JazzU allo Zerbini. Parma si avvicina sempre di più alla Serie A jazzistica (di Max Scaccaglia)

SMA MODENA
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Mi si perdoni il linguaggio da cronista sportivo, ma questo è un bellissimo inizio di campionato allo Zerbini di via bixio. Lo dico da amante del Jazz e consapevole della peculiarità della proposta: valorizzare quello che si ha a portata di mano. Cultura contadina, mica i corsi di yoga alla Galleria Nazionale in Pilotta (altro discorso).

L’Italia in quanto al genere può permettersi di reggere da sola una rassegna senza sfigurare. Esiste infatti una scuola di tutto rispetto, la cui particolare matrice popolare e operistica porta il suono a definirsi e a differenziarsi rispetto ai cugini d’oltralpe e a mitigare le forti correnti, di volta in volta blues-swing oppure bop-funk, di quello americano. Gianni Basso, se devo dare un riferimento. E’ il mediterraneo del jazz, quello in cui gli apporti etnici non restano grezzi perché raffinati da una squisita tradizione melodica, soprattutto centro-meridionale.

La Cantera dello Zerbini ha esordito con due nomi di assoluto prestigio, due punte di “razza” mediterranea mutuate dai tratturi d’Abruzzo, terra di transumanza. Spessore e carattere. Questione di scelte, questione di conoscere il proprio mestiere.

Eh si, perché la partenza non è affatto casuale. Due trii dalla forte peculiarità ad aprire; nessuna traccia di chitarre ancora. Il primo trio con formazione classica guidata da un batterista e il secondo un organ trio, con l’hammond a creare tutto il mondo sonoro compreso tra le pelli del rullante e gli acuti del sax.

Potremmo aprire lunghe parentesi su come la direzione del jazz per molta critica, sia delineata dalle contaminazioni, ora etniche, ora elettriche, oppure dalle sperimentazioni (quali però?). Qui la scelta vuole offrire lo stile come applicazione in un contesto consolidato; evoluzione della tradizione del 900, modernizzato, ma non sfigurato. Senza voli pindarici, senza possibilità di cadute come un Icaro qualunque. Eppure vitale: reale.

Scelta che andava fatta. Nel bene e nel male.

Lorenzo Tucci (10 gennaio) presenta una formazione che si compatta attorno al suo stile “muscolare” (cit.), che applica il classico ad approcci più potenti e regolari: cioè Tucci “non le manda a dire”. Trascina il trio e quasi costringe (da vero direttore) piano e contrabbasso ad un discorso esplicito al quale è difficile sottrarsi. Se noi immaginassimo un Bill Evans che ha a che fare con “Waltz for Debby”, ecco, avremmo immaginato male. Qui piuttosto avremmo l’ombra di un Art Blakey o un Max Roach che lambiscono Billy Cobham o Dennis Chambers, senza però mai toccarli. Tenendo conto della fusion, tenendo conto del funk e del pop e del rock persino; senza mai cadere fuori dal jazz. E proprio qui risiede la peculiarità, il senso dell’operazione, la famosa cifra stilistica: un bell’equilibrio di tensioni, confesso. “Sparkle” per davvero: scintillante, come il suo ultimo lavoro appunto (2016 Jando Music/Via Veneto Jazz).

Viaggiando tra composizioni originali dai brillanti temi (l’inizlale “Grow”, o “Keep Calm”) e dalle riuscite ballads dal sentore Coreano, nel senso di Chick (“Past”), oppure attraverso mirate cover (tra cui una particolarissima “Speak No Evil” di Shorter), il trio evidenzia l’affiatamento tra Tucci e Luca Mannutza. Mannutza il cui pianismo fresco e sintetico, completa l’approccio ritmico evolvendolo armonicamente. Azzeccato l’inserimento dell’ultimo momento di Daniele Sorrentino al contrabbasso, giovane esperto, che con intelligenza supporta e all’occorrenza rilancia, capendo immediatamente e perfettamente i contesti creati dalla coppia piano-batteria.

Un concerto assolutamente “divertente”.

Diverso, per certi versi opposto, l’approccio di Max Ionata (17 gennaio). Personalmente quando sento Organ Trio più che a Jimmy Smith, penso subito a “Medeski, Martin and Wood”: cosa ci volete fare? Ne l’uno, ne l’altro qui. Lontani dall’influenza blues di Smith, ancora distanti dalla sperimentalità di M,M&W.

Nel Max Ionata Hammond Trio il problema è risolto brillantemente da Gianluca Di Ienno, pianista di grande spessore mi dicono, che veste perfettamente il delicato ruolo di hammondista, che chiamerebbe un approccio diametralmente opposto al piano. Di Ienno riesce a stare sul confine di entrambi, senza perdere il gusto armonico e interpretativo, proponendo percorsi tonali rassicuranti, ma dinamici, dosando le tensioni. Stupenda l’intro di “The Man i Love”. A completare il giro un batterista, mi sbilancio, dal futuro brillante: da Matera, Pasquale Fiore, è giovane dinamicamente capace di ogni sfumatura, quasi melodico nei solo, scomposizione perfetta e capacità di creare sempre un clima avvolgente con un suono che pare sempre fresco di studio di registrazione.

Un terzetto che, come per Tucci, è emanazione, non stantia o pedissequa, del leader. Con Max Ionata il discorso si fa semplice: altissimo livello di preparazione, interpretazioni di personalità, controllo del suono e dell’andamento del gruppo. Ti si attacca alle orecchie, senza tentare la facile presa o l’effetto, con tanta sostanza. Emozionante il momento in cui staccandosi dal microfono, al centro del palco, si è esibito in un solo che sarebbe da incidere e far studiare. Concede sia materiale dal piglio moderno (“Amsterdam after Dark”) dal suo ultimo “Rewind” (2016 – Via Veneto Jazz), sia interpretazioni, tra cui un’elegantissima “The Man i Love”.

Personalmente, pur essendo presenti in lui tanti riferimenti (molti i Coleman… meno forse Ornette o Steve) e pur filtrati dalla bella scuola italiana ben in evidenza, a me ha ricordato tanto l’approccio di un Joe Henderson come fosse levigato dall’eleganza di Lovano: un musicista fedele, mai scolastico, misurato, mai noioso, dalla forte personalità, eppure senza ansie. Non ne ha bisogno.

Rassegna da non perdere direi.

Max Scaccaglia

ASCOLTI CONSIGLIATI

Art Blakey and the Jazz Messengers – Moanin’ (1958 – Blue Note Records)
Max Roach – Drums Unlimited (1966 – Atlantic)
Max Roach – Sounds as Roach (1968 – Atlantic)
Lorenzo Tucci – Drumonk (2009 – Via Veneto Jazz) feat. Fabio Bosso
Lorenzo Tucci – Sparkle (2016 – Via Veneto Jazz)
Sonny Rollins – Saxophone Colossus (1956 – Prestige Records)
Joe Henderson – Tetragon (1968 – Milestone Records)
Joe Henderson – In’n Out (1964 – Blue Note Records)
Gianni Basso – Quartetto Gianni Basso (1981 – Gianni Basso)
Jimmy Smith – Home Cookin’ (1959 – Blue Note) feat. Kenny Burrel
Medeski, Martin e Wood – Tonic (2000 – Blue Note Records)
Max Ionata Organ 3 – Coffee Time (2012 – Albore)
Max Ionata Quartet – Inspiration (2014 – Albore Jazz)
Max Ionata – Rewind (2016 – Via Veneto Jazz)

SITI
http://www.lorenzotucci.com/
http://www.maxionata.com/
https://www.facebook.com/ArciZerbiniParma/