
“Non siamo criminali, vogliamo rimanere in Italia legalmente”. È quanto dice il ventitreenne pakistano che, assieme a un gruppo di connazionali, da qualche giorno vive sul marciapiede della centralissima strada Cavestro, portando avanti una protesta silenziosa. La maggior parte di loro ha fra i 23 e i 25 anni e nel paese di origine erano studenti. Sono arrivati in Italia a piedi, attraverso la rotta balcanica, dove hanno subito spesso i modi poco gentili di alcuni poliziotti di frontiera.
Sono a Parma da sei mesi e fino ad ora, aiutati da un’estate calda hanno dormito nei parchi, adesso muniti di sacchi a pelo sono accampati in pieno centro storico, davanti alla sede di Ciac Onlus.
Proprio al Ciac hanno chiesto assistenza per la procedura di riconoscimento della protezione internazionale, ai sensi della convenzione di Ginevra.
“Siamo qui in strada perché non c’è casa e prima di Parma abbiamo chiesto aiuto in altre città. Ma senza una risposta della Prefettura non si può fare niente. Vogliamo solo iniziare una nuova vita legalmente” spiegano i ragazzi pakistani.
Dal Ciac confermano che i giovani pakistani hanno una storia migratoria molto lunga e alcuni di loro hanno impiegato anni per arrivare qui, subendo durante il viaggio torture e violenze. “Si aspettano da noi aggiornamenti sulla loro situazione: li abbiamo sostenuti nella presentazione della domanda di asilo, ma questo non è sufficiente per completare la procedura e fargli ottenere un permesso di soggiorno perché è richiesto un domicilio”.
Domicilio che dovrebbe fornire la Prefettura: “Non ci sono posti disponibili su tutto il territorio nazionale ci dicono – spiegano dal Ciac. E di fatto viene loro impedito l’accesso all’accoglienza istituzionale, anche se ne avrebbero diritto. Siamo comunque in contatto con il Comune di Parma che è a conoscenza della situazione, perché andando verso l’inverno non è più sostenibile vivere su un marciapiede. E non possono continuare a rimanere in questo limbo che non gli permette di avere alcun diritto”.
“Questi ragazzi hanno scelto di portare aventi una protesta pacifica proprio per far emergere il problema e per essere visibili – spiega il Ciac -. Vogliono trovare una soluzione che consenta loro di andare avanti nella legalità. Ma a Parma ci sono almeno una sessantina di persone nelle stesse condizioni dei giovani che oggi protestano. Sono perfettamente regolari sul territorio, ma non hanno alcun tipo di assistenza. Il problema è che queste persone sono prede perfette per le reti di sfruttamento perché non hanno alternative. “Quanto sta accadendo – concludono da Ciac – dimostra, ancora una volta, la completa insufficienza del sistema di accoglienza italiano, legato soltanto a risposte emergenziali e basato su centri di accoglienza straordinaria. Una condizione drammatica che denunciamo da anni”.
Parma, Emilia-Romagna, Italia.
Tatiana Cogo