Renzi & dintorni

SMA MODENA

21/06/2013

Mercoledì 26 giugno alla Corale Verdi in V.lo Asdende a Parma (ore 20.45) si terrà l’incontro pubblico “Renzi & Dintorni: il cambiamento dentro il Pd, fuori dal Pd (oltre il Pd?)” promosso dal Comitato Indipendenti x Renzi. I relatori saranno tutti dei 30-40enni: due renziani doc (Mara Morini dei Comitati Renzi e consigliere comunale di Tizzano, Filippo Fritelli neo sindaco di Salsomaggiore), due bersaniani (Lorenzo Lavagetto, segretario del circolo Pd Parma Centro, e il sindaco di Fontanellato Domenico Altieri), Marco Ferrari (imprenditore e collaboratore della prima Leopolda di Renzi), Giuseppe Scotti (Parma Unita) e Fabrizio Pezzuto (Comitato Famiglie Parma).
Modererà l’incontro il coordinatore degli Indipendenti x Renzi Parma, Andrea Bertora, che abbiamo intervistato.

Che incontro sarà quello di mercoledì 26 giugno alla Corale Verdi di Parma promosso dal Comitato Indipendenti x Renzi?
Mercoledì sera non ascolteremo uno o due interventi “lunghi” e continui, preparati in anticipo, tesi ad approfondire temi specifici o a relazionare su una visione politica; avremo, invece, sette “ospiti” trenta/quarantenni di varie collocazioni politiche che, in modo diverso, si interessano di politica e che, chi per un motivo, chi per l’altro, si sono confrontati con quel messaggio di cambiamento di cui Matteo Renzi si è fatto portatore nell’ultimo anno.
Il tema proposto, tra l’altro, appare particolarmente attuale visto che Renzi si sta interrogando sulla sua eventuale candidatura alla guida del Pd ma non c’è un obiettivo od una conclusione precostituita dell’incontro: credo, infatti, che pur sostenendo tutti la generica necessità di rinnovamento della politica e non solo, probabilmente proporranno percorsi e priorità differenti, diversi strumenti da utilizzare e “nemici da combattere”. Chissà che poi non emerga una sintesi almeno parziale tra alcune posizioni.

Perchè avete invitato quei relatori?
Intanto per … “affinità generazionale”. Riteniamo, tra l’altro, che la generazione dei trenta/quarantenni, non più definibile giovane, sia necessariamente centrale nel processo di rinnovamento di cui si parlava prima mentre spesso appare meno protagonista di quanto sarebbe necessario.
Poi perchè riteniamo, per quanto sia difficile da giudicare, di aver trovato un “mix” interessante tra le diverse esperienze e culture politiche che più ci interessa esplorare e che possono aspirare a contribuire alla “ricostruzione” civile, sociale, culturale e politica che abbiamo inevitabilmente di fronte. Infine, perchè, per quanto li conosciamo, sono persone brillanti, efficaci e culturalmente solide e, quindi, capaci di rendere un dibattito come il nostro ricco, interessante ed utile.
Ferrari è un renziano della primissima ora ed ha lavorato con Renzi e con i suoi più stretti collaboratori nella preparazione della “prima Leopolda”, occasione in cui è stato anche relatore sul tema della tecnologia digitale; Morini è la solitaria e imperturbabile sostenitrice delle idee renziane nella segreteria provinciale del Pd, nonchè candidata renziana alle parlamentarie, occasione nella quale ha riportato un ottimo e imprevedibile risultato; Fritelli è appena stato eletto sindaco di Salsomaggiore, il terzo comune della provincia, regalando al Pd il primo risultato provinciale significativo dopo anni di non-vittorie; Lavagetto ed Altieri sono, per la città e la provincia, apprezzatissimi e capaci rappresentanti dell’area Bersaniana, mentre Scotti e Pezzuto potranno fornire una lucida opinione sul cambiamento e sul fenomeno Renzi, dall’esterno e dall’alto delle loro ricche esperienze presenti e passate.

