Alimadhi: “Ecco le mie idee sulle infrastrutture a Parma”

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Sta entrando nel vivo l’amichevole confronto fra i candidati alla primarie del centrosinistra per la selezione del candidato sindaco per le prossime amministrative di primavera. Confronto aperto e democratico, finora senza paragoni, per ampiezza di coinvolgimento, con le altre forze politiche.

Si parte da comuni e condivisi valori, di conseguimento di livelli maggiori di qualità della vita nella nostra città attraverso la partecipazione e lo sviluppo della democrazia.

Nonostante ciò, le opinioni dei competitori non sono totalmente convergenti.

Oggi, avendo letto l’intervento di Dario Costi su Parmadaily.it (leggi: Dario Costi: “Portate i treni ad Alta Velocità a Parma è un obiettivo possibile… ma tutto tace”), tenterò di mettere a fuoco le mie idee sul TAV, allargando il ragionamento al tema infrastrutture e riservando i necessari approfondimenti in sede di redazione del mio programma amministrativo.

Costi auspica la fermata di due – tre treni a.v. a Parma. Altri hanno addirittura accarezzato l’idea di realizzare una nuova fermata TAV a Baganzola. Considero francamente stravagante quest’ultima proposta; quanto a fermare i due o tre treni, è a questo punto cosa di ben modesta rilevanza.  Si prenda umilmente atto che sulla stazione del TAV, è stata compiuta una scelta non reversibile.

Per collegare Parma all’Alta Velocità, non resta che migliorare la viabilità stradale tra Parma e Reggio per chi si reca a prendere il TAV in automobile, e puntare sui collegamenti ferroviari con Bologna, per chi vi si reca in treno: il punto più vicino e confortevole di accesso al TAV per Roma e il sud non è, per i parmensi, Reggio Emilia ma è Bologna, dove puoi scendere da un treno regionale o frecciabianca e salire sul TAV, senza transfer intermedi (c’è semmai un problema di tariffe, ma è un’altra storia).

Questa di Reggio fu un’improvvida scelta; non solo per Parma. Con la collocazione a Reggio, la stazione TAV non svolge quella funzione di raccolta da un più vasto bacino di traffico che avrebbe svolto a Parma (La Spezia, Piacenza, Cremona, Brescia). Inoltre, il mancato innesto nella rete ferroviaria ordinaria la rende una sorta di cattedrale (bellissima) nel deserto, avulsa dal sistema pulsante della circolazione ferroviaria.

Ma tant’è, a che serve piangere sul latte versato?

Facciamo piuttosto uno sforzo per ripensare, radicalmente, le scelte prioritarie per Parma in materia di infrastrutture e mobilità.

Il disegno infrastrutturale al quale ancora oggi i miei competitori pare si riferiscano fu elaborato dalle Istituzioni e dalle associazioni economiche intorno al 1970. Oltre 45 anni fa. Questo schema concepiva Parma come nodo di traffico di sistemi ferroviari e stradali, come congiunzione degli assi Ovest-Est (autostrada A1 e linea MI-BO) con l’asse nord-sud (Tirreno Brennero) più altre diramazioni verso la Lombardia e verso la bassa padana. La parola chiave era “interscambio” (cioè il passaggio di passeggeri e di merci da una modalità di trasporto ad un’altra); elementi costitutivi del nodo di traffico erano il CEPIM, il rafforzamento delle direttrici ferroviarie Nord Sud (Pontremolese, Parma-Brescia ecc.), l’aeroporto, il quartiere fieristico.

Dopo 45 anni questi schemi vanno rivisitati, alla luce delle cose fatte e di quelle non fatte, nonché dei cambiamenti profondi intervenuti nel più vasto sistema territoriale.

Qui sta il cuore della mia proposta, che non vuole essere una ricetta ma una indicazione di metodo per uscire dalla stanca ripetizione di proposte in buona parte non più attuali. La mia amministrazione, se ci sarà, metterà al tavolo le istituzioni (Regione, Comuni, Ministero e Ferrovie) assieme alle rappresentanze economiche e a qualificati studiosi per ripensare daccapo il ruolo di Parma nel contesto più vasto, da realizzare negli anni 20 del 2000.

Il collegamento fra la A15 e la A22 ( la cosiddetta TI-BRE) , essendo ormai una scelta acquisita da stato, regioni e investitori, va assolutamente portata a termine, nella sua interezza. Costituirà la logica e naturale ricucitura della componente autostradale del corridoio Tirreno – Brennero – Europa centro orientale.

Altre sono le cose da ripensare alla radice. Per esempio, va messa in discussione – come ha recentemente affermato il ministro Del Rio proprio qui, a Noceto – la necessità del raddoppio della Pontremolese, alla luce di tecnologie nuove che moltiplicano la sostenibilità di traffico della linea a binario unico. Già oggi la linea, così come è, è sottoutilizzata rispetto alla sua capacità. E’ a questo punto giusto prevedere ingentissimi investimenti per un raddoppio costosissimo quando lo stesso risultato può ottenersi con minore spesa e con minori disagi?

Sempre sulla Pontremolese, faccio fatica a capire le ragioni di un tracciato che da Fornovo punta su Parma con lo sventramento di un intero quadrante di città (con ciò che comporta come costi, la sola tratta Vicofertile Parma è stimata per 235 mil/€), quando logica vorrebbe che – data la vocazione prevalentemente merci di detta linea – puntasse sul CEPIM utilizzando il ramo ferroviario Fornovo – Fidenza.

Di qui la mia proposta di ripensare il quadro complessivo della programmazione infrastrutturale, abbandonando ipotesi costose e inutili, e correggendo quelli che mi paiono evidenti errori. Mi concentrerei, con gli investimenti, sul miglioramento dei percorsi radiali che escono da Parma, verso Collecchio, verso Traversetolo, verso Langhirano, verso S. Secondo e verso Colorno. Penserei ad una alternativa alla via Emilia Est almeno fino a S. Pancrazio, in vista del completamento della via Emilia Bis fino a Reggio.

Penserei anche, seriamente, ad una rivisitazione radicale del sistema di trasporto urbano e interurbano, reintroducendo, finalmente, una viabilità su rotaia nelle suddette direzioni. Ma anche questo è un altro discorso, che avremo modo di fare.

Gentian Alimadhi

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