“Siamo pronti alla lotta dura”

SMA MODENA
lombatti_mar24

02/03/2012

Intervista a Davide Ledda, operaio dell’azienda Cft di Parma che ha messo in mobilità 36 lavoratori.

L’Azienda Cft ha messo in mobilità 36 persone, quindi mettendo a rischio 36 famiglie di Parma. La crisi c’è ed è innegabile. Cosa contestate all’azienda?
Innanzitutto, per quanto ci riguarda, il concetto di crisi è molto relativo. Dopo un triennio in crescendo, l’azienda ha chiuso il 2009 con numeri record, almeno da quanto risulta dai bilanci. Il 2010 ha visto una flessione delle vendite, ma niente di drammatico; dai primi numeri forniti dall’azienda, il 2011 pare chiudersi abbondantemente al di sopra di ogni più rosea previsione.
Ciò che strangola l’azienda in realtà è la forte esposizione finanziaria.
Il primo gennaio è nata una nuova società, risultato della fusione fra la CFT spa, la CFT Packaging di Montecchio Emilia, e la Catelli Holding, con due divisioni interne, Processing e Packaging appunto. Questo nuovo soggetto societario porta in dote 65 milioni di euro di debiti a fronte di un fatturato medio previsto che si attesta intorno agli 80 milioni.
Questa montagna di debiti è in un qualche modo presumibilmente dovuta allo shopping di aziende al quale la Catelli Holding si è dedicata negli anni scorsi, ma anche, e in maniera tutt’altro che trascurabile, alla pessima gestione operata dall’attuale dirigenza. E dalla moltiplicazione dei dirigenti (siamo arrivati ad averne 23 per 220 dipendenti) e relativi benefit, allo spropositato numero di consulenti e consulenze, agli sprechi quotidiani in tutti i settori, alla massiccia esternalizzazione, oltre il 75% del totale, della già totalmente disorganizzata produzione, con drastico calo della qualità che ha moltiplicato i costi di garanzia… il tutto all’insegna della più squallida mediocrità e del più bieco servilismo.
Si vogliono scaricare sulla schiena dei lavoratori, che non hanno alcuna responsabilità, i costi del fallimento e di questa gestione aziendale.
Noi invece pensiamo che i debiti li debba pagare chi li ha creati e che, per il bene di tutti azienda compresa, sia necessario un cambio ai vertici con dei manager degni di questo nome che si impegnino a far sì che la posizione dominante dell’azienda nel mercato mondiale del settore si traduca concretamente in opportunità di lavoro e non in licenziamenti.

Come si sta comportando il sindacato in questa vertenza?
Avendo una tessera FIOM in tasca, non posso che riferirmi a questo sindacato, usando come termine di paragone le due precedenti vertenze che ci hanno visti impegnati a respingere licenziamenti collettivi.
La prima, dovuta alla fusione fra la Rossi&Catelli e la Manzini, si è risolta nel febbraio del 2006 con 40 lavoratori “volontari” in mobilità incentivata dopo una lotta durata svariati mesi; la seconda di relativamente breve durata ci ha visto nel 2010 respingere i 48 licenziamenti grazie a forme di lotta che a Parma raramente negli ultimi decenni sono state praticate, ovvero sciopero ad oltranza con serrata dei cancelli ed embargo totale dell’azienda.
Con l’annuncio delle mobilità comunicato il 30 dicembre del 2011, la FIOM ha messo in campo una serie di iniziative con sciopero che vanno dal volantinaggio al Centro Torri, piuttosto che davanti allo stadio Tardini o davanti alla sede del principale quotidiano cittadino e un presidio durato un paio d’ore sotto i portici del grano.

Quali soluzioni proponete?
Ad oggi sono state totalizzate circa 30 ore di sciopero ma la controparte non ha fatto nessuna apertura. Quindi inevitabilmente verranno fatte altre ore di sciopero.
Se è vero che la lotta paga, è anche vero che la lotta costa.
Ritengo necessario cercare la solidarietà attiva della cittadinanza con l’apertura di una cassa di resistenza realmente funzionante che possa permettere iniziative di lotta realmente incisive e con notevole risonanza, senza escludere il blocco dei cancelli. Si dovrebbe partire col portare fuori dalle quattro mura dell’azienda la vertenza coinvolgendo a sinistra partiti, associazioni e movimenti, creando i presupposti per il coinvolgimento di altre aziende del settore ma non solo, in crisi e non.
Con questo proposito il 27 febbraio abbiamo dato vita ad un comitato di sostegno alla lotta. All’assemblea di lancio hanno partecipato i movimenti, le associazioni, i partiti della sinistra antagonista e tanti singoli attivisti e militanti che hanno a cuore la necessità di sostenerci.
Un comitato d’appoggio alla vertenza con lo scopo di sostenere i lavoratori e la Fiom in modo propositivo. La Cft è la principale azienda metalmeccanica della provincia a nessuno sfugge che l’esito di questa vertenza avrà ripercussioni su tutto il territorio.
Credo che la lotta vittoriosa dei lavora immigrati della Bartolini debba essere d’esempio per tutti sulla necessità di rendere più efficace la mobilitazione.

In questi giorni si parla tanto di abolizione dell’articolo 18. Perché sei contrario a questa riforma?
L’articolo18 di cui tanto si parla come gigantesco ostacolo allo sviluppo del paese è un falso problema. In realtà i padroni, e il nostro caso ne è un esempio, hanno già piena facoltà di poter licenziare collettivamente. Preservarlo, ed anzi estenderlo a chi ancora non lo ha, è una questione di civiltà.
La classe imprenditoriale stracciona del nostro Paese per competere sul tanto osannato mercato globale non conosce altri mezzi se non la distruzione del welfare e la cancellazione di diritti frutto di lotte e di sacrifici. La controriforma dell’articolo 18, tanto cara a Confindustria, serve in realtà a spegnere il dissenso e a preparare il terreno per un’uscita dalla crisi che veda le fabbriche “ripulite” dai lavoratori più coscienti e combattivi, senza dimenticare il valore politico in sè che rappresenta.
Evidentemente ci opporremo a qualunque modifica e lo sciopero con manifestazione nazionale della FIOM del 9 marzo è un primo, corretto passo in questa direzione.

Cosa chiedi alla prossima amministrazione comunale di Parma sul tema della difesa del lavoro nel nostro territorio?
Quello che accade a Parma non può essere slegato da quello che oggi sta avvenendo a livello nazionale ed internazionale. Oggi padroni e governo stanno sferrando un feroce attacco ai diritti dei lavoratori. Credo che i candidati sindaco abbiano il dovere di dire chiaramente se sono dalla parte della macelleria sociale di Marchionne e di questo governo, sostenuto da Pd e Pdl, o se sono dalla parte dei lavoratori e delle loro lotte.
La prossima amministrazione a Parma, dovrebbe mettere al centro del proprio impegno politico il lavoro. Una voce da troppo tempo assente dalla discussione cittadina.
Anche a Parma la crisi morde significativamente e dove ancora non lo fa in maniera decisiva, ci sono imprenditori che strumentalmente la usano per “pulirsi in casa”.
E’ giunto il momento di prendere una chiara posizione in merito, sopratutto, come nel nostro caso, quando l’azienda nasce da una colossale speculazione edilizia. La prossima amministrazione dovrà concretamente impegnarsi affinché tutto ciò non possa ripetersi.

Andrea Marsiletti

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