Perchè credi tanti fuori dal Pd apprezzino di Matteo Renzi?
Intanto Matteo, in mezzo a questa classe politica che ha deluso tutti, è visto come nuovo: credo proprio che il tema della rottamazione, su cui oggi insiste assai meno per l’evoluzione del suo ragionamento politico, gli abbia giovato parecchio attribuendogli, a ragione, il marchio dell’innovatore coraggioso che non ha paura di sfidare gli apparati e lo status quo.
Poi credo che sia decisivo l’approccio pratico con cui affronta i problemi, libero da quei preconcetti ideologici che anche oggi frena ogni tentativo della sinistra di rinnovarsi: infatti, se serve per contribuire alla crescita della comunità, non ha paura di prendere in considerazione anche i tabù considerati, dai suoi colleghi come i più abietti, si chiamino questi presidenzialismo o superamento dall’art.18, posizionamento non necessariamente filopalestinese nella questione mediorientale o alleggerimento della forma-partito, temi che per la sinistra sono sempre stati considerati indegni di ogni discussione.
Infine, credo emerga fortemente la metodologia comunicativa di Renzi, innovativa per la sinistra italiana, ma non per quella occidentale che, con linguaggio diretto e comprensibile, sa rivolgersi direttamente alle persone ed ai loro bisogni quotidiani veicolando preferibilmente messaggi positivi, senza l’assurda fobia di passare per populista o demagogica ed, ancor più, di assomigliare a Berlusconi…
Per questi motivi Renzi è l’unico leader del centrosinistra che può catalizzare le simpatie degli elettori esterni al perimetro tradizionale della sinistra – come noi, del resto – perimetro che, a quanto pare, si restringe sempre di più. Ed è per questi motivi che, quindi, anche grazie all’appoggio dell’elettorato indipendente o guadagnato al centrodestra, Renzi è l’unico che può portare il centrosinistra a guidare, in modo autosufficiente, il Paese.

Come vedi il Pd di Parma? Cosa speri potrà succedere nel prossimo congresso provinciale in autunno?
Noi non facciamo parte del PD e non ci sentiamo direttamente coinvolti da tale processo. In questo momento abbiamo altre priorità. Tuttavia non possiamo disinteressarci di un evento politico così rilevante che esprimerà, non solo a livello provinciale, la guida e la linea del principale partito progressista italiano e, guarda caso, del partito di cui Matteo Renzi oggi fa parte. Peraltro un Pd veramente rinnovato potrebbe essere uno strumento importantissimo per cambiare il Paese e condurlo fuori dalla crisi in cui da troppo tempo è affondato.
Al momento credo che l’attenzione sia puntata sulle regole congressuali, perchè le primarie per la premiership dimostrano come il regolamento possa essere utilizzato dall’apparato di partito per respingere il cambiamento. Peraltro non sono convinto che in un partito complesso come il Pd sia sufficiente un segretario innovatore per “cambiare marcia”; credo, infatti, che questi dovrebbe avere la possibilità di intervenire sulla “macchina”, sia a livello centrale che a livello locale, per non diventarne succube.
A livello provinciale, comunque, non sono sicuro che, tra gli iscritti, si riesca a raggiungere una maggioranza di sponda renziana. Spero, comunque, che prevalga la linea del cambiamento, dell’apertura alla società civile, della sburocratizzazione ed alleggerimento delle liturgie e dell’apparato, del disincentivo al carrierismo politico. Ma anche l’attenzione, più che a coalizioni locali solo politiche, anche a quelle aggregazioni spontanee della società civile che si occupano degli interessi e dei bisogni degli specifici Comuni e delle città. Credo che ci siano diversi soggetti non “di lungo corso”, ma sufficientemente esperti e motivati, per poter perseguire tali obiettivi e, con essi, riportare un centrosinistra migliore e rinnovato ad amministrare la città ed i tanti comuni che negli ultimi anni ha perduti. Alcuni di questi saranno con noi mercoledì prossimo.
In ogni caso, se ciò non avverrà, noi continueremo a perseguire il cambiamento tramite diversi strumenti.

