Prestito sociale, Monti: “Nostra proposta in discussione nelle coop”

SMA MODENA
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C’è ancora speranza per la Reggio Emilia capitale della cooperazione, che ha visto il rovinoso crollo dei propri colossi, con perdita di posti di lavoro e di quota parte del prestito sociale?

Se ne è parlato ieri sera alla tenda centrale di FestaReggio, con il viceministro dell’Economia Enrico Morando, il parlamentare Maino Marchi, il presidente regionale di Legacoop Giovanni Monti, il presidente nazionale di Federconsumatori Emilio Viafora ed il giornalista Enrico Lorenzo Tidona della Gazzetta di Reggio.

Dice Monti: “Sì sta cercando di rispondere alla crisi. Come Legacoop siamo riusciti a mettere a disposizione oltre 24 milioni di euro nel territorio reggiano. Abbiamo chiesto ora alle cooperative locali di riprendere in considerazione il prestito sociale di Unieco e Coopsette. Si sta cercando di ripartire con le cooperative ma non è possibile pensare che tutti i 4mila500 dipendenti delle cooperative edili possano riprendere in quel settore. Si sta cercando di ripartire anche con altri progetti, in azione condivisa anche col sindacato e con Federconsumatori”.

Secondo il numero uno di Legacoop Emilia Romagna, “occorre una seria proposta di autoregolamentazione che sta andando in discussione in tutte le cooperative, con forme di trasparenza e controllo”. Mentre per Viafora: “Bisogna trovare lo spazio per un confronto sul prestito sociale e sulla cooperazione in genere. Si è spezzato un filo tra cooperative e soci, c’è stata un’incrinatura. Il livello di fiducia si può recuperare, se si riesce a sperimentare un sistema di partecipazione reale dei soci”.

“La politica sta lavorando per una risposta alle esigenze del recupero del prestito sociale e dei posti di lavoro”, spiega Marchi, che ritiene tuttora valido il sistema cooperativo. Il deputato Pd sottolinea la piena autonomia nelle scelte delle cooperative mentre racconta che il padre negli anni ’80 quando una coop andava in crisi lo rimproverava dicendo il partito non fa abbastanza. Da allora i temi sono molto cambiati ma evidentemente vive ancora una certa lettura tutta ad hoc di questo settore: “Se un’azienda privata va in crisi nessuno si sogna di dire che la crisi è del modello capitalistico”. E continua: “C’è il problema sulle aziende che hanno avuto un fallimento e pensiamo sia nell’interesse di tutti rispondere al problema del prestito sociale. Occorre prevenire quanto sin qua accaduto, con un sistema di governance e di controllo terzi, come un’authority. O di trovare uno strumento adeguato già avviato o che possa essere inserito entro la legge di bilancio”.

Morando mette in risalto la ratio del prestito sociale cooperativo come volano per gli investimenti. “Se questi strumenti riceveranno un colpo come accaduto in questi casi, risulterà difficile creare lavoro. Dobbiamo trovare soluzioni, non colpevoli. Si devono creare vincoli giuridici per rimuovere le cause di quanto accaduto. Considero di enorme rilievo l’impegno di Legacoop, ma resta ancora più rilevante l’autoregolamentazione del prestito sociale. Si può accettare che venga assimilato il tutto per tutto ad un conto corrente bancario? No, perché è contro gli interessi della stessa cooperazione”. Per il viceministro si devono stabilire dei limiti al prestito sociale, commisurandolo al patrimonio netto. C’è poi il vincolo di mantenere gran parte del prestito sociale in liquidità, fissando per legge criteri e sanzioni. Se ci fosse stato uno strumento simile difficilmente sarebbe accaduto. Ci sono soggetti che hanno poi investito tutti i loro capitali nel prestito sociale, fissando limiti individuali ed identificando un elemento di garanzia, quali vincoli fidejussori”.

Morando in chiusura tratteggia una proposta del governo sotto forma di emendamenti ad un progetto di legge già al Senato da approvare dopo la legge di bilancio e prima della fine della legislatura.