
25/10/2013
h.18.20
Intervista a Matteo Daffadà, assessore comunale di Borgotaro, candidato alla segreteria provinciale del Pd di Parma.
Com’è nata la tua candidatura?
L’esperienza politica fatta in questi anni mi ha portato spesso scegliere soluzioni in controtendenza. Non dando mai nulla per scontato, non chiedendo garanzie di poltrone. Tutto ciò è partito dalla grande esperienza delle primarie nelle comunali di Borgotaro e poi è sfociato nel sostenere, lo scorso anno, Matteo Renzi e nell’avventura di portare nel PD le forti istanze di rinnovamento.
Oggi è in pole position ma solo un anno fa oltre il 90 % della classe dirigente era contro di lui.
Sul tema del rinnovamento quest’anno si sono aggregati in molti, di tutte le aree presenti nel PD. La sberla dello scorso anno è stata troppo forte.
Per questo motivo molte persone, in modo trasversale, hanno visto in me la persona moderata ma riformatrice che potesse fare da collante delle varie anime rinnovatrici in un momento in cui c’è da ricostruire e rinnovare il partito.
Quanto pensi potrà incidere l’effetto-Renzi sulle dinamiche dei congressi provinciali, e a Parma in particolare?
Se per effetto Renzi intendi voglia di rinnovare, cambiare modo di vedere il partito cambiando necessariamente le persone e dicendo le cose come si pensano, credo tanto.
Ma questo, come ho già detto, è un concetto trasversale al partito, dagli amici di Civati a molti dell’area che Renzi (chiamamoli pure bersaniani) non hanno sostenuto lo scorso anno e che oggi sono con noi.
Sul fatto che sia candidato al nazionale non penso influenzi più di tanto il congresso provinciale. A livello locale si personalizza la candidatura, ed è anche corretto, anche se il messaggio che stiamo lanciando noi lo considero sicuramente il più innovativo
In poche righe, come sintetizzeresti il tuo programma elettorale?
Il tema fondamentale, ancor prima dei temi che riguardano città e provincia, è l’organizzazione del partito. Una segreteria di massimo 10 elementi scelti per competenze e aree geografiche, che siano riferimento di tutto il territorio e che nel territorio devono avere la giusta autonomia.
Nella segretaria che costruiremo, essendo io espressione del territorio, la presenza de i tre candidati alla segreteria cittadina che rappresentano insieme un bellissimo messaggio di rinnovamento della classe dirigente. Tre ragazzi giovani, complementari, che rappresentano il partito nella sua interezza.
Strumento delle primarie come momento centrale della vita del partito per scegliere la classe dirigente salvaguardando oggettivamente i casi di buona amministrazione a scapito della ambizioni personali di pochi. Se usate male posso fare dei danni irreparabili.
E tornare a parlare di temi che interessano le persone: lavoro, impresa, scuola, ricerca, servizi sociali, casa …. Il partito è uno strumento per organizzare la proposta politica e condividerla con i cittadini. Il nostro PD non sarà più un partito che parla solo a se stesso intorno ai caminetti. E’ un partito che parla a tutti perché quando si candida a governare lo deve fare con il sostengo di molti nell’interesse di tutti.
Sei l’unico dei tre candidati che ha presentato la sua candidatura con 200 firme di iscritti e non con le firme di una ventina di membri dell’Assemblea del Pd. Questa modalità ha anche un significato politico?
Non mi è mai balenato in testa il pensiero di andare a chiedere 21 firme ai membri dell’assemblea; sono convinto che la politica sia partecipazione, la più ampia possibile e allora mi sembra giusto e corretto verificare da subito la disponibilità della gente alla proposta che stiamo portando avanti.
Non è stato poi così complicato, ho visto da subito grande entusiasmo e nessuno mi ha posto alcuna condizione o scambio. Le case si costruiscono dalle fondamenta non dal tetto. Siamo un partito che continua a predicare di voler coinvolgere la gente, e allora perché non farlo da subito?
Cosa porterai della tua esperienza di amministratore locale nella segreteria provinciale del Pd?
Tantissimo, è una palestra di vita quotidiana. In questi anni ha fatto per tanti di noi le veci del partito, per troppi anni assente. Mi ha insegnato a stare con la gente, a riflettere sui problemi a 360 gradi e non come i portatori d’interesse che si fermano al proprio. Mi ha insegnato a lavorare insieme agli altri ma soprattutto che nessuno di noi ha la verità in tasca ma dobbiamo trovarla tutti insieme e da ultimo ma non da ultimo per importanza a decidere.
L’amministratore deve scegliere, deve assumersi delle responsabilità, a volte anche impopolari ma per il bene di tutti deve farlo. Vogliamo insieme costruire un PD che decida di decidere quali saranno le scelte giuste da fare per il nostro territorio e per i nostri cittadini.
Andrea Marsiletti