
25/11/2014
h.15.00
Falsificare sistematicamente la realtà e fare di questo un modus operandi non è cosa di poco conto, anche quando l’argomento del contendere sono beghe interne ad un movimento politico.
Agli inizi di settembre scoppiano vari casi legati ad indagini della Procura di Bologna. Clamoroso quello che decide il candidato PD alla presidenza della Regione: Bonaccini, pur indagato, tiene duro, mentre Richetti si tira subito indietro. Di fronte a ciò appare chiaro che il MoVimento 5 Stelle, paladino della legalità, non può che fare la cosa più ovvia e giusta: escludere dalle primarie Andrea Defranceschi, il consigliere 5 Stelle indagato per le interviste rilasciate a pagamento.
Il sindaco di Parma e i suoi fedelissimi, con un alcuni dissidenti incalliti sparsi tra la Regione e il Parlamento, insorgono contro la nuova regola del blog che proverebbe la terribile dittatura franchista del duo Grillo-Casaleggio. Era il 17 settembre. Dichiarano che per protesta non faranno alcuna campagna elettorale per le elezioni regionali, scelta che in un partito come la Lega gli sarebbe costata l’espulsione automatica da Statuto.
Il 10 Ottobre Defranceschi viene condannato dalla Corte dei Conti a restituire 7.656 euro per quella vicenda. I pizzarottiani scompaiono misteriosamente dai radar, senza ricordarsi che apparterrebbero ad un movimento la cui prima regola è “Fuori i condannati dalla politica”. Una lettera di scuse, un ripensamento sull’opportunità di fare campagna elettorale? Nulla: gli struzzi, seguendo la loro natura, mettono la testa sotto la sabbia, e la spingono ancora più in giù quando il 10 Novembre arriva la seconda tegola: l’avviso di fine indagine di nuovo contro Defranceschi per una nuova tranche di spese, questa volta dalla Procura di Bologna.
I pizzarottiani cominciano così a vivere nell’allettante attesa dei risultati delle regionali, tanto da essere i primissimi a commentare con fare sicuro. Il primo è proprio il sindaco di Parma, noto per soffrire di incontinenza mediatica nei momenti difficili, il quale annuncia che nella famosa riunione prevista per il 7 Dicembre saranno “analizzati i nostri problemi”.
La riunione del 7 è annunciata come la beatificazione del nuovo Statuto di Parma, caso raro dove le regole democratiche vengono modificate escludendo l’opposizione e lasciando per strada pezzi di maggioranza, nonché punto ultimo di quella giornata della democrazia del Settembre 2013, a cui partecipò lo 0.6% di coloro che votarono l’attuale amministrazione nel Maggio 2012. All’anima della partecipazione ed estensione del consenso! Chi parlerà di democrazia sarà lo stesso che ha sbattuto fuori in un nanosecondo il primo consigliere comunale che si è permesso di dissentire, ed ha riservato un trattamento molto simile ad attivisti che la vedevano in modo diverso? Sì, è lui, o meglio sì, sono loro.
Ma chi si supera è Marco Bosi, capogruppo pizzarottiano, subito pronto a scaricare su Grillo e Casaleggio le colpe della sconfitta: di fronte alle condanne, di fronte ad un principio fondante di un movimento politico – per far parte del quale insieme all’intera amministrazione di Parma ringraziava pubblicamente Grillo non più tardi di alcuni mesi fa. Se lo ricorda? – davanti alla sua astensione dalla campagna elettorale, argomenta che “noi potevamo spiegare la differenza tra quello che veniva contestato a lui e agli altri”, riferendosi appunto a Defranceschi. Omette che da tempo non era più contestazione, ma condanna al risarcimento. Non è chiaro come potrebbe “spiegare” la vicenda di interviste a pagamento spacciate per semplici interviste, e sorvola sul fatto che il candidato della Lega Fabbri ha portato a casa un 70% di consensi nel suo comune, Bondeno, mentre Pizzarotti per sua scelta ha dato buca e i risultati si sono visti.
In questa campagna elettorale i pizzarottiani sono l’emblema stesso della disaffezione dei cittadini alla politica. Vengono ritratti alla manifestazione “November pork” assieme al sindaco di Fidenza Massari ed altri sindaci PD, con cui hanno stretto un patto di governo della Nuova Provincia, un accordo preso su basi programmatiche oscure, e alla faccia della democrazia dalla parte dei cittadini! Loro stessi sono l’immagine delle beghe interne ai partiti e della strenua difesa di comportamenti discutibili della classe politica, cioè quegli elementi che ci hanno portato ad un’astensione da record.
Loro, che non hanno fatto campagna elettorale, riversano subito la responsabilità su altri. Catilina gridava al lupo denunciando le perversioni della democrazia di Roma, e mentre attribuiva colpe a destra e a manca era lui stesso che tramava coi suoi per sovvertire la repubblica e prendersi il potere.
L’impressione è che qui di Catilina non ve ne sia uno solo, ma siamo in presenza di uno compagnia di falsificatori seriali che pur di apparire e giustificarsi montano e smontano fatti a seconda delle circostanze, della convenienza, sicuri di esser tollerati grazie a quella visibilità mediatica che finora gli ha permesso di stare a galla. Disimpegno, scaricabarile, contraddizioni a gogò, freddi calcoli contro il proprio MoVimento politico: comportamenti preoccupanti per degli amministratori pubblici, e che continuano a reiterarsi da tempo.
Viene da chiedersi in nome di cosa possa essere giusto, o semplicemente accettabile, seguitare a sopportare tutto questo.
Dice Bosi:”Dire che siamo diversi non basta”. Appunto Bosi, bisogna esserlo.
Alessandro Guardamagna