
24/11/2012
h.12.10
In apparenza sembra una frase trabocchetto, recitata al contrario per far incespicare gli interlocutori.
Perché uno si aspetta che si faccia lega insieme a chi tiene dalla parte della salute, una alleanza che emargini chi non ha ancora capito (o fa ancora finta di non capire) che le industrie salubri, per definizione, fanno male.
Invece la frase è corretta.
Nessuna alleanza con chi non vuole gli inceneritori, firmato Pd. Una frase incredibile, ma purtroppo vera.
Ed è da Livorno che rimbalza la notizia, per bocca di Bersani, vincitore in pectore delle primarie del centrosinistra e aspirante primo ministro della terza repubblica.
Lo stesso Bersani che aveva intimato il silenzio ai medici, da ministro dello Sviluppo Economico, nel 2007, quando l’Ordine di categoria dell’Emilia Romagna chiese la moratoria sugli inceneritori.
E lui si ribellò: ingiustificati allarmisti. Medici. Cosa ne sanno loro di salute?
C’è un insano legame dentro il partito democratico con gli inceneritori, impianti che minacciano l’ambiente e la salute dei cittadini, eppure sempre sostenuti e portato sul palmo.
Un legame che ha radici profonde. Echi che arrivano addirittura dal 1997.
Siamo a Parona, Pavia, nel giorno della posa delle prima pietra dell’inceneritore, un progetto da 200 miliardi di lire, costruito da Lomellina Energia, società composta dal colosso americano Foster Wheeler e da Co.Gen.I., legata a doppio filo con la cooperativa rossa Ceap di Piacenza, base di partenza della carriera del segretario del Pd.
Quel giorno a posare la prima pietra è Roberto Formigoni, celeste governatore della regione, ma alle sue spalle c’è un sorridente ministro dell’industria del governo Prodi, Bersani appunto, che ammicca al gentile gesto, che pone le basi di un enorme inceneritore da 380 mila tonnellate di rifiuti.
Un territorio, quello di Arona, che subirà un pesante inquinamento da diossina e da polveri sottili, e dove nel 2010 saranno scoperte galline con tassi di diossina nel sangue tali da obbligare a gettare le uova nei cassonetti. Cibi avvelenati, da ributtare nel forno.
Era un progetto di business, anche contro la salute, quello dell’inceneritore di Arona.
Costruito da una piccola cooperativa con sede a Stradella, un dipendente, socia della multinazionale americana, il topolino e l’elefante.
Ma la Ceap, che controllava Cogeni, si aggiudicò per quella commessa 20 miliardi di lavori.
Come oggi una cooperativa rossa, la CCC di Bologna, si è aggiudicata lavori per oltre 40 milioni di euro per l’inceneritore di Parma, unica concorrente ad una gara europea proposta da Iren nella fase di avvio dell’appalto di Ugozzolo.
Un lungo e lontano filo rosso lega gli inceneritori al centrosinistra. Oggi non sembra cambiato nulla.
Nemmeno il fumo, quello nero dei camini dei forni, che regna indisturbato sulla politica.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma
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