
ParmaDaily ha intervistato il fotografo parmigiano Roberto Roberti, che di recente ha pubblicato il libro “Trinacria” che ha come protagonista la Sicilia.
Roberto, parlaci un po’ di te e della tua passione per la fotografia?
Ho iniziato a fotografare relativamente tardi, nel 2003, quando avevo circa 28 anni utilizzando una reflex a pellicola. Mi dedicavo per lo più all’archeologia industriale. Poi, dopo alcuni anni, decisi di lavorare sul paesaggio, in particolare a quello appenninico. Oggi, dopo essere approdato alla fotografia digitale, ho deciso di tornare nuovamente in camera oscura dedicandomi, insieme agli amici del Circolo Grandangolo e del Gruppo Namias, alle cosiddette antiche tecniche di stampa, ossia quelle utilizzate tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 quali platino/palladio, collodio bagnato, gomma bicromata ecc. Sono tecniche molto vicine al cosiddetto stile fotografico pittorialista, genere che ho sempre amato molto.
Che mondo è quello dell’editoria di libri fotografici?
L’editoria italiana nel campo della fotografia, salvo alcune eccezioni, è molto intenta a recensire e promuovere materiale fotografico quali fotocamere ed obiettivi piuttosto che mostrare immagini e lavori interessanti. Personalmente sono abbonato a tre riviste britanniche le quali su un centinaio di pagine trattano di materiale fotografico per un massimo di 6-10 pagine. Per quanto concerne i libri è molto difficile accedere alle case editrici che spesso chiedono un contributo economico per la pubblicazione, oltre ai diritti commerciali in cambio di poco o nulla.
Per questa ragione ho scelto di seguire un modello molto diffuso oggi nel mondo anglosassone, ossia l’ auto-pubblicazione. Oggi grazie a servizi di stampa on line è molto più semplice di un tempo auto-pubblicarsi, anche se comporta un investimento economico e di tempo che non tutti si sentono di sostenere. In un prossimo futuro mi piacerebbe proporre un libro in stile “Camera Work”, ossia composto da fotografie stampate su carta fotografica come si faceva fino ai primi del ‘900.
Come nasce un libro fotografico “Trinacria. Atmosfere di luci e ombre”?
Nasce dalla volontà di mostrare e condividere il mio lavoro fotografico con persone che possano apprezzarlo. E’ un modo per raggiungere persone che magari non conosco personalmente, ma con le quali attraverso un libro posso condividere l’interesse per i luoghi fotografati e/o un particolare gusto estetico rispetto a un modo di interpretare la fotografia. Inoltre un libro pone il suo fruitore in un contesto differente, più attento e riflessivo rispetto al “consumo mordi e fuggi” di internet che spesso banalizza e affoga nel suo “rumore di fondo” anche opere di grande spessore.
Stampare un libro e metterlo in vendita, seppur in quantità limitate, vuol dire anche provare a dare un valore al proprio lavoro e al contempo capire quanto esso possa essere apprezzato. E’ un rischio, perché si può andare incontro a cocenti delusioni e rimetterci pure dei soldi, ma se non si ha il coraggio di rischiare in prima persona rispetto alla produzione delle nostre opere perché dovrebbe farlo qualcun altro (galleristi, riviste, istituzioni ecc)? La mia prima esperienza di self publishing risale a circa quattro anni fa, quando assieme agli amici Misha Cattabia ed Erik Concari pubblicammo il libro “Atmosfere in Appennino”, il quale fu foriero di un buon riscontro. Mi auguro con Trinacria di potermi avvicinare a quello splendido risultato.
Perchè un libro sulla Sicilia?
La Sicilia è stata scelta quale protagonista perché negli ultimi tre anni ho avuto modo di frequentarla intensamente per ragioni personali. Oltre alle splendide testimonianze artistiche della quale è ricca sono rimasto molto ammirato dalla capacità dei siciliani di mantenere intatta la loro identità culturale. Il mercato di Catania, ad esempio, è ancora un luogo vivo, parte della città e della sua identità non si sono trasformati né in un baraccone folcloristico per turisti, né cancellati come è avvenuto in molte città del nord Italia. Anche le feste patronali sono ancora molto sentite e partecipate. Sono momenti identitari e culturali vivi e forti nonostante esistano ormai da diversi secoli.
Parma è una città interessata alla fotografia?
La fotografia a Parma è molto diffusa ed esistono diversi circoli fotografici molto attivi che propongono corsi, concorsi e momenti conviviali. Ci sono anche diversi fotografi originari di Parma di grande spessore quale ad esempio Alessandro Gandolfi, che ha scritto l’introduzione di Trinacria e lavora per importanti testate nazionali ed internazionali. Parma annovera anche alcuni esperti di rilievo nazionale rispetto alle antiche tecniche fotografiche quali Giogio Bordin, Roberto Lagrasta, Andrea D’Aglio, ecc. Direi che il livello fotografico della nostra provincia è alto anche se molti artisti rimangono poco conosciuti dato che è molto difficile trovare degli spazi attraverso i quali promuoversi.
Negli ultimi anni hanno aperto delle piccole gallerie che cercano di promuovere la vendita di stampe fotografiche, ma in Italia questo mercato è ancora molto marginale. Dal punto di vista istituzionale, invece, tradizionalmente Reggio Emilia e Modena sono molto più attive di Parma. Questi Comuni hanno investito molto di più di noi, tanto che oggi sono divenuti dei punti di riferimento nazionale rispetto alla promozione culturale della fotografia. Parma, invece, per ovvie ragioni storiche, ha scelto di continuare a investire nella promozione della propria tradizione Lirica, una scelta comprensibile ma che penalizza altre iniziative. AM