“Bisogna sognare ma non vivere nei sogni”

SMA MODENA
lombatti_mar24

04/10/2012

Parmadaily intervista Alessandro “Phonz” Fontanesi, parmigiano di 28 anni, creativo che riesce a mettere nero su bianco, a concretizzare le proprie idee nella vita: tra musica, moto rombanti ed un marchio d’abbigliamento. 

Parlaci della tua genesi come designer e come co-fondatore del marchio “Phonz says black”. 
Dopo aver concluso l’Istituto d’Arte Paolo Toschi ho studiato presso una scuola di moda a Milano per imparare a fare il fashion stylist. Finiti i tre anni mi sono accorto che era un lavoro che non mi si addiceva, non mi piaceva, e quindi ho cercato lavoro come grafico/designer. Fortunatamente sono stato preso dalla Pharmacy, un famoso marchio di streetwear. Qui ho fatto uno stage alla fine del quale sono diventato junior designer.
Dopo quattro anni che lavoravo per loro però mi sono accorto che lo stile di questo marchio era molto differente rispetto a quello che mi piaceva veramente, rispetto alle mie passioni: stavo quindi pensando di mollare il lavoro per mettere su un qualcosa di mio. In quel periodo ho conosciuto Daniele Bianucci e chiacchierando abbiamo capito di aver interessi comuni. Scoperto che anche lui lavorava per un marchio che non lo soddisfaceva appieno abbiamo mollato i nostri rispettivi lavori ed a gennaio 2010 abbiamo creato insieme il nostro brand “Phonz says black”.

Cosa c’è dietro al marchio?
Per creare il machio “Phonz says black” abbiamo unito due passioni: Daniele ha apportato la passione per la musica rock’n’roll ed io quella per le moto. L’unione di queste due realtà ci ha portato a legare il blazer, tipico del rock’n’roll (portato tra i tanti da Elvis, Jerry Lee Lewis, ecc…), con all’interno il foulard utilizzato dai motociclisti che lo utilizzano per coprire bocca e collo.

“Phonz says black”: nero come stile di vita?
Nero come stile di vita, ma non un nero legato alla “cattiveria” o a pratiche dalle connotazioni forti. Semplicemente il mondo delle moto e del rock’n’roll sono neri.

Quest’anno avete fatto la vostra prima sfilata al Pitti Uomo di Firenze…
Dopo diverso tempo passato a fare un monoprodotto abbiamo iniziato ad aprire l’armadio di Phonz says black e ad aggiungere altri articoli. Inizialmente abbiamo fatto le giacche da donna, poi anche i cappotti da uomo, ecc… Abbiamo insomma deciso di fare qualcosa di diverso da molti marchi simili ai nostri e da quello che stavamo facendo da tre stagioni.
Quest’anno abbiamo organizzato questa sfilata nella sezione giovani stilisti emergenti in quanto il Pitti ci ha reso disponibile una parte dei suoi spazi per allestire il nostro evento. E’ stata una grande soddisfazione. 

E com’è andata?
Malissimo.

C’è stato il lancio di pomodori e ortaggi?
Ah ah ah, fortunatamente no, stavo scherzando. E’ andata molto bene in verità in quanto la gente aveva delle aspettative che crediamo di essere riusciti a colmare.
 
Se una persona volesse acquistare o anche solo toccare con mano un  vostro capo qua in zona dove dovrebbe andare?
A Parma non resta che andare da Jules in Piazzale Cervi 7 o alla Factory in via Pasubio.

So che fai anche il dj…
Sì, con Daniele ci siamo inventati questo “Phon says black dj set” quando abbiamo lanciato la prima collezione. In pratica, quando siamo andati a consegnare i primi blazer ai negozi, abbiamo fatto una selezione di dieci punti vendita in Italia. In questi, cioè in quelli che ritenevamo più “fighi”, siamo andati a fare un aperitivo in negozio con dj set, oppure addirittura alcuni titolari ci hanno organizzato un party dove suonare. E le cose sono andate bene. 

