
14/02/2012
Il ragazzino dovrebbe essere figlio di un emigrante partenopeo e di una “preta pura” brasiliana… Oronzo Canà ha però una teoria tutta sua sulle origini della piccola guida turistica.
L’allenatore nel pallone è un film commedia italiano diretto dal regista Sergio Martino e ambientato nel mondo del calcio italiano. Il film, distribuito nelle sale cinematografiche il 26 ottobre 1984, ha come protagonisti Lino Banfi, interprete dell’allenatore calcistico Oronzo Canà, Camillo Milli e il duo comico Gigi e Andrea.
Il film è diventato un cult per i fan di Banfi (come dimostrano le vendite del recente DVD) e per gli appassionati di calcio, grazie anche ai numerosi protagonisti reali del Campionato di calcio italiano degli anni ‘80 come giocatori, allenatori, commentatori e giornalisti sportivi, più altri sostituiti da comparse.
Oronzo Canà (Lino Banfi), originario di San Severo in provincia di Foggia, è un mediocre allenatore di calcio, soprannominato la Iena del Tavoliere o Vate della Daunia, con esperienze in Serie B nelle società Bari, Brescia, Cavese, Foggia, Pescara, Sambenedettese e Parma, attualmente esonerato dal precedente incarico di allenatore della serie cadetta e in attesa di una nuova occasione nella sua casa di San Severo. Canà si ispira al “barone” Nils Liedholm, del quale ammira la freddezza, la flemma e le capacità tattiche, e spera un giorno di allenare una squadra di Serie A. La grande occasione arriva quando il Commendatore Borlotti (Camillo Milli), presidente della Società Sportiva Longobarda, lo ingaggia per guidare la sua squadra neopromossa nella massima serie.
Dopo la presentazione alla stampa del nuovo allenatore e le promesse di una grande campagna acquisti, il presidente e il nuovo allenatore Canà si recano al residence dove hanno luogo le contrattazioni del calciomercato estivo, prima dell’inizio del campionato. Il presidente farnetica l’acquisto di Rummenigge, Platini e Maradona, ma poi finisce per non ingaggiare nessun giocatore e, anzi, vende i due calciatori più promettenti (Falchetti e Mengoni) alla Juventus. Il tecnico Canà, nonostante la strampalata campagna acquisti, tenta in tutti i modi di mettersi in mostra nel grande palcoscenico della Serie A; per prima cosa, con il benestare del presidente, vola in Brasile accompagnato dall’osservatore sportivo Bergonzoni (Andrea Roncato), alla ricerca di un nuovo talento per la sua Longobarda.
Giunti in Brasile a Rio de Janeiro Bergonzoni si mette in contatto con il socio Giginho (Gigi Sammarchi), i due talent-scout tentano di imbrogliarlo e gli promettono l’ingaggio di alcuni fuoriclasse verdeoro. Prima con Éder, poi ottengono con una scusa l’autografo di Júnior e preparano un finto contratto. Canà si accorge della truffa, i due mediatori allora cercano veramente di metterlo in contatto con un campione brasiliano e puntano su Sócrates. Confidando di poterlo intercettare all’ospedale, essendo il giocatore anche un medico, fanno fingere a Canà un’appendicite perforata, ma il giocatore brasiliano è un ortopedico mentre il medico dell’ospedale è un omonimo chirurgo gastrico. Dopo un diverbio con il medico, Canà finisce veramente operato di appendicite! A questo punto Canà è ormai privo di speranza, ma i due strampalati talent scout lo mettono in contatto con il giovane e sconosciuto Aristoteles (Urs Althaus), con il quale l’allenatore tornerà in Italia.
Alla prima di campionato la Longobarda affronta la Roma e, nonostante aver segnato il primo gol, perde cinque a uno. L’inizio di campionato è un disastro: perde anche con il Verona e la Cremonese, infine dopo sette partite la Longobarda ha totalizzato soltanto 3 punti (tutti in casa). La panchina di Canà è già contestata dai tifosi e dai dirigenti della Longobarda, ma il presidente Borlotti rinnova la fiducia al suo allenatore.
