30/05/2012
Scoperta per caso nel 1994 dallo speleologo Jean-Marie Chauvet, la grotta Chauvet, situata in Francia, lungo il fiume Ardèche, contiene quasi 500 pitture rupestri risalenti a 32000 anni fa. Stando alle conoscenze attuali, le più antiche mai ritrovate. Werner Herzog, incuriosito da un articolo del New Yorker, ottiene dal Ministero francese della Cultura il permesso di filmare per alcune ore al giorno, pochi giorni in tutto, all’interno della grotta, normalmente chiusa ai visitatori per proteggerne il clima eccezionale.
In compagnia di alcuni geologi, archeologi, storici dell’arte e del periodo preistorico, Herzog penetra nelle profondità della terra e della storia, armato di una piccola telecamera assemblata per l’occasione, di una luce fredda per non compromettere l’umidità delle pareti, di una curiosità come suo solito smodata e di una buona dose di ironia pronta all’uso.
Immediatamente, con l’ingresso della sua voce narrante suadente e inconfondibile, l’antro, probabilmente deputato a luogo di culto o di cerimonie, si trasforma nella caverna di Platone e il cinema si fa strumento privilegiato d’indagine del mito. La più moderna delle tecnologie, il 3D (che Herzog sostiene di utilizzare qui per la prima e ultima volta) esplora la più antica e primigenia espressione artistica dell’uomo, ma la lente del regista anziché sottolineare l’abisso diacronico illumina la magia sincronica: nei cavalli in movimento lungo le rocce ondivaghe della grotta e nei bufali dalle corna e dalle zampe multiple c’è già l’invenzione dell’immagine in movimento, l’animazione, l’essenza del cinema, tanto nel dispositivo quanto nella funzione mitopoietica, di creazione di storie.
Herzog, che negli ultimi anni ha portato il documentario su altezze qualitative e profondità filosofiche prima inesplorate, pur non potendo deviare dal sentierino prestabilito stretto mezzo metro per avvicinarsi di più ai misteriosi disegni (l’unico ritratto umano è quello di un sesso femminile associato ad un bisonte, alcune ere geologiche prime che le donne corressero coi lupi in un noto bestseller) arriva dritto al cuore delle domande esistenziali che il contenuto della grotta Chauvet solleva: quegli uomini, che vivevano tra mammut e rinoceronti, animali tra altri animali però anche esseri spirituali, che costruivano altari e scolpivano la loro devozione alla donna e alla fertilità, siamo ancora noi o evolvendo ci siamo invece smarriti?
Chi siamo noi per loro, chi saranno i nuovi “loro” per noi? Chi sta davvero al centro della scena? Chi è l’artista e chi la sua riscrittura? Con un finale di feroce e struggente ironia, Herzog rimette in un attimo l’umanità intera al proprio posto. E svetta, solitario e beffardo, per straordinaria intelligenza e sensibilità.
(Si ringrazia Mymovies.it per la collaborazione)
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