Qual è il rapporto degli Indipendenti x Renzi con i Comitati Renzi di Parma e il think tank “Domani Adesso”?
Il nostro gruppo ha sempre partecipato attivamente alle riunioni convocate dal Coordinamento dei comitati, guidato da Marco Franceschini ed ispirato dal consigliere regionale Gabriele Ferrari. Da tale coordinamento ci sentiamo rappresentati nella logica, fin dall’inizio rappresentata da Renzi, del “doppio binario” (ossia raccolta ed organizzazione del consenso ed azione politica dentro e fuori dal PD). Infatti, riteniamo che l’unità di azione tra i Renziani sia imprescindibile per avere la forza di continuare la non certo agevole battaglia per il cambiamento. E così i vari comitati, con l’aiuto di un Coordinamento stabile, devono sostenersi nelle rispettive iniziative, affinchè queste siano importanti, efficaci ed incisive.
E’ ovvio, poi, che chi, come noi, non è iscritto al Pd si appassioni in minor misura alla dialettica interna al partito, così come alla dinamica congressuale di cui si parlava prima, mentre per i membri del partito, che per gran parte costituiscono gli altri comitati, è una comprensibile priorità. Tuttavia, come diceva Renzi, e Tony Blair prima di lui, il fine ultimo non è cambiare il partito, ma cambiare il Paese, ed a tal fine esiste un programma – quello delle primarie – che rappresenta il minimo comun denominatore dei simpatizzanti di Renzi.
E proprio per approfondire, aggiornare, ampliare e discutere tale programma, i Comitati hanno dato vita ad un think thank, chiamato DomaniAdesso!, presieduto dal prof. Antonio Rizzi, cui hanno delegato la funzione di elaborare, tramite gruppi di lavoro, documenti programmatici, anche su base scientifica, da fornire alla politica per la realizzazione del cambiamento, come quello relativo all’università su cui ha recentemente relazionato su invito dell’associazione il prof. Andrea Ichino. A tale iniziativa gli Indipendenti hanno aderito con entusiasmo dal momento che è proprio dalle proposte sui temi specifici ed operativi che può prendere forma concreta il cambiamento.
DomaniAdesso! e altri analoghi think tank nati in tutta Italia debbono rappresentare il patrimonio più prezioso e più originale dell’esperienza renziana.

