Povertà educativa, un fenomeno in crescita. INTERVISTA a Francesca Bigliardi (CSV Emilia)

SMA MODENA
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Secondo Save the Children, in Italia un minore su sette lascia prematuramente gli studi, quasi la metà dei bambini e adolescenti non ha mai letto un libro, quasi uno su cinque non fa sport.

La povertà educativa è difficile da misurare. Tra i parametri considerati da Openpolis ci sono: la disponibilità di servizi per la prima infanzia, la digitalizzazione, la condizione degli edifici scolastici (a Parma oltre il 20% di questi è vetusto, cioè ha più di 50 anni) e la raggiungibilità delle scuole.

Un altro elemento molto importante da valutare è l’abbandono scolastico: il nostro paese, oltre a essere uno di quelli in cui l’abbandono resta più elevato, è anche ai primi posti per divario tra nativi e stranieri. Tra i giovani nativi (intesi come quelli con cittadinanza del paese di rilevazione) l’Italia è il sesto stato Ue con più abbandoni dopo Romania, Malta, Spagna, Bulgaria e Ungheria.

Alla vigilia della “Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” del 20 novembre, è stata presentata l’indagine “Gli italiani e la povertà educativa minorile – Ascoltiamo le comunità educanti” condotta dall’Istituto Demopolis e promossa dall’impresa sociale “Con i Bambini”. Tra i tanti spunti di riflessione emersi dall’indagine sottolineiamo questi: la diffusione della povertà educativa è un fenomeno grave per il 90% degli italiani. Il 76% degli intervistati lo identifica con la mancanza di accesso ad opportunità di crescita. Per il 57% l’azione di contrasto è oggi ancora più importante rispetto a 2 anni fa. Per il 78% degli italiani, il principale problema dei minori accentuato dalla pandemia è la dipendenza da smartphone e tablet. Per 8 genitori su 10 a bambini e ragazzi in futuro non dovrà mai più mancare la continuità scolastica, ma anche la socialità fra coetanei (69%) e le attività sportive e ludiche (63%).

Proprio alla povertà educativa minorile è dedicata l’ottava edizione di Parma Facciamo Squadra; la raccolta fondi servirà ad accompagnare gli adolescenti in esperienze importanti per la loro crescita dopo questi due anni difficili. Assieme alla raccolta fondi c’è la co-progettazione di azioni che contrastino il fenomeno, realizzate con le associazioni cittadine che si occupano di questi temi.

Ma che cosa è la povertà educativa? Ne abbiamo parlato con Francesca Bigliardi, di Centro Servizi Volontariato Emilia (già Forum Solidarietà).

Un minore è soggetto a povertà educativa – spiega Bigliardi – quando è compromesso o privato il suo diritto a formarsi e ad apprendere, a coltivare le proprie aspirazioni e passioni e soprattutto a sviluppare le proprie competenze e capacità. Non è semplicemente la privazione del diritto all’istruzione, ma comprende anche la compromissione del diritto allo sport, al gioco o di godere delle opportunità culturali viste come esperienza, risorse preziose che fanno crescere.

Parma è una città ricca non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale e sportivo, ma evidentemente questa problematica tocca anche il nostro territorio.

È vero, Parma è una città che offre tante opportunità eppure la povertà educativa esiste. Chi opera nel sociale e in ambito educativo ha riscontrato negli ultimi anni un aumento del numero di abbandoni scolastici, di giovani che si ritirano in casa, ma questo non è l’unico segnale. Il cuore del problema non è tanto la mancanza di offerta di servizi, di concerti, mostre, spettacoli, libri. Il nocciolo è capire come questi eventi possano diventare delle esperienze. Non è il fruire, ma renderle esperienze: questo fa la differenza, perché significa elaborarle e portarle sempre con sé.

Il problema sono dunque gli educatori e le famiglie?

Il problema siamo noi adulti, cioè l’intera comunità educante. Lo strumento più potente che abbiamo per contrastare il fenomeno. La comunità educante comprende tutti: minori, adulti e anziani. Il grande pedagogista brasiliano Paulo Freire diceva: “Nessuno insegna a nessuno, nessuno si educa da solo, tutti si educano insieme”. Anche noi ci educhiamo nel rapporto con i bambini e ragazzi, impariamo gli uni dagli altri, perché ogni generazione ha una visone diversa del mondo ed è uno scambio. Basterebbe rendersi conto di questo, per fare un passo verso il contrasto alla povertà educativa, perché ascolteremmo davvero i bisogni e i desideri dei bambini e dei ragazzi, li prenderemmo più sul serio. I giovani non sanno più immaginarsi un futuro bello per il mondo, non solo per se stessi, il futuro non è più una promessa. Noi ascoltiamo il loro grido? Non abbastanza. Quindi sì il problema sono le famiglie, ma non solo, tutti gli adulti sono parte di questo. A volte noi cresciamo nonostante la famiglia, grazie alle persone che incontriamo e che magari fanno scattare scintille, emozioni intuizioni. Più siamo consapevoli del ruolo che abbiamo rispetto ai giovani in generale e non solo ai nostri figli, più possiamo aiutare a contrastare la povertà educativa.

Quanto la pandemia ha influito sul peggioramento della condizione di povertà educativa?

Tantissimo. È stata tolta la possibilità di fare esperienze concrete. Bambini e ragazzi hanno bisogno di questo, di sentire che c’è una posta in gioco alta, hanno bisogno di sapere che gli adulti gli stanno affidando un compito e di mettere in gioco anche il loro corpo, costruire relazioni di senso, misurarsi con la realtà, tutte cose che ci sono state negate dal lockdown.

Di che numeri stiamo parlando esiste una quantificazione?

Essendo un concetto multi dimensionale è difficile da quantificare. Non abbiamo numeri precisi, abbiamo dei dati sull’Emilia-Romagna che però non esauriscono e non spiegano tutto il fenomeno. Un dato molto interessante sarebbe quello sulla dispersione scolastica che è in forte aumento. Quanti lasciano prematuramente la scuola? Quanti non assolvono all’obbligo formativo? Quanti non lavorano, non studiano e si ritirano in casa? Sarebbe molto importante istituire un “osservatorio permanente sulla dispersione scolastica”, perché il fenomeno si sta aggravando e coinvolge ragazzi sempre più giovani. Non è semplice ma va fatto, perché dovremmo prevenire, non intervenire quando il problema è conclamato. Sono sempre più numerosi i docenti che ci chiedono aiuto, in particolare quelli di scuola media.

Povertà educativa e povertà economica sono sovrapponibili o non necessariamente legate una all’altra?

Non sono sovrapponibili, ma sono unite da un legame di reciprocità. La povertà di mezzi economici può portare a povertà educativa e a godere di meno opportunità. Viceversa, il fatto di non essere immerso in relazioni significative e non avere opportunità culturali dà problemi per esempio a livello occupazionale, in questo ambito le reti sociali sono importantissime per la ricerca del lavoro.

Possiamo però anche avere minori senza problemi economici, ma che dal punto di vista educativo sono poveri perché nessuno li ha mai aiutati ad avere rapporti di senso e a fare “vere” esperienze.

Tatiana Cogo