Immigrazione, integrazione e Parma, un “Wonderful World” è possibile. INTERVISTA al Ciac: “Abbiamo realizzato un’accoglienza di Comunità”

SMA MODENA
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Lo sgombero di via Po e l’abbattimento dell’ex struttura fatiscente in cui avevano trovato rifugio una trentina di persone ci ha dato lo spunto per tornare a parlare del tema immigrazione e cercare di capire quale è la situazione a Parma. Dal confronto che abbiamo avuto con Ciac, (Centro immigrazione asilo e cooperazione), l’ente che da vent’anni si occupa di tutelare i cittadini migranti, ci è parso subito chiaro che fra i problemi principali c’è proprio quello abitativo.

Abbiamo incontrato Emilio Rossi, presidente del Ciac e Marcello Volta, responsabile della comunicazione in una casa di accoglienza per rifugiati che in questi giorni compie un anno.

Qual è la situazione abitativa delle persone migranti a Parma oggi?

“Non ci sono politiche importanti per l’alloggio – ci spiega Rossi – ed è il problema maggiore che incontriamo al momento dell’integrazione delle persone. Occorrerebbe fare un ragionamento profondo sulla marginalità, sul numero e la condizione delle persone escluse e fare un programma nuovo e importate. Ci sono delle situazioni di denuncia, il problema c’è ed è stato evidenziato da questi recenti eventi. A gennaio riprenderanno gli sfratti quindi è un tema aperto che esiste e non scomparirà. Noi avvertiamo proprio con le persone che escono dai nostri progetti quanto sia difficile sistemarli rispetto alla casa. È più semplice trovare loro un lavoro”.

Quanto è difficile puntare all’integrazione in questo momento storico, pensando anche alla pandemia?

È cambiato un po’ tutto, abbiamo dovuto adeguarci rapidamente alla nuova condizione e gran parte della formazione sia linguistica che a livello di lavoro siamo costretti a farla a distanza.

La pandemia ha rallentato il nostro lavoro e oggi è anche più difficile trovare l’occupazione per le persone. Prima dell’emergenza riuscivamo bene, anche perché c’è un’imprenditoria attenta e aperta a Parma. Abbiamo fatto programmi con Barilla, Number One, Ikea. C’era e ci sarò molta richiesta di mano d’opera anche perché sappiamo che molte mansioni non sono più svolte dagli italiani, sia in città che in campagna. In generale, come dicevo prima per la casa, anche per il lavoro sarebbe necessario fare un piano per mettere insieme le necessità economiche di un territorio e le potenzialità delle persone che intendono cominciare a lavorare.

Cosa fa Ciac?

Collaboriamo con i Comuni, con quelli che hanno accettato questa responsabilità portando avanti il piano di accoglienza dello stato italiano che si attua in progetti territoriali, retti appunto da una rete di comuni e da un ente di tutela. Collaboriamo con Parma, capofila che ha a disposizione 120 posti e con Fidenza altro comune capofila con circa lo stesso numero di posti. Abbiamo piccoli appartamenti tra Parma e provincia dove attuiamo progetti personalizzati per arrivare all’integrazione.

Cosa hanno comportato i decreti Salvini?

Hanno avuto un impatto notevole – spiega Marcello Volta. Hanno inciso profondamente sulla vita delle persone migranti. La scelta di abolire la protezione umanitaria, ha di fatto contribuito paradossalmente a creare un’altra emergenza: quella degli irregolari presenti sul nostro territorio. Non solo per chi arrivava, ma anche per chi aveva già la protezione umanitaria e parliamo di centinaia di persone a Parma. Da un giorno all’altro erano fuori dai sistemi di accoglienza. Anche diverse delle persone che vivevano in via Po, nell’ex pizzeria abbattuta erano fra queste. Perfettamente regolari, con il permesso di soggiorno, ma senza alternative né lavorativa né abitativa, né di percorso di inserimento. Sono cicatrici che saranno difficili di rimarginare anche se con la recente approvazione in Senato del nuovo dl sicurezza sono stati superati e la situazione è cambiata decisamente in meglio.

Cosa avete fatto per superare queste problematiche?

Abbiamo cercato di dare una risposta concreta e, insieme ai missionari Saveriani che avevano questa casa nel loro ampio complesso, abbiamo proposto un progetto per le persone escluse dall’accoglienza. A Natale dell’anno scorso abbiamo aperto questa casa “Wonderful World” che non vuole essere solo un tetto sulla testa o un pasto, ma un percorso di integrazione – spiega Volta -. Per noi è stata un’esperienza nuova, dato che prima abbiamo sempre lavorato assieme agli enti pubblici. È un punto di passaggio, diamo gli strumenti: insegnando la lingua, facendo formazione al lavoro, li sosteniamo a livello sanitario, costruiamo percorsi di vita. Attualmente ospitiamo una decina di persone ma la struttura potrebbe accoglierne di più. E da quando abbiamo aperto si sono avvicendate già una trentina di persone.

Come valutate oggi il lavoro svolto qui?

Noi non abbiamo accettato l’idea di buttare fuori le persone – spiega Rossi – per cui qui, per contrastare utilmente i decreti di Salvini, abbiamo realizzato un’accoglienza di comunità. È chiaro che per tenere in piedi una cosa così c’è bisogno di fondi, ma non potevamo chiederli allo stato. Devo dire che da subito c’è stata grande disponibilità dei volontari e poi abbiamo avviato una campagna di raccolta fondi natalizia (leggi), perché ci riproponiamo di continuare ad ospitare persone con permesso di soggiorno, che togliamo dalla strada che mettiamo in un ambiente che vuole essere bello, perché l’accoglienza non è una cosa triste. Quindi il successo c’è, da tanti punti di vista, anche per gli stessi volontari.

La risposta di Parma è stata immediata e quasi commovente, forse bastava solo accendere la scintilla – dice Volta. Ci sono ragazzi giovanissimi che vengono qui, ma anche adulti, persino una signora di 82 anni che ha regalato un pianoforte e il lunedì sera fa lezione agli ospiti.

Parma quindi è una città che sa accogliere?

“Si, ma si potrebbe fare di più perché c’è anche tanta indifferenza, quella va vinta. Ci sono potenzialità, perché la tradizione cittadina è di grande apertura e di solidarietà, non dobbiamo dimenticarlo – spiega Rossi -”.
Noi abbiamo scommesso sulla sensibilità delle persone perché essere accoglienti viene naturale basta uscire dallo stereotipo e consentire che la comunità entri in relazione con queste persone. Siamo andati ad accoglierli in luoghi in cui tanti avrebbero avuto diffidenza o paura, ma vedendoli qui li trovano persone assolutamente normali magari di cui essere amici. Dopo di che si realizzano cose bellissime come per esempio l’esperienza “Rifugiati in famiglia”, progetto attivo dal 2017, che nasceva dal famoso pensiero comune “portateli a casa vostra”. È un’esperienza tuttora attiva ci sono una cinquantina di famiglie parmigiane che hanno aperto le loro porte a queste persone.

Un altro progetto a cui teniamo molto – precisa Volta – si chiama Tandem tre appartamenti in città che mettono insieme studenti italiani fino ai 29 anni e giovani migranti che siano richiedenti asilo o rifugiati che vivono come normalissimi coinquilini. C’è chi studia e chi lavora, a volte nascono amicizie a volte problematiche come è normale che sia, insomma tutte cose che fanno crescere, ma è anche così che si attua l’integrazione.

Tatiana Cogo

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