Andrea Marsiletti

Consenso, Epifani non è la migliore soluzione per il PD

SMA MODENA

15/05/2013

Il Partito Democratico ha scelto Guglielmo Epifani come segretario traghettatore verso il congresso d’autunno. Persona degnissima ed inappuntabile. Le ragioni dietro la scelta presumiamo essere il “bilanciamento” della linea politica del partito dopo la formazione del governo con il PDL, “placando” così le ire dell’elettorato democratico più tradizionale ed intransigente. Ed anche il desiderio delle varie anime del partito che intendevano evitare leader troppo autonomi e carismatici per mantener aperti i giochi del congresso che verrà.
Tutto legittimo.
Tuttavia, ancora una volta, il PD ha ignorato un particolare che in politica ha sempre il suo rilievo: l’appeal del partito sull’opinione pubblica, sulla vasta platea degli elettori non addetti ai lavori che giustamente determina l’esito delle competizioni elettorali. Ogni scelta, infatti, oggi contiene un messaggio, un elemento comunicativo che con i nuovi mezzi e, soprattutto con la nuova diffusa sensibilità dell’opinione pubblica verso una classe dirigente che, in generale, non stima, viene subito raccolto, non solo dai dirigenti e dagli iscritti al partito, ma dagli elettori, sia quelli che da mantenere che quelli che da conquistare.
La scelta di Epifani avviene nel contesto di un trend dei consensi del partito che appare piuttosto declinante : nel 2008 otteneva quasi il 34%, prima delle scorse elezioni era quotato al 28% per poi però assestarsi al 25. Ultimamente è dato intorno al 20%. E, ciò che più importa, non riesce a vincere le elezioni anche quando l’avversario e’ in grande difficoltà. Non riesce a vincere mai. Evidentemente c’è qualcosa da rivedere.
Probabilmente il problema affonda le sue radici nel glorioso passato della sinistra italiana. In una società divisa in blocchi sociali ed ideologici, la quotidiana ricerca del consenso non era il problema principale: una quota della società si riconosceva comunque è pregiudizialmente in certe opzioni politiche ed il problema era semmai quello di gestire tale consenso tramite propagini dell’apparato di partito. Peraltro, per una parte dell’elite della sinistra tradizionale, fare opposizione costituiva una posizione previlegiata, quasi un vezzo, rappresentando la possibilità di criticare, anche in modo dotto ed articolato, teoricamente elaborato e quasi compiaciuto, un sistema sociale effettivamente affetto da diverse patologie, senza trovarsi a gestire il paludoso quotidiano ed a dover realizzare l’impossibile impresa di attuare nella realtà in concreto le ideologie professate. Senza “sporcarsi le mani”.
Oggi, tuttavia, il contesto generale è cambiato. Tutti lo sanno, ma non tutti hanno adeguato i comportamenti a tale cambiamento.
Con la fine delle ideologie, il consenso è più polverizzato, più liquido, meno scontato e più sensibile ad ogni sollecitazione da parte dei partiti. Ed, ancor di più con la crisi, le “offerte politiche” vengono misurate, dagli elettori con il proprio quotidiano: i bisogni, le aspirazioni, le necessità ed i problemi che, ogni giorno si trovano ad affrontare, più che con una visione teorica, magari alta e di lungo periodo, ma che sentono lontana ed, in definiva, inconcludente.
Oggi, pertanto, si pone, per i partiti, il problema della conquista quotidiana del consenso, così come le aziende devono affrontare, ogni giorno di più, per sopravvivere, il problema della conquista di nuovi mercati; se non si fornisce costantemente un motivo di affezione, condivisione, soddisfazione, speranza, l’elettore, parimenti al cliente, si perde irrimediabilmente. Basta un messaggio sbagliato che l’istogramma si abbassa di un paio di punti.
Pertanto, l’appeal di una proposta politica, non può venire, oggi più di ieri, trascurato. Silvio Berlusconi, criticabile sotto innumerevoli profili, ha compreso prima di altri tale concetto e ne resta il principale maestro ed interprete. E sarebbe infantile ed autolesionista, per il centrosinistra, non riconoscere, per l’odio pregiudiziale che la figura ispira in tale settore, tale verità e non imparare qualcosa dalle troppe sconfitte che, in tal modo, gli ha inflitto.
Ed attenzione: l’errore principale da evitare è quello di derubricare la corrispondenza con il sentire quotidiano della gente a deprecabile populismo o a nefasta demagogia.
Infatti, un approccio supponente che sacrifica, sempre e per principio, l’istanza quotidiana ad un presunto obiettivo “più alto” rischia di sacrificare, invece, ad una qualche ideologia quello che è, in definitiva, il ruolo della politica: occuparsi dei problemi degli elettori; e quello dei partiti: intermediare le istanze di questi ultimi.
L’IMU sulla prima casa, ad esempio, in un Paese in cui l’abitazione di proprietà rappresenta l’unica ricchezza delle famiglie, anche più modeste, è effettivamente insopportabile, così come numerose altre tasse a balzelli nel contesto del regime fiscale oggettivamente più oppressivo nel contesto del blocco occidentale – lo dicono gli esperti -. Ascoltare le accorate proteste che sorgono dall’opinione pubblica a tale proposito non è populismo, perchè tali voci hanno ragione.
Peraltro, l’appeal di una offerta politica è costituita, oltre che dal merito delle proposte, dallo stile, dal linguaggio e dal profilo delle persone che la interpretano. Giovani e donne, certo. Ma, soprattutto, persone che rappresentano una novità, che provengono dalla società civile, magari inesperte dei meccanismi del palazzo – invisi ai più -, ma che possano portare alla causa comune competenze ed esperienze maturate nelle rispettive occupazioni e professioni nelle quali, magari, si sono distinti. Mestieri ai quali torneranno, perchè l’esperienza politica non deve diventare una carriera, pena la perdita della freschezza necessaria. I partiti devono quindi smettere di reclutare i propri rappresentanti nelle “viscere” dei loro apparati secondo i rapporti di forza interni esistenti, ma devono aprirsi e cercare soggetti che possano portare un proprio autonomo contributo di autorevolezza, empatia ed attrattività.
Ma, soprattutto, appare indispensabile che i messaggi che provengono da un partito, soprattutto da un grande partito progressista, abbiano quella capacità di coinvolgimento emotivo che proviene dalla possibilità di immedesimazione nel “racconto” e dalla identificazione di una possibilità di “lieto fine”: la politica smetta di parlare di se stessa ed indichi agli elettori, anche attraverso un percorso duro ed accidentato, un luce alla fine del tunnel, un motivo per stringere i denti ancora perchè questa volta le attese non saranno tradite. Perchè, ad esempio, nascondere la crisi è un delitto, ma limitarsi a descriverla, magari in modo inappuntabile, appare un esercizio totalmente privo d’interesse.
E’ per questo che Guglielmo Epifani, indiscusso dirigente sindacale di primo piano, ma figlio di una diversa stagione politica e sociale, non appare la soluzione migliore per “curare” la crisi di consenso del PD: potrà al limite recuperare qualche elettore tradizionale deluso ma non condurre il partito alla vittoria elettorale.
Ed, invece, Matteo Renzi, che mostra di aver capito più di altri la necessità e “le corde” della conquista del consenso, sì.