Poi questa cosa come si è sviluppata?
Abbiamo cominciato a fare serate nel Nord-Italia e ci siamo tolti qualche soddisfazione: abbiamo suonato con Bob Rifo, i 2manydjs, gli Is Tropical, solo per citarne alcuni… 
Ogni tanto facciamo anche dj set ognuno per i cavoli propri visto che non siamo sempre insieme ed io sono di Parma mentre Daniele è di Viareggio.

Parlaci del rapporto con la tua città natale.
Intanto io lavoro e vivo tutta la settimana a Milano o sono a zonzo dai vari fornitori o mi reco a visionare le produzioni. Tutti i fine settimana però torno a Parma perchè mi manca da morire. Milano mi sta veramente stretta e larga, non mi va bene. Troppo casino. Non so come faccia la gente a viverci. Se rimango il week-end a Milano mi sembra di aver lavorato ininterrottamente due settimane di fila. Io sono cresciuto nella periferia di Parma e mi manca il verde. Quando esco dall’autostrada mi si apre il cuore: è come levarsi le scarpe quando entri in casa.

Come accennato in precedenza tra le tue passioni ci sono anche le moto, soprattutto quelle d’epoca. Parlacene un po’.
Mio padre correva in moto negli anni ’60 e ’70 e mi ha trasmesso questa passione fin da piccolo anche se è stato un’amore che ho abbandonato a 13 anni per poi riprendere verso i 19 anni d’età.
Un anno fa, assieme al mio carissimo amico Marco Filios di Castel San Giovanni, abbiamo cominciato a prendere delle moto e a modificarle: dai serbatoi, ai telai, abbiamo iniziato a stravolgere completamente l’aspetto delle moto che avevamo sottomano. Abbiamo cominciato per gioco poi a pubblicare alcune foto dei nostri lavori su Facebbok ed abbiamo avuto tantissimi riscontri positivi da amici e conoscenti. Incitati da questo entusiasmo io e Marco abbiamo creato il marchio Anvil Motociclette.

Da cosa il nome?
Semplicemente qualche anno fa io e Marco ci siamo tatuati un incudine (anvil in inglese), simbolo di potenza e solidità. Poi, circa un anno fa, quando abbiamo dovuto decidere un nome da dare alle nostre moto ci siamo detti: “Perchè non le chiamiamo Anvil?”. Da lì, cioè da una passione comune chè è sfociata in un progetto solido e concreto, il passo è stato breve e siamo arrivati praticamente alla vigilia della presentazione ufficiale di quello che è ora il marchio Anvil Motociclette.
Sabato 6 ottobre, infatti, nello Spazio Factory di via Pasubio 3/b a Parma, dalle ore 12 alle 24, presenteremo le prime quattro moto completamente finite ed un work in progress, tutto contornato da musica live, dj set, grigliate di carne e bevande varie. 

Com’è  il tuo rapporto con i tatuaggi?
I tatuaggi raccontano la mia vita: ogni tatuaggio l’ho fatto in occasioni particolari, belle o brutte che siano.
Per segnare una perdita o per segnare un legame, si possono leggere sulla mia pelle i fatti che hanno segnato il mio cammino in questa vita. 

Ci sono persone che vorresti ringraziare, che ti hanno aiutato, incoraggiato? 
Certamente i miei genitori ed Armela, la mia ragazza, soprattutto ora che viviamo insieme visto che mi sopporta ogni giorno.

Consigli che daresti a chi vuole concretizzare i propri sogni.
Per la moda in generale questo è un periodo difficile, a maggior ragione per i marchi emergenti. Per cercare di farsi strada bisogna avere le idee molto chiare e riuscire a sviluppare un progetto ben organizzato, altrimenti è meglio lasciar perdere perchè si rischia di buttar via tempo e denaro. Poi, in generale, se uno non ha le idee chiare su quello che vuole fare è meglio che faccia dell’altro. Bisogna essere determinati e concreti, bisogna sognare ma non vivere nei sogni.

Sogno nel cassetto?
Aprire un bed and breakfast ed avere una famiglia.

Quanti figli?
Almeno 5.

Nicola Villani