Da giornalista ad attore, Gabriele Majo è tornato sul set. Ma il Coronavirus ha bloccato l’uscita del film nelle sale. INTERVISTA

SMA MODENA
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Ancora una volta attore e non per caso: è Gabriele Majo, che di mestiere “vero” fa il giornalista e dopo diversi anni di collaborazioni Radio Parma, Tuttosport (1990-2004), ma anche con Repubblica e Il Messaggero, Mediaset a Il Giornale e come addetto stampa del Parma Calcio, oggi segue l’ufficio stampa del settore giovanile e femminile della squadra crociata.

A dire il vero la faccia da attore ce l’ha tutta e infatti, dopo gli esordi nel 2010, è stato contattato più volte. L’ultima apparizione è stata in “Volevo nascondermi”, film su Ligabue, grazie al quale Elio Germano si è aggiudicato l’Orso d’Argento a Berlino (quarto attore italiano a ricevere il prestigioso premio dopo Alberto Sordi, Michele Placido e Gian Maria Volontè).

La pellicola però, non è ancora uscita nelle sale, il Coronavirus ha fermato anche il cinema, assieme agli spettacoli dal vivo: “Infatti ho approfittato di questi giorni di pausa forzata per fare una gita a La Spezia, che era uno dei posti più vicini con le sale aperte prima del blocco totale, per vedere il film – dice Majo”.

Che emozione è rivedersi sul grande schermo? È un’emozione impagabile e incredibile, anche se a dire la verità la vera sorpresa l’avevo avuta quando ho fatto partire il trailer sul pc e ho sentito la mia voce.

Un po’ attore ti senti?

Senza esagerare posso definirmi attore; come dici tu la faccia ce l’ho e poi nel contratto che mi hanno fatto firmare c’era scritto così… Non rubo niente a nessuno (ride), anche se facendo un paragone calcistico sono un dilettante o meglio un amatore… Però vanto qualche presenza importante – e questa è la più importante di tutte perché è un film premiato. Il primo, nel 2010 fu “Baciato dalla fortuna”, dove facevo la parte di un medico che aveva uno scontro in corsia con Asia Argento, poi la stessa produzione mi ha richiamato per La Certosa di Parma, un film per la tv, poi c’è stato “Fai bei sogni” di Bellocchio e oggi questo. Comunque mi piace apparire e sono un po’ matto, altrimenti non avrei fatto questo lavoro che mi ha portato anche in tv.

Che parte fai nel film su Ligabue?

Sono un nobile, proprietario del Castello di Pademello, un mecenate altezzoso che ama e sostiene l’arte e la musica. Fino ad oggi in realtà avevo solo fatto la comparsa, ma qui recito anche un paio di battute. Sono una persona che gesticola molto e avrei voluto aggiungere un piccolo gesto alla frase rivolta a Ligabue “Ma tu sai fare solo bestie”? Ma il regista saggiamente mi ha fatto tenere le mani dietro la schiena, i nobili non gesticolano…

Torniamo indietro, hai fatto il corrispondente da Parma per Tuttosport, hai lavorato a Mediaset e al Giornale come redattore

“Beh a Mediaset facevo le vacanze, facevo lo stagionale”

In che senso?

“Nel senso che ero abituato da freelance a correre di qui e di là per trovare notizie e quando sono andato a Mediaset per tre estati, assunto a tempo determinato in sostituzione estiva, facevo al massimo un servizio al giorno e i servizi televisivi sono lunghi… un minuto. Uno di questi, a cui sono particolarmente affezionato, perché avevo ricevuto i complimenti del braccio destro di Mentana, fu sul nuoto sincronizzato, sport di cui, fino a quel momento, non sapevo nulla. Pensa che mi ha firmato il praticantato Emilio Fede. Diversa l’esperienza a Il Giornale, lì si correva di più. Per me era molto emozionante entrare nei luoghi che erano stati di Indro Montanelli.

E poi addetto stampa del Parma in epoca Ghirardi.

Sì dove sono andato via perché le condizioni contrattuali che mi avevano proposto per restare non erano adeguate e me ne andai. Per un po’ tutti mi hanno trattato come se avessi avuto il Coronavirus… Poi qualcuno mi ha riconosciuto che avevo ragione e che in tempi non sospetti avevo detto come stavano le cose.

Hai rimpianti?

No, rifarei tutto quello che ho fatto, in quel periodo ho fondato Stadiotardini.it, a cui sono molto affezionato perché credo sia stato un grossissimo esempio di giornalismo vero e fatto dalla base. Era nato come mio blog personale, l’aspetto forte era il dialogo che tenevo col pubblico, con i tifosi. Era un sito più di commento che non di cronaca. La differenza la facevamo sull’analisi. Comunque il mio primo e grande amore rimane la Radio, dove ho iniziato a 11 anni, nel 1975 con Carlo Drapkind a Radio Parma, la prima radio privata nata in Italia.

Da esperto del mondo del calcio credi che le società si stiano comportando bene con tutto il chiacchiericcio circa il campionato falsato dalle decisioni prese per contrastare il Coronavirus?

No, non credo. In questa fase l’aspetto importante è tutelare la salute delle persone, tutto il resto va in secondo piano. Il Parma Calcio, per esempio, non ha commentato e ha fatto un gesto concreto donando al reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale Maggiore 25.000 euro e lanciando contestualmente la campagna “Aiutiamo la squadra più forte di Parma”.

Tatiana Cogo