
07/02/2009
h.15.00
Consigliere Taliani, lei è il presidente della III commissione del Comune di Parma con delega alla sicurezza urbana eppure sul caso di Emmanuel Bonsu una commissione su questa vicenda non c’è ancora stata, come mai?
Credo che proprio i provvedimenti adottati dalla magistratura inquirente nel dopo Sant’Ilario mi abbiano dato ragione nel non averla convocata.
Un’argomentazione un po’ evasiva la sua, non crede?
Guardi, sulla vicenda ritengo personalmente che si sia ormai arrivati ad una sorta di sovraesposizione mediatica. Con anche discutibili fughe in avanti che in uno stato di diritto e di garanzia, come si presume essere il nostro, non dovrebbero avvenire.
A cosa si riferisce?
Mi riferisco ai tanti, troppi, titoli ad effetto che nelle settimane scorse si sono sprecati esprimendo un giudizio di colpevolezza, senza possibilità di appello. E che sono stati anche origine dei recenti episodi di intimidazione a parenti di uno dei vigili sotto indagine.
Rimango poi ugualmente perplesso per la decisione di pubblicare in chiaro una foto che avrebbe fatto meglio a rimanere in mano solo ed esclusivamente a chi ne aveva la responsabilità, indipendentemente che fosse o meno coperta da segreto istruttorio. Ma questo aspetto è già stato messo in rilievo dal collega Pagliari durante uno scorso consiglio comunale e di cui gli rendo merito.
Ha quindi dei dubbi su come siano veramente accaduti i fatti?
E’ una domanda la cui risposta ci sarà data, al termine delle indagini, da chi di dovere. A chi me lo chiedeva, in questi mesi ho sempre ribadito quanto pubblicamente dichiarato il 6 di ottobre.
Di questa vicenda il fatto più grave non è l’equivoco fermo di una persona innocente, in un contesto quale era quella sera il parco ex-Eridania, ma la scritta sulla busta.
Con quella scritta, intenzionalmente ed irresponsabilmente, si è colpito ed offeso non solo Emmanuel Bonsu ma tutta la nostra collettività di cui lui e la sua famiglia fanno parte.
E le accuse di razzismo ai vigili e di responsabilità politica all’amministrazione? Tutte illazioni?
Di xenofobia e razzismo non ne voglio neppure parlare. Perché non è di questo che ritengo si tratti, anche se aiuta a semplificare le cose. Se ci sono stati comportamenti sbagliati questi andranno, e lo ripeto, perseguiti nelle sedi opportune.
Se vogliamo invece parlare di responsabilità della polizia municipale o dell’amministrazione mi permetto di iniziare utilizzando un detto popolare: “fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce!” Questo per non far dimenticare che i motivi per cui quella sera del 29 settembre dei cittadini chiesero l’intervento della polizia municipale erano e rimangono fondati.
Anche se poi l’arresto del pusher, avvenuto prima del fermo di Emmanuel Bonsu, sembra essere diventato un dettaglio dell’episodio.
Dettaglio che è all’origine di tutta la vicenda, intende?
Esatto. Dobbiamo, insomma, ricordarci il sempre più grave contesto in cui quotidianamente operano le nostre forze dell’ordine. Ho l’impressione che ci si stia dimenticando di come le forze di polizia, nazionale o locale che siano, rimangano ogni giorno di più impegnate nel controllo del territorio. Territorio su cui, è fin troppo chiaro, stanno ricadendo, e si stanno accentuando, problematiche di ordine pubblico di altra origine.
La riforma della polizia e delle competenze delle amministrazioni municipali sono necessità ormai che vanno normate e chiarite a livello nazionale.
Si critica tanto la “Carta di Parma” dei sindaci quando in realtà questa è già un precedente che sta diventando superato dall’aggravarsi ormai della situazione economico-sociale.
Vuole dire che in realtà il caso Bonsu è una spia di qualcosa che va oltre l’ambito locale?
Temo proprio di sì!
