La sentenza del Consiglio di Stato dà ragione all’Università di Parma: riprendono gli esperimenti sui macachi. LAV: “Oggi non perdiamo noi e 440.000 cittadini, perde la scienza”

SMA MODENA

Il Consiglio di Stato ha riconfermato in via definitiva la validità dell’autorizzazione rilasciata dal Ministero della Salute per il progetto “Lightup”, dell’Università di Torino, condotto in collaborazione con l’Università di Parma per una necessaria fase di sperimentazione su macachi. Essendo stati accertati univocamente, fino al massimo grado della giustizia amministrativa, la validità dell’autorizzazione ministeriale e il rigoroso rispetto di tutte le norme in materia di tutela del benessere animale, la ricerca può riprendere senza più ostacoli.

Nell’esprimere soddisfazione per la favorevole conclusione della vicenda, che conferma quanto già espresso in precedenza dal TAR Lazio sulla piena legittimità del progetto e delle valutazioni Ministeriali su di esso, le Università di Torino e Parma sottolineano con preoccupazione e rammarico il considerevole ritardo accumulato (ben 20 mesi) nelle attività progettuali, nonché le false accuse che sono state rivolte contro dottorandi, ricercatori, personale e istituzioni pubbliche a causa della campagna denigratoria che, per alcuni tratti, ha travalicato i limiti del confronto sereno e del reciproco e doveroso rispetto su questioni tecnicamente complesse e con indubbi, delicati, risvolti etici, sfociando anche in minacce, aggressioni e deturpazioni perpetrate su suolo ed edifici pubblici delle città e degli Atenei coinvolti. Episodi alimentati da notizie che le sentenze di merito di TAR e Consiglio di Stato hanno definitivamente sancito come infondate.

In attesa di leggere le motivazioni, la pronuncia prova oltre ogni ragionevole dubbio l’inattaccabile solidità e correttezza sul piano etico, tecnico-scientifico e formale non soltanto del progetto ma anche dell’iter autorizzativo svolto dagli organismi competenti, Ministero della Salute in primis.

Le Università di Torino e Parma si augurano ora il miglior successo della ricerca a beneficio del progresso delle conoscenze e della salute dei pazienti, auspicando che la vicenda rimanga un monito in merito alle necessarie tutele istituzionali che devono essere garantite alla libertà di ricerca entro il rigoroso rispetto dei principi etici e morali che la caratterizzano.

Ufficio Stampa Università di Parma

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Il Consiglio di Stato ha deciso: possono riprendere dopo alcuni mesi gli esperimenti sul cervello dei macachi chiusi nello stabulario dell’Università di Parma. Finite, per loro, le speranze di salvezza.

Abbiamo combattuto una battaglia per oltre due anni, contro i giganti favorevoli alla sperimentazione animale. Una lotta con cui abbiamo svelato ciò che accadeva in quei laboratori, per questo studio autorizzato all’Università di Torino, finanziato con fondi europei.

“Ci sono voluti mesi solo per ottenere la descrizione del progetto e all’inizio ci avevano risposto che nemmeno esisteva. – commenta la biologa Michela Kuan, responsabile LAV Ricerca senza animali – Leggendo il protocollo ci siamo subito accorti delle forti contraddizioni con quanto previsto dalla normativa, fatto che continuiamo a ribadire, tanto più con l’accoglimento da parte del Consiglio di Stato dei nostri rilievi sui report sulla sofferenza degli animali e, che ora, potremo rendere pubblico nei particolari”.

In questa lunga campagna d’informazione e denuncia numerosi esperti scientifici e legali hanno sostenuto la richiesta LAV di fermare la sperimentazione e liberare gli animali. Psicologi, medici, veterinari, primatologi, contrari a questo esperimento per ragioni scientifiche, e non ideologiche come continuano a sostenere i fautori della sperimentazione animale.

Il Consiglio di Stato ha nei mesi scorsi sospeso lo studio “Light-up” per ben due volte, fatto unico nella storia del nostro Paese, sottolineando che non era stata sufficientemente argomentata la impossibilità di ricorrere ad altri metodi, e che l’eventuale perdita dei fondi legati al progetto era secondario “rispetto alla cecità provocata in sei esseri senzienti, con indubbia sofferenza”.

“Oggi non ha perso solo la LAV, e gli oltre 440’000 cittadini che hanno aderito alle nostre richieste, – prosegue Michela Kuan – ha perso tutta la ricerca, ha perso l’Italia dove si continua a voler difendere una sperimentazione fuorviante, dispendiosa e ancorata al passato, a discapito del diritto e della vita di tutti e dei metodi innovativi di ricerca. Ma questo risultato certo non ci sorprende viste le intimidazioni e le pressioni che ha ricevuto persino il Presidente del più alto grado giurisdizionale, un fatto gravissimo che ha calpestato ogni diritto costituzionale e il comune senso di dignità e rispetto”.

Il Consiglio di Stato, la cui imparzialità è stata messa in dubbio dagli strenui difensori dello studio, ha invece delegato la decisione a un ente esterno, proprio per garantire la massima neutralità, e ha scelto la Fondazione Bietti, Istituto riconosciuto dal Ministero della Salute (quindi non certo vicino alle istanze della LAV ) e che ha prodotto, nonostante l’obbligo di confrontarsi anche con gli esperti indicati da noi, un parere totalmente di parte, non citando nemmeno una riga delle decine di pagine dei pareri depositati da LAV, che smontavano scientificamente il progetto in ogni suo punto: scandaloso che nulla del nostro lavoro trovi traccia nel documento della Fondazione.

Non ci fermeremo qui; abbiamo contribuito ad accendere i riflettori su quanto avviene dietro le porte chiuse dei laboratori, e noi faremo in modo che restino accesi. Non ci arrendiamo davanti al muro che protegge ciò che accade dietro le sbarre di quelle gabbie, che si ostina a promuovere gli stabulari come luoghi di benessere, non cederemo alle pressioni della campagna mediatica di parte che ci ha fatto oggetto di quotidiani attacchi (sono scesi in campo sperimentatori e persino senatori, riempendo i media delle loro argomentazioni, senza possibilità di replica), e renderemo noto tutto il lavoro fatto per sostenere le nostre argomentazioni, durato oltre due anni, compresi quei pareri scientifici ed etologici che continuiamo a ribadire, non sono stati sufficientemente valutati nell’autorizzazione del Ministero della Salute.

Ufficio Stampa LAV