
Si è conclusa positivamente la vicenda dei giovani pachistani richiedenti asilo che, per oltre una settimana, hanno “soggiornato” sui marciapiedi di strada Cavestro (e prima nei parchi cittadini), protestando silenziosamente per la mancanza di risposte circa la richiesta di protezione internazionale (leggi l’articolo).
Dopo un incontro in municipio fra sindaco, assessori competenti, prefettura e Ciac Onlus a otto di loro è stata garantito un “tetto” nel parmense, così ci ha spiegato il prefetto di Parma Antonio Lucio Garufi.
Ma le possibilità di accoglienza nel parmense sono sempre più ridotte dopo l’arrivo dei rifugiati ucraini e in un contesto nazionale di sbarchi davvero consistente. Quest’anno dal 1° gennaio al 19 ottobre i migranti sbarcati in Italia sono stati 76.394, nel 2021 nello stesso periodo furono 50.677 e 26.168 nel 2020.
“La posizione della Prefettura non è cambiata – spiega Garufi – nel senso che la nostra priorità è sempre quella di rispettare, applicare e attuare le assegnazioni che ci vengono dal ministero dell’Interno che ovviamente, piaccia o non piaccia, si sono moltiplicate in questi mesi. Un po’ per effetto degli sbarchi in Sicilia e un po’ per gli arrivi dal nord est, Trieste e Gorizia in particolare, che sono la porta d’ingresso italiana per chi arriva dall’Asia attraverso la rotta balcanica”.
I ragazzi pachistani hanno fatto richiesta ufficiale a maggio e non hanno ottenuto risposta.
I pachistani arrivati a Parma si sono in qualche modo sottratti al sistema, cioè al circuito nazionale che, come dicevo, è regolamentato. Hanno deciso autonomamente il luogo dove essere accolti.
La norma dice che gli stranieri hanno l’obbligo di dichiararsi al momento dell’ingresso, al primo posto di polizia di frontiera. Queste persone sono molto distanti dalla prima frontiera utile, direi centinaia e centinaia di chilometri. Questi sono i fatti. Si sono rivelati e dichiarati qui a Parma e conseguentemente hanno fatto richiesta di protezione internazionale che fa scattare l’accoglienza.
Detto questo, siamo riusciti ad accogliere otto persone tra quelli che vivevano in situazione precaria. Sono entrati nei posti cas rimasti fra città e provincia. Siamo stati in grado di accoglierli perché ci sono stati allontanamenti volontari e altre persone che hanno lasciato i posti occupati perché ormai autonomi. Ora però il margine per accogliere altre persone si è molto ridotto. Noi cerchiamo sempre di garantire la maggiore sicurezza possibile, ma dobbiamo agire, lo ribadisco, all’interno di un quadro di legge ben preciso.
Ora cosa succede?
Certamente queste persone cominciano il loro percorso di istruttoria della richiesta di protezione internazionale e audizione in commissione asilo.
Ha parlato di ridotte possibilità di accoglienza, qual è la situazione?
Siamo in un momento di forte pressione migratoria, basta andare sul sito del ministero dell’Interno per vedere quanti sbarchi ci sono, in questi mesi noi a fatica riusciamo a soddisfare le assegnazioni che comunque ci arrivano. Per questo abbiamo anche cercato di ampliare il nostro bacino di posti disponibili. Questa estate, precisamente l’11 agosto, abbiamo avviato un avviso per manifestazione di interesse per reperire con procedura d’urgenza ulteriori posti 200, però non c’è stato alcun esito, non si è presentato nessuno. Quindi i posti sono rimasti gli stessi dell’appalto ordinario che si era concluso poco prima della guerra russo-ucraina. Le difficoltà ci sono e sono simili in tutta Italia.
Tatiana Cogo