Il Pd di Parma ha scoperto Facebook

SMA MODENA
lodi1

19/01/2013
h.16.40

Il mio partito ha scoperto i social network.
Basta entrare in uno di essi per averne conferma.
Ormai ogni circolo ed ogni esponente del Partito ha il proprio profilo su Facebook e Twitter, con cui commentano, discutono, organizzano eventi e ne pubblicano fotografie e rassegne stampa. Forse per la prima volta si può dire che, almeno sotto questo aspetto, il PD stia guardando al nuovo. In un partito conservatore e autoreferenziale come il mio, già questa novità rappresenta un segnale di un qualcosa di profondo che sta cambiando, ben più profondo della rottamazione o dell’antipolitica di questi tempi.
Questo, ad una prima analisi. Se si va a guardare con più attenzione ai profili Facebook dei vari circoli di Parma e provincia e ai contenuti che essi ospitano (post, articoli, fotografie), si può cogliere un elemento ancora più interessante e significativo: in provincia sembra proprio che siano i giovani ad aver preso in mano questa novità e a gestirla quotidianamente. In città, salvo rarissime eccezioni, la comunicazione è ancora saldamente in mano ai soliti noti, con i risultati che tutti ben conosciamo.
Basta limitarsi a leggere i contenuti o a sbirciare le fotografie caricate sui social per farsi un’idea del fenomeno: la maggior parte dei post dei circoli del PD della città e dei loro esponenti sono spesso null’altro che brevi telegrammi informativi sul tale evento, sulla tale iniziativa in programma, quest’ultima corredata al termine da foto impietose che mostrano un auditorio di partecipanti la cui età media non scende sotto i sessant’anni. Per il resto, il nulla totale.
Curiosando invece tra i profili dei circoli della provincia emerge un utilizzo ben più consapevole e capace dei nuovi strumenti di comunicazione: tali profili sono bene interconessi tra loro, presentano interventi dinamici, talvolta ironici, scritti da penna giovane ed abituata a padroneggiare il mezzo, con fotografie che spesso ritraggono giovani (attenzione: non si parla di dodicenni, ma di venti-trentenni) che fanno politica nel loro territorio, alcuni dei quali già rivestendo cariche di vario livello, dal consigliere comunale al vicesindaco, il tutto senza mai scadere nel banale o nel volgare.
Il PD è un organismo che sta mutando, ed inizia a farlo dalle sue zone periferiche, dove gli irriducibili della poltrona, tutti ex-qualcosa (ex partigiani, ex sessantottini, ex pdessini, ex diessini), si sono visti costretti a cedere per primi il passo ai giovani poiché inevitabilmente hanno meno “potere” rispetto ai loro illustri e ben più maneggioni colleghi della città.
Parma invece fa ancora fatica: la vecchia scorza è resistente e gli ex-qualcosa non mollano l’osso neanche dopo batoste tremende come quella di maggio 2012, pur avendo un grande serbatoio di giovani che invece sanno muoversi eccome; i primi tentano timidamente di imbellettarsi e di spacciarsi per i secondi utilizzando strumenti fino a ieri ignorati (o peggio snobisticamente sbeffeggiati) in maniera grossolana ed inevitabilmente un po’ ridicola, dimostrando apertamente di non possedere mentalità, capacità, conoscenze tecniche e forse il reale interesse nel voler comunicare qualcosa attraverso essi.
Resta da chiedersi quante altre elezioni dovranno perdere gli ex-qualcosa prima di prendere atto che il loro tempo è venuto: non anagraficamente, bensì tecnicamente. Questi ex-qualcosa hanno perso anche il treno della comunicazione ed ora cercano di aggrapparsi disperatamente all’ultimo vagone in corsa: ma non sono capaci o molto più probabilmente non ne hanno voglia.
Basta guardare i loro profili Facebook.

Dario Serventi

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SMA MODENA
lodi1

27/12/2012

Primarie, parlamentarie, elezioni, poli, antipolitica, election day, candidati, poltrone.
Ma la politica, che fine ha fatto?
Al crepuscolo della Seconda Repubblica, in una fase storica in cui i cittadini sono tornati ad essere semplice popolo privo di fiducia nelle istituzioni e negli onorevoli di ogni ordine e grado, l’unica speranza per la politica è saper intercettare il clima di frustrazione e rabbia latente ed essenzialmente comunicare alla gente ciò di cui ha bisogno: fiducia, trasparenza, cambiamento.
Non servono certo dirigenti politici particolarmente illuminati per capire che per riacquistare credito tra la gente basterebbe rinunciare agli ingiustificabili e vergognosi vitalizi e benefit, produrre una legge elettorale che permetta ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti, andare a colpire gli evasori e a premiare gli onesti, tassare gli italiani in base al loro reddito e patrimonio anziché colpire sempre i soliti piccoli risparmiatori, investire nell’istruzione e nella ricerca per dare una parvenza di futuro ai giovani, tra i più disillusi e furenti verso chi li ha resi generazione precaria.
Di più: basterebbe limitarsi a promettere questi semplici concetti per poter ottenere i voti della gente disperata.
Invece no. Tutti i (molti) dirigenti dei partiti attualmente presenti in parlamento parlano di una sola cosa: alleanze. Che tradotto significa: come restare a galla in questa tempesta che loro stessi hanno provocato.
Se PDL, IDV, UDC, SEL e Lega sono di fatto non-partiti, poiché esistenti in virtù dei loro leader Berlusconi, Di Pietro, Casini, Vendola e Maroni i quali devono necessariamente fare di tutto per sopravvivere politicamente pena un loro brusco ritorno al lavoro, il PD avrebbe le carte in regola per guidare la nuova onda di rinnovamento attraverso le primarie, la massima manifestazione democratica di un partito.
Eppure.
Quando George Orwell pubblicò nel 1947 “The Animal Farm”, la feroce e spietata satira del totalitarismo sovietico, andò a colpire al cuore il comunismo russo, l’unica ideologia superstite alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Ed ecco che gli eroici leader della rivoluzione divennero sotto la penna di Orwell i voraci e crudeli maiali che nel nome dell’uguaglianza e del cambiamento sostituirono i vecchi padroni schiavizzando come e più di prima i compagni di rivoluzione. Simboli potenti per altrettanto potenti fatti storici.
Se Orwell fosse vivo nel 2012 e decidesse di scrivere una Animal Farm tutta italiana, non avrebbe bisogno di scomodare maiali, cavalli e rivoluzioni sovietiche.
L’immagine che il sistema politico italiano sta dando di sé, ed ancor più la politica locale ridotta ad una lotta fatta di soli nomi e personalismi senza – salvo rarissimi casi – mai un cenno alla Politica ed alle sue urgenze, più che un’eroica ed insieme tragica rivolta di coraggiosi animali contro padroni crudeli, è quella di tanti cani affamati e rabbiosi che si azzuffano e si scannano tra di loro senza pietà, sperando di riuscire attraverso le primarie a raggiungere le poche ossa rimaste da spolpare.
Chi andrà a votare alle Primarie del Partito Democratico del 29 e del 30 Dicembre dovrà stare attento più che mai a mandare in Parlamento persone vere, libere dagli schemi e dalle logiche di partito, che hanno esperienza, le idee giuste e la necessaria libertà per poterle applicare, e non quei pochi cani affamati in disperata ricerca dell’ultimo posto disponibile, lasciato loro dagli illustri maiali che li hanno preceduti, tra le macerie della politica italiana.

Dario Serventi

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