Andrea Bertora
IndipendentixRenzi Parma

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“Liberiamoci dai tabù ideologici o dagli apparati da sfamare”

SMA MODENA

30/11/2012

Intervista ad Andrea Bertora del Comitato Indipendenti x Renzi Parma.

Perché hai scelto di appoggiare Matteo Renzi?
Perchè la sua candidatura alla presidenza del consiglio innescherebbe inevitabilmente un processo di rinnovamento “a catena” nel sistema politico italiano avvicinandolo finalmente alle grandi democrazie occidentali.
Il concetto è quello che le novità debbono essere veicolate da persone nuove, che a loro volta, dopo aver vissuto intensamente il loro ciclo, lasciano il posto, senza traumi, alla generazione politica successiva, come hanno fatto, ad esempio,Tony Blair, Clinton, Shroeder e Zapatero (tutti leader che, peraltro, hanno assunto responsabilità di governo molto giovani ed oggi, sessantenni, fanno conferenze e scrivono libri di memorie).
E ciò non per un semplice moto di protesta o risentimento verso lo status quo, ma per i concreti effetti negativi e recessivi che provoca l’incrostazione di una classe dirigente sempreterna ed inamovibile che sopravvive al suo tempo “cambiandosi d’abito” e che, tra l’altro, vista la vigente legge elettorale, non è nemmeno legittimata dal consenso popolare. e da un lato, ad esempio, è ingiustificabile bloccare per mesi in Parlamento una legge anticorruzione perché il centrodestra deve difendere gli interessi “del capo”, e’ altrettanto riprovevole depontenziare provvedimenti come l’abolizione dei nefasti vitalizi dei politici o delle provincie al solo fine di non smantellare le “impalcature” di un apparato di partito che deve resistere a tutti i costi.

