
18/05/2012
h.15.00
“Chi è Imalatidimente?”
“È un trentacinquenne bresciano, che ha studiato Scienze Naturali all’Università di Parma, e dopo essersi formato seguendo un percorso scientifico ha deciso nel 2007 di ricorrere alla scrittura come mezzo di comunicazione. Attualmente vive a Sala Baganza, dopo essere stato itinerante nel corso degli anni. È una persona che alterna il lavoro dei campi, tra le coltivazioni di mais della famiglia nel mantovano e nel milanese, alle ore solitarie davanti al pc, chattando con amici, tentando di mettere in parole sensazioni, riflessioni e vissuto quotidiano. È una persona che scrive perché tal volta ha difficoltà a comunicare con la gente. È una persona che non segue le mode e che ha bisogno di riflettere.”
“Perché hai adottato questo nome provocatorio?”
“In realtà questo pseudonimo è una sorta di riassunto di una frase più lunga: “i malati di mente sono gli unici che possono salvare il mondo”. L’idea che sta alla base di questo nome decisamente atipico, è che nella nostra epoca globalizzata ed accelerata, nella nostra società destabilizzante e precaria, le persone considerate “diverse”, quelle messe al confino, quelle che escono in modo deciso dalla media, che si comportano e pensano in modo diverso dalla massa, sono potenzialmente fonte di soluzioni a problemi apparentemente irrisolvibili, in quanto capaci di vedere le cose da un diverso punto di vista. La malattia diviene espressione di limitanti disturbi che celano tal volta una genialità molto personale.”
“Da quanto tempo ti dedichi alla scrittura?”
“Ho iniziato a scrivere saltuariamente in momenti diversi della mia vita, ma lo faccio assiduamente dal 2007, anno in cui ho iniziato a muovermi in rete, conoscendo persone incredibili, diventate poi veri e propri amici. Ho iniziato con un blog, da cui ho tratto la maggior parte dei pezzi che hanno composto il primo libro, “Nonloso”, una raccolta di “appunti” che segna l’inizio di un’esperienza editoriale, di un esperimento comunicativo. Ho scelto fin da subito di autoprodurmi, accettando la sfida di entrare disarmato in un mercato, quello della letteratura, in piena transizione.
Le successive esperienze personali mi hanno condotto a scrivere un secondo libro, in realtà il primo vero “lavoro editoriale”, che è una sorta di prefazione a quello che verrà poi, e che proprio per questo ho intitolato “Zero”.”
“Di che cosa tratta “Zero” il tuo secondo lavoro autoprodotto?”
“E’ una storia un po’ particolare, frammentaria come i ricordi di una persona, che sfumano e si perdono, lasciando integri solo quelli più importanti. E’ la storia più o meno vera di una persona che si trova ad un punto cruciale della propria esistenza, obbligata a confrontarsi con la fine, e che sceglie di cambiare tutto, tornando sui suoi passi e ritrovandosi al punto di partenza, allo stesso punto cruciale. Amo da sempre mettere nei libri qualcosa di più delle semplici parole, scegliendo quindi forme di impaginazione particolari: “Nonloso” era rilegato come un taccuino; “Zero” invece pur avendo una struttura speculare, in cui la storia si piega fisicamente su se stessa, riporta il lettore all’inizio del libro in un divenire che si rincorre ciclicamente.”
“Oggi, a cosa stai lavorando?”
“Attualmente sto elaborando i contenuti del terzo romanzo direi classico per la struttura, e lo sviluppo più lineare. Non mi do scadenze; conto di concluderlo per la fine dell’estate. Inoltre, ho raccolto recentemente con molto piacere l’invito di un’amica cantautrice a scrivere qualcosa che possa mettere in musica.”
“Come giudichi l’autoproduzione?”
“L’esperienza dell’autoproduzione non è affatto facile, soprattutto perché stiamo parlando di letteratura, di comunicazione, ed è evidente che viviamo in un tempo in cui la comunicazione è diventata un prodotto da vendere, da confezionare, da pubblicizzare e da esporre sugli scaffali di un supermercato, tra la salsa di pomodoro e gli assorbenti. L’avvento dei libri digitali, dei blog, della stampa on line, ha messo in crisi le strategie di vendita, rovesciando sul mercato milioni di novelli autori dalle dubbie qualità, tra i quali si nascondono delle menti geniali. Io stesso sono figlio di questo fenomeno, e devo ancora capire quanto diritto abbia di considerarmi “scrittore”.”
“A proposito delle tue origini?”
“Sono cresciuto in una buona famiglia, dalle sorprendenti capacità imprenditoriali, capaci di costruire qualcosa di grande partendo da zero, crescendo figli senza precludergli nessuna possibilità, e tuttora la famiglia è la cosa più preziosa che ho, anche se sono decisamente un solitario, una persona che ama il confronto con le persone, ma che ha la fisiologica necessità di chiudersi in un proprio spazio privato; proprio questa mia propensione alla solitudine ha imposto l’uso di uno pseudonimo che tagliasse i ponti tra quello che sono sempre stato e ciò che sono diventato. Sono cresciuto in un mondo ovattato, senza mode, senza musica, senza spinte esterne; ho letto pochissimo nella mia vita, e questo lo considero un mio vantaggio, almeno all’inizio dell’esperienza editoriale, libero da influenze e vincoli; solo ora inizio ad apprezzare la lettura, sicuramente utile per la crescita ed il miglioramento.”
