Occhi (Lega): “Ripristinare i piani di controllo del cinghiale e contrastare la peste suina”

La Giunta ripristini i piani di controllo per la caccia al cinghiale, al fine di contrastare la diffusione della Peste suina africana, nelle province di Parma e Piacenza con esclusione dei territori nei Comuni di Zerba e Ottone e adotti “urgentemente un protocollo che consenta di procedere in sicurezza al trattamento delle spoglie e delle carni dei capi abbattuti, operando eventualmente anche in deroga alla destinazione esclusiva disposta dell’allegato tecnico al R.R. 1/2008, con le dovute precauzioni e prevenzioni alla diffusione del virus atte ad isolare, all’interno dei centri di lavorazione carni, i percorsi di manipolazione delle carni e dei visceri prelevati con i piani di controllo da quelli provenienti dalla filiera produttiva e di macellazione di altri animali”.

A chiederlo, in un question time,  Emiliano Occhi (Lega) con una interrogazione firmata anche da Massimiliano Pompignoli, Gabriele Delmonte, Simone Pelloni, Fabio Bergamini, Fabio Rainieri, Daniele Marchetti, Stefano Bargi, Andrea Liverani, Matteo Rancan, Valentina Stragliati, Maura Catellani, Michele Facci e Matteo Montevecchi.

La risposta è arrivata dall’assessore all’Agricoltura e agroalimentare, Alessio Mammi. “Le disposizioni attuate dalla Regione- ha scandito l’assessore- nascono dalla scelta di agire in modo tempestivo e prudenziale, consapevoli dei problemi per gli allevamenti e il settore zootecnico. Siamo leader nella zootecnia e nelle produzioni di eccellenza con un Plv (Produzione lorda vendibile) di 700 milioni di euro. L’Ordinanza della Giunta, rafforza la sorveglianza attiva, la ricerca delle carcasse vicino a Zerba e Ottone. Una sorveglianza già in atto da mesi e voglio dire grazie a cacciatori e volontari”.

Secondo Mammi, “occorre limitare le zone di caccia che facilitano lo spostamento di cinghiali da zone infette. Il piano di controllo del cinghiale, attuato con la delibera del 2021, non è sospeso a Parma e Piacenza, è solo vietato in forma collettiva. Così come è attiva la caccia di selezione”. Il parere della Sanità e l’Unita di crisi nazionale non prevede un percorso differente che se vengono abbattuti cinghiali sani. Nei prossimi giorni ci sarà un provvedimento nazionale per le misure di protezione degli allevamenti di suini: l’unità di crisi regionale valuterà le ricadute sugli animali oggetto dei piani di controllo”. Tante le attività preventive, ha concluso Mammi, fra cui, unica in Italia, un’esercitazione per il rischio di peste suina e presto “finanzieremo nel Psr gli investimenti per aziende e allevamenti contro il rischio di peste suina”.

Occhi ha replicato che “i nodi vengono al pettine, dopo anni di ambientalismo ideologico. A partire dall’Ispra che vieta la braccata nei piani di controllo. Non è stato fatto il controllo di cinghiali e della fauna selvatica. La Regione non prende una posizione chiara. La “girata” è il compromesso migliore per abbattere i cinghiali che la caccia di selezione non può garantire. Attenzione, infine, alla fauna selvatica vagante, perché può diffondere il virus della peste suina”.

Per contrastare la diffusione di questo virus, che costringe, se infetti, ad abbattere tutti i capi di un allevamento, Occhi ricorda che la Regione ha sospeso l’attività venatoria e di controllo, nel Piacentino e in provincia di Parma. Ma questo, continua il consigliere, “non consente di operare il proseguimento dei piani di controllo, quali unici strumenti in grado, stante il divieto di tutte le altre forme di caccia per impedire l’errare tra territori di capi infetti, di contenere la proliferazione incontrollata della fauna selvatica e in particolare proprio dei cinghiali”. Sospendere l’attività di controllo sarebbe utile solo per le zone di confine dell’area infetta, ma non in quelle dove si deve contenere la proliferazione dei cinghiali. Più volte sono stati chiesti piani di controllo efficaci per limitare la proliferazione dei cinghiali, ma senza risultato. Infine, scrive il consigliere, il regolamento regionale prevede che le carni degli ungulati abbattuti con i piani di controllo “avvenga esclusivamente presso un centro di lavorazione carni”. Ma qui arrivano anche carni di diversa provenienza “con il pericolo che si crei promiscuità tra i visceri e le stesse carni lavorate all’interno del centro” e quindi aumenti la diffusione del contagio.

lombatti_mar24