Chi sono gli “Indipendenti per Renzi di Parma”?
Matteo Renzi, per il coraggio, la “freschezza” e l’empatia con la sensibilità comune del suo messaggio ha suscitato le simpatie di persone che non erano coinvolte in politica o comunque non si riconoscevano nel centrosinistra nella versione esistente. Ciò rappresenta un inestimabile valore dell’opzione Renzi, soprattutto in tempi di rapporti ostili tra politica e società perché riconduce pulsioni di protesta che confluirebbero inevitabilmente nel populismo e nell’antipolitica in un ambito comunque costruttivo e maturo da punto di vista civile e democratico.
Ma tale “patrimonio” non va disperso. È per questo che abbiamo pensato che accanto ad un impegno più omogeneo al partito democratico andasse “coltivata” anche l’altra “gamba” del consenso renziano, per sensibilizzare e raccogliere ambienti anche esterni ed indipendenti intorno alla validità dello specifico progetto, e portarli a votare ed a sottoscrivere il manifesto della coalizione di centrosinistra in nome di un cambiamento credibile.

Perché l’elettorato “indipendente” preferisce Renzi a Bersani?
Perché Matteo parla chiaro, affronta i problemi in modo diretto, senza il peso di tabù ideologici o di apparati da sfamare. È’ strano che il mondo bersaniano attacchi Renzi su un’asserita inconsistenza del programma, quando è evidente che Bersani, se dovesse essere il candidato premier, dovrebbe, ad esempio, mercanteggiare i programmi economici con Vendola e quelli sui diritti civili con Casini annacquando ogni opzione veramente innovatrice.
Ma soprattutto perché gli indipendenti non credono più a chi racconta il cambiamento da venti o trent’anni ed alle successive, inevitabili, continue, estenuanti, improbabili giustificazioni dei fallimenti ottenuti, sempre colme di responsabilità altrui e prive di autocritica.

Pensi ci sia da rottamare anche a Parma?
Parma, con le ultime elezioni comunali, ha già rottamato la classe politica, sia quella di centrodestra che quella di centrosinistra.
La domanda e’ come reagire. In primo luogo, occorre partire da una seria autocritica sugli errori compiuti. Perché non serve curare una polmonite con un’aspirina. La discesa in campo di Renzi ha provocato la mobilitazione spontanea di una parte importante della società civile, persone che, da fuori dalla politica, hanno profuso il loro impegno con successo in vari ambiti della società medesima ed, in questo momento, la percipiscono e la rappresentano meglio dei politici di professione.
Queste, a mio parere, rappresentano la base da cui ripartire ma attraverso un coinvolgimento che diventi una regola, non un’eccezione. Ma non credo che Bersani, garante dell’apparato, possa seguire tale suggerimento.

Come può Renzi riuscire a fare il miracolo al ballottaggio? Vendola voterà per Bersani…
Renzi ha già fatto il miracolo, perché tutti dovranno tener conto che una gran parte degli elettori delle primarie – ovvero la base piu ” osservante” del centrosinistra – ha votato, non per una tradizionale opzione alternativa a quella del segretario del maggior partito, ma per una proposta “rivoluzionaria” che punta a smantellare l’ancien regime. D’Alema e compagnia non si ricandideranno e la strada del rinnovamento appare ormai inarrestabile.
In ogni caso, Renzi può, a mio parere, vincere il ballottaggio ed accelerare il processo. Può vincere perché nel confronto “uno contro uno” gli elettori potranno facilmente identificare chi rappresenta il cambiamento e chi garantisce il passato, ma anche chi può far vincere il centrosinistra nelle elezioni politiche con voti veri, senza espedienti elettorali (leggi premi di maggioranza che stravolgono il pronunciamento degli elettori).
Quindi mi appello a tutti gli scontenti ed i delusi perché cambiare si può e domenica e’ il vostro giorno. Le regole bizantine dell’apparato non potranno frenare la partecipazione, nemmeno quella nuova, perché sarebbe un suicidio politico. Quindi registratevi ed andate a votare per Matteo Renzi.

Andrea Marsiletti