L’attentato a Reagan

30/03/2015

ACCADDE OGGI: Il 30 marzo 1981 il presidente americano Ronald Reagan fu vittima di un attentato al di fuori del Washington Hilton Hotel ad opera di John Hinckley Jr.
Il presidente aveva appena terminato un incontro di lavoro e aveva lasciato l’hotel accompagnato dal suo entourage avviandosi verso la limousine presidenziale quando Hinckley, in piedi in mezzo a un gruppo di giornalisti, sparò sei colpi colpendo quattro persone, fra le quali Reagan. Il segretario dell’ufficio Stampa della Casa Bianca James Brady rimase gravemente ferito alla testa, l’agente dei servizi segreti Timothy McCarthy fu colpito al fianco mentre faceva da scuso a Reagan e l’agente di polizia Thomas Delahaney al collo.
Dopo aver esploso i colpi l’attentatore fu rapidamente immobilizzato mentre Reagan, apparentemente inconsapevole che un proiettile calibro 22 gli aveva perforato il polmone sinistro mancando di poco il cuore, fu spinto nella limousine che si precipitò in ospedale. Seppur con un polmone collassato, entrò con le proprie forze nel George Washington University Hospital, cosa impressionante per un uomo di 70 anni.
Mentre veniva preparato per l’intervento chirurgico era di buon umore e scherzò con la moglie Nancy ed il personale medico. “Vi prego, ditemi che siete repubblicani” disse ai chirurghi che di lì a poco lo avrebbero operato. L’intervento durò due ore e si concluse senza problemi.
L’11 Aprile Reagan fece ritorno alla Casa Bianca, alla fine del mese gli fu riservato un benvenuto da eroe dal Congresso che di lì a pochi mesi approvò il controverso programma economico reaganiano. Reagan affermò di essersi completamente ristabilito dall’attentato, ma in privato avrebbe continuato a risentire per anni degli effetti del colpo di pistola che gli era stato quasi fatale.
Tra le altre vittime, agente dei servizi segreti Timothy McCarthy e l’agente di polizia Delahaney si ristabilirono completamente, mentre l’addetto stampa James Brady, sopravvisse ma riportò danni permanenti al cervello. Morì nel 2014 per conseguenze legate alla ferita riportata 33 anni prima. John Hinckley, che aveva precedenti in Tennessee per possesso di arma da fuoco, fu accusato e processato per aver tentato di assassinare il presidente, ma nel giugno del 1982 fu dichiarato non colpevole per infermità mentale.
Gli avvocati della difesa sostennero che l’accusato era malato di un disturbo narcisistico della personalità e, citando prove mediche, dimostrarono che aveva una fissazione patologica per Taxi Driver, il film di Martin Scorsese del 1976, in cui il protagonista interpretato da Robert De Niro tenta di assassinare un senatore.
Gli avvocati di Hinckley sostennero che il loro assistito aveva visto il film più di una dozzina di volte rimanendo ossessionato dall’attrice protagonista, Jodie Foster, e dalla storia del film al punto tale da tentare di ricrearla nella sua vita. Così il film e non la volontà di Hinckley, venne argomentato al processo, era paradossalmente la reale forza pianificatrice dietro gli eventi che portarono al tentativo di omicidio di Reagan del Marzo dell’81.
Il verdetto di “non colpevole per infermità mentale” suscitò moltissime critiche e molti rimasero indignati dal fatto che Hinckley avesse evitato una pesante condanna. Tuttavia, a causa dell’evidente minaccia che costituiva per la società, fu consegnato all’istituto di cure mentali St. Elizabeth Hospital.
A partire dal mese di Agosto 1999 gli fu concesso il permesso di fare gite sotto sorveglianza al di fuori dell’istituto e successivamente di visitare i genitori senza sorveglianza una volta alla settimana. Il servizio segreto controlla volontariamente i suoi spostamenti e se la sue condizioni continuassero a migliorare un giorno potrebbe essere definitivamente rilasciato.

Alessandro Guardamagna

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