaio per la produzione agro-alimentare regionale, già messa a dura prova dalle sanzioni alla Russia, ed anche dalle avversità climatiche di questi mesi, tra siccità e grandinate. Non bastassero le calamità meteo, ora arriva come un fulmine a ciel sereno questa nuova batosta che rischia di abbattersi sulla bilancia commerciale nazionale. La prima risposta del Carroccio è stata una risoluzione depositata con urgenza all’Assemblea legislativa, a prima firma del capogruppo regionale della Lega Nord, Alan Fabbri, ma sottoscritta anche dal resto del gruppo consigliare: Fabio Rainieri, Daniele Marchetti, Stefano Bargi, Gabriele Delmonte, Matteo Rancan, Massimiliano Pompignoli, Marco Pettazzoni e Andrea Liverani. «Il Trattato di libero scambio tra Italia e Canada è già stato fortemente criticato da numerose associazioni di categoria, ed i suoi limiti sono evidenti – sottolineano il capogruppo regionale della Lega Nord, Alan Fabbri, ed il Vicepresidente dell’Assemblea legislativa, Fabio Rainieri – visto che dei circa 4500 prodotti tipici italiani, saranno riconosciute soltanto 41 indicazioni (solo 12 per l’Emilia-Romagna), a fronte delle 288 tra Dop e Igp.» L’affronto è che nonostante i vari marchi protetti, continueranno a circolare le volgari forme di contraffazione “occulta” come il “Parmesan”. «L’istantanea eliminazione dei dazi – sottolineano Fabbri e Rainieri – provocati dal Ceta rompe l’equilibrio finora esistente tra coltivatori, imprese agricole europee e nordamericane.» Senza contare che, il Nafta, l’accordo di libro scambio già esistente da tempo tra Canada e USA, consentirebbe di aprire le porte ad una serie di prodotti agricoli “a base” di antibiotici, oppure di ormoni negli allevamenti, «senza contare l’uso che nei paesi nordamericani fanno disinvoltamente di glifosato ed i neonicotinoidi, il cui uso nell’Ue è tenuto sotto controllo». Insomma, in nome dell’equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie, anche l’Emilia-Romagna potrebbe essere presto invasa da prodotti di scarsa qualità e che mettono a rischio la salute dei consumatori. «Senza contare che l’indebolimento delle filiere locali creerà evidenti problemi ai piccoli e medi imprenditori oltre che occupazionali – concludono Fabbri e Rainieri – tutto a vantaggio delle grandi multinazionali che tra l’altro godranno di un sistema di risoluzione delle controversie l’Investment Count System, a loro particolarmente favorevole a discapito di piccoli e medi produttori e venditori».