19/02/2009
Il 5 settembre del 1972 un commando che faceva capo a Settembre nero fece irruzione nella palazzina che ospitava gli atleti israeliani al villaggio olimpico di Monaco. Due di loro vennero uccisi, gli altri, presi in ostaggio, morirono all’aeroporto dopo un tentato blitz della polizia tedesca.
Il primo ministro israeliano Golda Meir indice una riunione coi capi politici e militari e ordina l’uccisione dei responsabili, non dopo una sofferta dialettica.
Dice “in casi estremi lo stato deve rompere i limiti morali”. Viene organizzato un gruppo eterogeneo a capo del quale viene posto Avner Kauffman (Bana), agente del Mossad.
Il gruppo elimina sette degli undici responsabili, Avner riesce a tornare a casa, in famiglia, ma non sarà mai più l’uomo di prima.
Il film vale per una considerazione generale sull’eterna questione palestinese: forse per la prima volta nella storia dell’uomo si confrontano due ragioni, non un torto (seppur parziale) o una ragione (seppur parziale). Sono molti gli episodi di dialettica etnico-politica, ebrei e palestinesi portano le proprie ragioni. Gli agenti israeliani uccidono, ma non sparano mai nel mucchio.
Quando si accorgono che una bambina morirebbe insieme al padre, uno dei terroristi, fermano tutto. Quando uno del gruppo (l’attore è Daniel Craig, il nuovo raccapricciante Bond) dice “io sono l’unico che vuole davvero uccidere i palestinesi” un altro gli risponde, ” per questo cerchiamo di non fartelo fare”.
Il film è ispirato al testo “Vendetta”, firmato da George Jonas, un testo “obsoleto”, e anche pericoloso di questi tempi, che Spielberg ha riscritto, conscio dell’impatto mediatico e politico che una storia come questa inevitabilmente avrebbe rappresentato.
Il regista ebreo ha prestato grande attenzione ai nodi della politica mediorientale. Ha voluto accreditarsi come testimone (quasi) imparziale piuttosto che come portatore di pronunciamenti filoisraeliani. Vale, in questo senso, la rappresentazione dei generali e dei capi dei servizi segreti israeliani, cinici, non simpatici, molto lontani dal cliché eroico-agiografico dei film americani.
In questa chiave va letta la collaborazione di Tony Kushner, premio Pulitzer e attitudine “liberal”. Peraltro Munich è uscito nelle sale proprio mentre Hamas vinceva le prime “libere e democratiche” elezioni palestinesi. Un segnale interessante.
La strage dell’aeroporto viene proposta in un flash finale e accredita, nei volti e negli atti, una certa dolorosa riluttanza da parte dei terroristi nell’uccidere degli innocenti. Spielberg ha dichiarato “certamente non erano felici di farlo”. Non tutti hanno creduto che il regista ne fosse davvero convinto.
Una volta registrata la solita caduta sentimental&finale dei film di Spielberg (Avner fa l’amore con la moglie mentre negli occhi terrorizzati gli passa il film della strage) diciamo che Munich, è un ottimo racconto, naturalmente.
(Si ringrazia Mymovies.it per la collaborazione)
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