“Che romanzi ti hanno segnato emotivamente o a livello formativo?”
“Ricordo con piacere “Il vecchio e il mare” di Hemingway, scrittori come Orwell e Bradbury, i libri che mi facevano leggere a scuola, e poi un balzo lungo anni, che mi porta ad una persona che di letterario aveva ben poco, ma che accomunava la mia passione per il viaggio, per la moto, e la capacità di comunicare in modo diretto, forse uno di quelli che più hanno plasmato il mio stile: Carlo Talamo (colui che ha creato il fenomeno Harley-Davidson in Italia ed ha riportato le Triumph nel nostro mercato). Ho continuato poi a leggere autori recenti (qualcuno frainteso e/o sopravvalutato), dei quali apprezzo soprattutto l’informalità, come Bukowski e Palhaniuk, apprezzando la critica genialità di Saramago. Ne dimentico sicuramente molti, ma non sono certamente un appassionato conoscitore degli autori, e mi mancano gli autori classici. Amo soprattutto gli sconosciuti, lontani dalle luci del successo, gli esaltanti scrittori, ma anche cantautori, pittori, fotografi, scultori, musicisti, che popolano la rete, le piccole mostre, le “insignificanti” rassegne, le strade come luoghi d’incontro, le persone con le quali posso parlare direttamente, persone decisamente eccezionali, probabilmente “diverse”, per qualcuno “malate”.”
“Come è la genesi del tuo lavoro?”
“Vado a sentimento. Ho provato a scrivere su ordinazione ma non ho avuto i risultati sperati. Se non me la sento non esce niente di buono. La scrittura è un bisogno di fare sentire la mia voce. Quando ho bisogno di dire qualcosa la scrivo. Parto da una idea che sviluppo nel corso del tempo; quasi mai rimane invariata; attingo alle esperienze personali, ci rifletto ed elaboro queste riflessioni.”
“Qual è il tuo genere letterario preferito?”
“Non è un genere vero e proprio ma sono autori che come me criticano, in modo ironico, il quotidiano. Amo i giochi di parole. Amo le immagini che scaturiscono dalla banalità delle cose di tutti i giorni, trasfigurate dalle proprietà di un linguaggio evocativo e profondo. Prediligo la prosa alla poesia.”
“Qualcuno ti ha paragonato a Stefano Benni. E’ così?”
“E’ un complimento essere paragonato a uno scrittore come lui, affermato da anni. Mi ha fatto piacere essere accostato a lui.”
“Quindi attribuisci importanza agli strumenti di comunicazione come i social network?”
“Sì personalmente ho allacciato amicizie con bloggers e amici della rete. Ci scambiamo suggerimenti e riflessioni. Internet è uno strumento interessantissimo come mezzo di comunicazione e di confronto. E’uno strumento divulgativo di sapere e di esperienze. Ho numerosi contatti sul profilo di MySpace e e Facebook.”
“Come fai a prendere contatti con le librerie?”
“E’ difficile. Il potere contrattuale è loro. In genere si bussa alla loro porta. Nella maggior parte dei casi prendono in conto vendita il libro che gli si presenta. Ma nulla fanno per l’attività di promozione dello stesso soprattutto in termini pubblicitari. Cosa che io non posso sostenere visti gli alti costi.”
“La rete potrebbe essere un’importante alternativa alle librerie come canale di vendita?”
“Oggigiorno aumenta il peso del web. La rete è un mercato importante e allo stesso tempo uno strumento di vendita. Stiamo assistendo a una evoluzione rapida in tal senso. Il libro diviene sempre più differenziato da prodotto per il grande consumo a elemento di nicchia per un numero ristretto di consumatori. Sul web si vende e si compra di ogni. Io ci punto molto. Sono autoprodotto e pertanto ho problemi nella distribuzione dei miei lavori una volta realizzati. E’ molto gravoso in termini di tempo e soprattutto economicamente collocare nei giusti luoghi di vendita i propri romanzi.”
Da Zero: “E adesso non dirmi che ho sbagliato strada, perché qui le indicazioni sono chiare, perché la direzione è decisamente questa, perché non c’è un perché, perché sì, perché no?, perché posso, perché non c’è tempo, non c’è nome, non c’è luogo, perso in un mondo affollato di strade gremite di gente, di voci, di riflessi, di grida, di sangue, di odio, di amore, di sbagli, ingiustizie, felicità, telefonini, tivù e pubblicità, perché se posso allora devo, perché se io allora anche tu, perché è la fine, perché è solo l’inizio, perché chi resta non parte, e chi parte non torna, perché seduto sul ciglio di una strada rovente d’estate, la vita sembra più bella se guardi nei campi, lasciando alle spalle i rottami di un passato che sanguina olio e benzina, nel silenzio della sera che arriva.”
Sito ufficiale: http://www.imalatidimente.it/
Profilo MySpace: http://www.myspace.com/imalatidimente
Profilo Facebook: https://www.facebook.com/IMALATIDIMENTE
Tommaso Villani
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