
22/09/2011
Mai come oggi si assiste a una deriva dell’arte contemporanea senza precedenti nella storia in cui assurge a mera forma esibizionistica d’intrattenimento, dominata dal denaro e da campagne di marketing che le attribuiscono un valore speculativo e ne elogiano l’estetica del kitch.
A tal proposito un monito a quella che viene definita “l’impostura dell’arte contemporanea”viene lanciata dall’esimio professore del Collége de France, Marc Fumaroli, nel volume intitolato “Parigi – New York e ritorno” edito da Adelphi. E’ una sorta di viaggio nelle arti e nelle immagini; il noto docente francese inoltre pone l’indice accusatorio su una forma d’arte che sfrutta il richiamo alla contemporaneità come unica qualità. Ne sono esempi del tutto negativi le opere di artisti tra i più quotati del momento a livello mondiale come Damien Hirst, e Jeff Koons. Sembra che il mercato si regga sul cinismo e sulla speculazione di collezionisti miliardari che riconoscono come opere d’arte un certo numero di oggetti anzi di non – oggetti che nulla possiedono della concezione di arte che l’umanità si è data fin dalla notte dei tempi. Le opere contemporanee stravolgono i concetti e le definizioni stesse di arte: meno senso e possibilità di durare nel tempo esse abbiano, più le loro quotazioni lievitano artificialmente. I collezionisti, speculatori a tutti gli effetti, al pari di quelli finanziari responsabili delle crisi economiche scaturite da settembre 2008, puntano tutto sullo shock provocato da opere che attirano l’attenzione dei media.
Oggi giorno, la provocazione tipica dell’arte moderna, lascia il posto alla semplice esibizione dei luoghi comuni che contraddistingue l’arte contemporanea. Spesso i gesti di artisti come Andres Serrano scandalizzano l’opinione pubblica e per questo richiamano l’attenzione non per il valore artistico di ciò che producono ma per la polemica che suscitano; questo è il caso dell’immersione di un crocefisso nell’urina. Che non può e non deve essere considerata opera d’arte. Ma semplice effetto scenico tale da generare sbigottimento e stupore in chi la contempla.
Sempre meno sovente assistiamo, secondo Fumaroli, ad una forma di arte che è industrializzata e non più manuale. Il pittore espressione vivente della creazione dell’arte figurativa non è tale senza l’uso intelligente che fa della propria mano.
Il pubblico mondiale è sempre meno preparato a comprendere l’arte, prigioniero come è di una realtà satura di immagini a buon mercato; la fruizione diviene estremamente semplificata e il giudizio estetico si riduce a una logica binaria semplicistica del tipo: mi piace – non mi piace; mi interessa – non mi interessa. Si tratta di categorie estetiche molto demagogiche che trasmettono al pubblico “della domenica”l’illusione della democratizzazione dell’arte. Fumaroli, quindi indica come invertire la rotta intrapresa, tornando nei musei a contemplare in silenzio le opere di valore, i cosiddetti classici. È in questi luoghi che s’impara a guardare veramente un’opera d’arte. E’ in questi luoghi che è possibile ritrovare un legame con il nostro passato artistico che può aiutarci a superare gli effetti perversi della modernità tecnologica in cui viviamo. È il lavoro della mano che crea l’arte e consente al pittore di avere un rapporto diretto con la tela. Senza questo tipo di lavoro non si crea veramente arte. In tal senso Fumaroli indica il video e la fotografia come non vere opere artistiche poiché lasciano poco campo d’azione a chi le realizza e comunque sono quasi interamente frutto della tecnica.
Tommaso Villani
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