L’origine di tutta la vicenda, lo spaccio al parco, dovrebbe ricordarcelo ed essere d’esempio per cercare di prevenire cosa ci attende. Chi ha messo in dubbio la capacità della polizia municipale nello svolgere i propri compiti si dovrebbe anche ricordare di come si stiano accentuando il disagio sociale ed i conseguenti ambiti di intervento.
Per il lavoro che svolgo non passa giorno che non riceva anch’io testimonianza diretta di come con questa crisi ci siano fasce sociali che si stanno sempre più marginalizzando, italiane o immigrate che siano. Ma è proprio sommandosi alla crisi economica che sulla questione dell’immigrazione stiamo rischiando la deriva dell’intolleranza.
La responsabilità è sempre degli altri, allora?
La responsabilità non è semplicemente degli altri che arrivano ma di come, da noi in Italia, è stato fino ad ora gestito e permesso questo arrivo. Le cronache recenti ne sono d’esempio.
Il problema, perché è di problema che dobbiamo parlare, comunque viene ormai da lontano. E, nell’impossibilità di risolverlo, oggi dobbiamo trovare gli strumenti per arginarlo. Sull’immigrazione stiamo pagando le conseguenze di almeno due decenni in cui, con un malinteso spirito di accoglienza, si è irresponsabilmente lasciato irrisolta la questione della regolamentazione degli arrivi.
E’ di sicuro “virtuoso”, e scontato, affermare quanto gli immigrati siano una risorsa, e lo sono ancor di più se gli italiani certi lavori non li vogliono più svolgere. Ma accoglienza significa rinuncia e questa considerazione diventa di difficile applicazione quando si è travolti da una crisi senza precedenti come l’attuale. In cui la possibilità di assorbire senza traumi i nuovi arrivati si è ulteriormente abbassata.
C’è il rischio di una sorta di “guerra tra poveri” la cui prima vittima è e sarà proprio la tolleranza. I cittadini chiedono sicurezza, sia economica che sociale, ed è solo con gli interventi e con le modifiche strutturali di carattere nazionale che la si otterrà.
Ma non sono affermazioni un po’ “leghiste” le sue? Proprio ora che il Senato ha approvato il discusso decreto 733 meglio noto come “Pacchetto sicurezza” e che dovremmo diventare più cattivi con i clandestini, come dice il ministro Maroni?
Il “cattivismo” fine a se stesso non porta a nulla di buono. Il messaggio che deve passare è che senza regole, e senza il loro rispetto, una società non è più tale.
E sull’immigrazione clandestina di regole ne mancano parecchie. Comunque, a differenza di altri, non ho fatto mai mistero di apprezzare alcune iniziative degli amici della Lega. Alcune, ribadisco, mentre per altre rimango perplesso.
Come quella di insistere nell’entrare in giunta a Parma, visto il consenso ottenuto le scorse politiche?
Beh! Quella più che un’iniziativa sembra ormai una pretesa. Ed attaccando l’amministrazione comunale nei giorni pari per poi elogiarla in quelli dispari, c’è il rischio che pretesa rimanga.
Rimanendo sempre sulla Lega e sul “Pacchetto sicurezza”, è vero che l’idea di regalare gli allarmi antiscippo alle loro manifestazioni di chiusura delle scorse politiche a Parma è stata sua?
Non solo l’idea, in realtà ho anche indicato dove andarli a prendere! Ma è stato un suggerimento “occasionale”. Era capitato che un segretario provinciale della Lega in Lombardia fosse stato denunciato per aver distribuito degli spray al peperoncino, allora vietati ed oggi legalizzati con il decreto 733. E per evitare le stesse conseguenze penali anche da noi, ad alcuni amici ho suggerito gli allarmi antiscippo.
In ambito locale, vista la riuscita dell’iniziativa in città ed in provincia, però un poco del risultato della Lega, alle politiche scorse, possiamo dire che è allora anche merito suo?
Non esageriamo, e non mi faccia sentire in colpa. Devo ammettere comunque che il successo ottenuto tra la gente mi ha fatto in qualche modo piacere! Non basta certo un semplice allarme sonoro a cancellare la nostra diffusa percezione di insicurezza, può però avere un effetto placebo per ridurla. Ed anche questo è utile.