Il vecchietto gay dove lo metto?

In Italia, così come in gran parte delle nazioni ricche, c’è un progressivo invecchiamento della popolazione, e ciò è confermato dai dati che l’Istat ogni anno ci presenta.

Ma la questione riguardante la popolazione anziana spesso non è dibattuta e ancor di più e’ meno importante se parliamo dell’anzianità delle persone omosessuali.

Gli anziani LGBT pur esistendo diventano ” invisibili” ciò non solo perché il mondo politico non si interessa di loro, ma anche perché la maggior parte degli omosessuali quando arrivano nella terza età iniziano a nascondersi e questo lo fanno per avere più possibilità per continuare a vivere nella società.

Infatti, quando si è giunti ad una certa età è più facile confrontarsi con persone che per cultura o per problemi generazionali non amano avere a che fare con gli omosessuali. Invecchiare non e’ solo perdere alcune capacità, ma è anche una fase di cambiamento nel corso della quale si affinano altre doti e altre funzioni; pertanto occorre pensare anche a nuove politiche che mirino al benessere e all’accudimento delle persone omosessuali in età avanzata.

I tempi cambiano ed e’ il caso che il welfare si aggiorni e si adegui alle evoluzioni della società. Sono molti, moltissimi gli omosessuali che raggiungendo la terza età hanno bisogno di cure e assistenza; tale cosa sembra facile, ma non è così, in quanto un anziano omosessuale ha non solo tutte le esigenze delle persone anziane, ma ne ha anche altre che derivano dal non avere, nella maggior parte dei casi, legami affettivi, cioè, non hanno un compagno/a ne figli e quindi sono soli al mondo.

La domanda di aiuto da parte degli omosessuali anziani e’, in proporzione a quella degli etero, maggiore proprio perché i più non hanno discendenti e quindi non hanno nessuno che possa prendersi cura di loro gratuitamente e con affezione sincera.

In alcuni paesi europei e negli Stati Uniti ci sono associazioni e gruppi di mutuo aiuto rivolti alle persone omosessuali anziane; in Olanda ci sono anche case di riposo specializzate, a Roma c’è un progetto di Co- housing dove diversi anziani omosessuali pur vivendo nei propri spazi condividono ambienti comuni destinati alla socialità e all’assistenza sanitaria.

Anche a Bologna e’ stato presentato un progetto simile, ma qui si tratta di una casa di riposo vera e propria. Comunque i prezzi e gli standard sarebbero molto elevati, accessibili solo ad una clientela benestante, questo perché si presume che il reddito pro capite degli omosessuali sia in media più elevato di quello degli altri. Ma, non tutti, nella vita riescono ad essere delle ” formiche “, ma ci sono coloro sono state delle ” cicale” e che hanno guadagnato o risparmiato di meno.

Bisognerebbe che anche a Parma si affrontasse tale tema che diventa emergente facendo dei progetti e verificandone la fattibilità. Ci sono anche delle eccezioni che vengono mosse da alcuni omosessuali, i quali vedono in tale forma di assistenza “super specializzata” un modo per ” ghettizzare” ulteriormente i gay.

C’è anche chi ritiene che sarebbe bello, nell’ultima fase della propria vita , vivere con persone che hanno avuto una storia simile e condividere ricordi e racconti del passato. C’è chi simpaticamente sostiene che l’omosessuale anziano e’ più autonomo rispetto a colui che, rimasto vedovo, ha perso colei che lo assisteva e provvedeva con naturalezza alle faccende domestiche.

Insomma, l’omosessuale anziano sarebbe più capace degli altri a provvedere alle proprie necessità, perché essendo stato solo per tutta la vita o pur avendo avuto un compagno, ha imparato tutte quelle innumerevoli e preziose mansioni che svolgono solitamente le mogli.

C’è chi sostiene che al mondo d’oggi non tutti i figli si prendono cura dei genitori anziani, pertanto, gli omosessuali non sarebbero particolarmente penalizzati; ma, se qualcuno vede nella ” Friendly home” un modo per ghettizzare i gay, allora dovremmo pensare che anche tutte le associazioni LGBT siano un modo per isolare e per discriminare gli omosessuali; invece, per molti sarebbe un modo piacevole per attenuare le sofferenze che porta con se la terza età.

Sicuramente possiamo dire che gli omosessuali di un tempo erano più resilienti perché avendo vissuto momenti peggiori resistevano con maggior piglio alle difficoltà dell’età avanzata.

Di certo per vivere bene la vecchiaia e’ importante aver vissuto la gioventù e l’età adulta in modo sereno, felice e con il necessario spirito di adattamento ai cambiamenti dei tempi. Si evince, quindi che gli anziani omosessuali e non, affrontano principalmente gli stessi problemi, quali la salute, l’auto sufficienza fisica e mentale, la sicurezza economica e il sostegno sociale.

Il fatto di considerare negativamente la vecchiaia degli omosessuali, spinge molti giovani omosessuali a scoraggiarsi, non accettando più la propria identità ” diversa” perché ciò lascerebbe presagire un futuro fatto di solitudine ed infelicita’. Quindi i servizi socio assistenziali dovrebbero prevenire tali ansie e difficoltà, pensando a mezzi, spazi, tempi e risorse da destinare agli anziani LGBT.

La sfida della classe politica, a Parma come in altre città, sarà quella di riuscire a creare luoghi di assistenza e socializzazione, dove il personale e gli operatori sappiano interagire con persone che hanno avuto un passato ” diverso” da quello degli altri. Talvolta l’anziano omosessuale viene posto in una situazione di imbarazzo non solo dal personale medico-sanitario ma, soprattutto dagli altri pazienti o assistiti che si sorprendono dinanzi a scene di accudimento da parte di partner omosessuali.

Pertanto va fatta anche un’opera di educazione e sensibilizzazione affinché le discriminazioni non avvengano nelle case protette o nelle corsie degli ospedali.

E’ dovere degli enti preposti far capire che la ” diversità ” non è una barriera, ma è una ricchezza, un’occasione di scambi dove ognuno può mettere liberamente in comune il passato, le idee, il presente e l’eventuale futuro.

Raffaele Crispo

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