Canà su ordine di Borlotti porta la squadra in ritiro, per ritrovare la forma che è mancata all’inizio del campionato; qui i problemi di adattamento del brasiliano Aristoteles si fanno evidenti, nessun compagno di squadra, infatti, vuole condividere con lui la stanza ed è quindi costretto a dormire con l’allenatore. Canà riesce comunque a rasserenare il giocatore, placando la sua Saudade e facendogli ritrovare la fiducia in se stesso.
Dopo il ritiro, la squadra trova la preparazione e la concentrazione necessarie per affrontare il campionato e il fenomeno Aristoteles esplode. Grazie anche ai suoi gol la Longobarda batte la Sampdoria, l’Ascoli, il Torino, l’Avellino e il Como, totalizzando, 8 punti in 6 partite (nel 1984-85 la vittoria valeva ancora due punti) e volando nei piani alti della classifica.
A questo punto però Speroni (Stefano Davanzati), capitano della squadra e amante della moglie di Borlotti (Licinia Lentini), geloso della fama raggiunta dal compagno di squadra, durante il big match Milan-Longobarda lo infortuna volutamente ad una caviglia, costringendo il giovane brasiliano ad un lungo stop; in virtù di questo, la squadra perde sette a zero con il Milan e infila una serie di risultati negativi che la riportano in zona retrocessione.
Canà, durante una rovinosa trasferta a Torino, in una giornata di nebbia fittissima, vede la propria squadra sconfitta dalla Juventus, insulta l’arbitro e si fa espellere prendendo una durissima squalifica di otto giornate. Durante il periodo d’interdizione cerca di usare la magia Vudù della suocera (Viviana Larice) contro Zico, dell’Udinese, utilizzando un pallone calciato dal medesimo. Secondo le aspettative di Canà la Longobarda avrebbe dovuto vincere 4 – 0 e invece perde, proprio grazie ad una quaterna del fenomeno brasiliano. Le ulteriori sconfitte con il Napoli e l’Inter sembrano aver condannato la squadra alla retrocessione in Serie B.
Alla terzultima partita di campionato Canà tenta di combinare la partita con la Fiorentina parlando con il suo allenatore Picchio De Sisti, nel tentativo di ottenere punti preziosi per la salvezza, ma i due non si capiscono con il risultato che il 50% dell’incasso della partita viene devoluto all’UNICEF e la Longobarda perde cinque a zero, nonostante il ritorno in campo di Aristoteles.
Michelina (Stefania Spugnini), la figlia di Canà, è triste perché crede che, se la squadra sarà retrocessa, suo padre verrà cacciato e non potrà più rivedere Aristoteles, di cui nel frattempo si è innamorata. Queste preoccupazioni danno al brasiliano nuova forza e nella penultima di campionato, contro la Lazio, risolleva le sorti della Longobarda; i gol del carioca, entrato al posto di Cavallo, e la conseguente vittoria danno una nuova speranza alla squadra, che arriva così all’ultima giornata con, in caso di vittoria, la matematica possibilità di restare in serie A.
Arrivati però alla vigilia della sfida decisiva contro l’Atalanta, il patron Borlotti svela le vere intenzioni al suo allenatore: rimanere ai vertici del calcio ha costi troppo elevati e l’ingaggio di Canà aveva il solo scopo di rispedire la squadra immediatamente in Serie B. Perciò il presidente pone Canà di fronte ad un ricatto: egli non dovrà schierare Aristoteles e quindi dovrà perdere la partita, in cambio conserverà l’incarico di allenatore nella stagione seguente con l’ingaggio raddoppiato.
Inizialmente Canà segue le prescrizioni di Borlotti, ma durante il secondo tempo, e con la Longobarda sotto di un gol, condizionato anche dalla figlia, con uno scatto d’orgoglio schiera in campo il brasiliano sostituendo proprio il capitano Speroni (che era d’accordo con il presidente). Questa mossa è decisiva, il brasiliano segna una doppietta e ribalta il risultato regalando alla Longobarda la salvezza nella massima serie. Canà viene portato in trionfo dai tifosi, si ritrova disoccupato ma si prende la sua rivincita con il presidente rivelandogli che sua moglie gli è infedele.
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