Quelli del Pd non leggono più niente

SMA MODENA

25/11/2014

In queste ore c’è un gran discutere sul crollo dell’affluenza al voto in Emilia Romagna.
Ma il bersaglio della polemica non sono la classe politica di centrosinistra che ha governato la Regione negli ultimi 40 anni, le dimissioni del presidente Errani condannato per falso ideologico che hanno portato alle elezioni anticipate, le “spese pazze” di tutti i Gruppi consiliari, il flop alle primarie di Bonaccini (- 85% di elettori rispetto a quelle di Renzi), il partito di Forza Italia che si è liquefatto, Sel che non esiste più, il M5S che ha epurato metà dei militanti e sta stufando tutti e non è preso sul serio da nessuno, una campagna elettorale soporifera e sconcertante per l’assenza di contenuti, la mancanza del traino dei media nazionali… no, la tesi che si vuole accreditare è che l’astensionismo è stata colpa di Renzi, che è lui il vero sconfitto di questa tornata.
Mah, il Premier di colpe ne ha già tante, secondo me non c’è bisogno di attribuirgliene altre.
Nelle prossime settimane vedremo se i “renziani della seconda o terza ora” daranno vita ad un’ulteriore testimonianza di trasformismo politico: dopo essere saliti in ritardo sul carro del vincitore, c’è da giurare che saranno i primi a scendere in anticipo riuscendo a sbagliare ancora i tempi.
Negli ultimi otto mesi in Italia ci sono state cinque elezioni regionali, Renzi le ha vinte tutte, strappando quattro regioni al centrodestra, oltre a stravincere le elezioni europee con il risultato record del 40,81%.
Ma dopo decenni e decenni di sconfitte, adesso a quelli del Pd vincere non basta più, neppure con percentuali elettorali da urlo come quella di domenica pari al 44,5%, superiore a quella mai raggiunta nel passato dal Pci, Pds, Ppi, Ds, Margherita, a quella delle politiche 2013 con Bersani (37% in Emilia Romagna) o delle regionali del 2010 con Errani (40,6%).
Non mi sembrava ci fossero sufficienza e snobbismo per le vittorie quando nel D’Alema si dimise da Presidente del Consiglio perchè nel 2000 perse le elezioni regionali non riuscendo a riconfermarsi in Liguria, Lazio, Abruzzo e Calabria, o quando Emilio Fede metteva le bandierine azzurre sulle Regioni conquistare da Berlusconi.
Secondo voi se Bersani avesse vinto le elezioni politiche nel 2013 con un’astensione dell’80% si sarebbe lamentato? Cuperlo e Fassina averebbero starnazzato oppure avrebbero brindato ai loro Ministeri anche se a votare ci fossero andati solo loro due?
Lo confesso: non sono un fanatico della partecipazione in sè, purchessia, inconsapevole. Se tanti elettori male informati, di bocca buona o allocchi non fossero andati a votare negli ultimi vent’anni, ci saremmo risparmiati i pessimi governi di centrodestra e di centrosinistra che hanno ridotto il Paese nelle condizioni in cui riversa oggi.
Neppure Lenin aveva l’ossessione delle partecipazione delle masse, anzi. Il rivoluzionario bolscevico riteneva che la maggioranza silenziosa non prenderà mai posizione attivamente, se non a giochi fatti, dal momento che persino nelle fasi di scontro decisivo sole le minoranze organizzate da un’avanguardia del Partito sono capaci di iniziativa politica autonoma ed incisiva. Nella storia troviamo esempi innumerevoli in cui le minoranze compatte epurate da frazionisti e da disfattisti demotivati, più coscienti, meglio armate, impongono la loro volontà alla maggioranza e vincono.
Ma ormai quelli del Pd non leggono più niente…

Andrea Marsiletti

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Speriamo di dimenticare presto queste insulse regionali

SMA MODENA

18/11/2014

Sarà difficile trovare un motivo per ricordare queste regionali, se non per essere state le elezioni più indifferenti, mediocri e insulse degli ultimi decenni.
Sarà perchè manca il traino dei media nazionali (vanno al voto anticipato solo le Regioni Emilia Romagna e Calabria), per lo sfregio all’Istituzione regionale inferto prima dalle dimissioni del Presidente Errani condannato per falso ideologico e poi dall’inchiesta sulle “spese pazze” di tutti i Gruppi consiliari, ma sta di fatto che questa tornata elettorale è meno sentita delle comunali di Zibello o di Compiano. E l’Ente Regione ha di gran lunga superato in dileggio le famigerate Province che, nonostante la propaganda abolizionista renziana e grillina, oggi non solo non appaiono più inutili ma viceversa indispensabili per arginare lo strapotere, l’arroganza, il verticismo e gli sprechi delle Regioni.
Così, nell’apatia e demotivazione generali, nell’assenza di programmi e di personaggi, tantissimi cittadini non sanno neppure che il 23 novembre si voterà per il rinnovo del Presidente e del Consiglio regionali. C’è quindi da metterci la mano sul fuoco che l’astensionismo sarà altissimo, si ipotizza financo del 50%. Un astensionismo rassegnato e imbelle che colpirà tutti, ma soprattuto il M5S, che proprio sull’onda della disaffezione e della ribellione era diventato il primo partito nazionale prima dell’avvento del renzismo. Questa diserzione delle urne finirà per avvantaggiare il Pd che, pur nella prevedibile diminuzione assoluta dei suoi consensi, potrebbe ottenere percentuali elettorali tanto clamorose quanto immeritate, perchè tanto più si abbassa l’affluenza tanto più a prevalere sono i partiti più strutturati ancora capaci di un minimo di mobilitazione. E che il Pd sia il partito più strutturato è indubbio, forse anche l’unico partito rimasto in campo.
Del resto le avvisaglie di un crollo della partecipazione c’erano già tutte da tempo, basti pensare che la candidata del M5S Giulia Gibertoni ha prevalso in votazioni online a cui hanno partecipato 226 persone, mentre Bonaccini del Pd l’ha spuntata in primarie che hanno visto una diminuzione della partecipazione dell’85% rispetto a quelle di Renzi.
A queste regionali non si andrà a votare per un programma (non c’è un solo elettore che sappia citare una proposta di qualsivoglia candidato Presidente o consigliere), per rabbia o spirito di rivalsa, tantomeno con convinzione e speranza di cambiare le cose, ma coloro che si recheranno ai seggi lo faranno per interesse, per fare primeggiare la propria cordata interna al partito, le amicizie personali, l’appartenenza geografica o, nei casi peggiori, per logiche clientelari.
I candidati in Consiglio regionale stanno facendo del loro meglio per accattivarsi qualche simpatia, organizzano incontri a raffica non saprei dire quanto partecipati e volantinaggi nei mercati, pubblicano slogan triti e ritriti sui santini, stringono mani a coloro che non gliele rifiutano, postando su Facebook i pensieri della sera e le loro foto sorridenti con intorno sempre le stesse persone, ma anche qui alla fine non passa nulla nell’elettorato perchè la banalità assopisce tutto.
Quindi gli elementi decisivi per l’elezione sono le telefonate agli amici e agli amici degli amici, i recall, le alleanze con le sezioni di partito sparse per la provincia (per chi le ha) e con gli amministratori, la promessa che “oggi mi dai una mano tu, domani mi saprò sdebitare” o l’incasso “io ti ho già votato alle provinciali, adesso tocca a te!”.
Mah, prima arriva il 23 novembre meglio è, per tutti.
Poi, per fortuna, ci penserà il tempo a farci scordare queste regionali.


Andrea Marsiletti 


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