
Se non fosse che ormai ci stiamo drammaticamente abituando, verrebbe quasi da sorridere di fronte al tentativo delle forze di destra (con la Lega in prima fila, alla ricerca di voti anticomunisti) di continuare a manipolare la storia del confine orientale italiano. (leggi polemica Salvini-Anpi)
Manipolarla non tanto per raccontare la sofferenza della popolazione civile che in quelle terre visse guerra e dopoguerra, quanto per interessi esclusivamente propagandistici.
I morti nelle foibe o le sofferenze di coloro che condivisero l’esodo istriano non sono scaturiti dal nulla: anche uno studente delle medie sa che nella storia tutto trova un senso nel rapporto tra causa ed effetto. Ma la politica dalla facile chiacchiera sembra voler piuttosto convincerci tutti che, a scontrarsi in quel periodo, non siano stati altro che la “luminosa civiltà italica” e la “sanguinaria barbarie slava”.
Eppure non si possono comprendere foibe ed esodo dall’Istria estrapolandoli dal contesto nel quale presero corpo, ben prima della dissoluzione del fascismo nel settembre 1943 o della fine della guerra nella primavera 1945. Tutto trova un senso se pensiamo alla politica del Regno d’Italia, avversa al nascente stato di serbi-croati e sloveni al termine della prima guerra mondiale nel 1918, poiché si immaginava la vicina Jugoslavia una possibile area da sottomettere alla propria influenza e al limite da disgregare a proprio tornaconto. Una politica che si concretizzò effettivamente con la dittatura mussoliniana, vale a dire con la nazionalizzazione forzata delle popolazioni istriane e, successivamente, con l’occupazione militare della Jugoslavia nel 1941. Un’aggressione che accordò mano libera alle più atroci violenze tanto contro la legittima resistenza jugoslava (alla quale, peraltro, si associarono anche molti soldati italiani dall’autunno del 1943), quanto verso la popolazione civile, con fucilazioni di massa, deportazioni, torture e campi di concentramento.
E allora, in questa ennesima polemica del “giorno del ricordo”, nauseati dal conto delle cifre gonfiate a dismisura per fare colpo sull’opinione pubblica e per ragioni che nulla hanno a che vedere con la comprensione del passato, non possiamo che ribadire una necessità: quella di considerare il problema delle foibe nel quadro della risposta ai crimini del fascismo prima e dopo il 1941. Un’altra scomoda eredità che la dittatura di Mussolini ci ha lasciato, un altro danno morale di cui chiedere conto a chi, di quel regime, sente nostalgia.
Potere al popolo Parma