
Il 15 ottobre 1970 muore nel manicomio di Pozzuoli Leonarda Cianciulli, la Saponificatrice di Correggio.
Leonarda Cianciulli (Montella, 14 aprile 1894 – Pozzuoli, 15 ottobre 1970) è stata una serial killer italiana.
È passata alla storia come la saponificatrice di Correggio perché pare che, in almeno un caso, abbia smembrato i cadaveri delle sue vittime per bollirli con soda caustica al fine di ricavarne sapone.
Quasi tutto quello che si sa sulla Cianciulli è estratto dal suo memoriale, intitolato Confessioni di un’anima amareggiata, sulla cui autenticità sono stati sollevati numerosi dubbi. Molti sostengono che sia in realtà opera degli avvocati che la difesero al processo e puntavano ad alleggerire la posizione dell’imputata, la quale aveva studiato solo fino alla terza elementare e dunque difficilmente poteva essere in grado di scrivere un memoriale di oltre settecento pagine.
Leonarda, ultima di sei figli, nasce a Montella, un piccolo paese dell’Irpinia, dall’unione di Mariano Cianciulli, allevatore di bestiame, con Serafina Marano, una vedova con altri due figli che l’aveva sposato in seconde nozze.
Si narra che la bella madre, ancora quattordicenne, fosse stata costretta dai genitori a prendere in marito un giovane, tale Salvatore Di Nolfi conosciuto durante un viaggio in carrozza di ritorno dal collegio di suore di Firenze, poiché questi l’aveva rapita e violentata; tuttavia la vicenda della successiva gravidanza indesiderata, dalla quale sarebbe nata Leonarda, è solamente il frutto della fantasia contagiosa di scrittori e giornalisti.
Da bambina Leonarda soffrì d’epilessia; risulta però tutt’altro che veritiera la storia di un’infanzia infelice.
In realtà i tentativi di suicidio si verificarono successivamente, nella primavera del 1941, quando fu condotta nelle carceri giudiziarie di Reggio Emilia.
Nel 1917, all’età di 23 anni, sposa Raffaele Pansardi, originario di Lauria, allora impiegato al catasto di Montella, in aperto contrasto con i familiari che avevano individuato per la sposa, com’era consuetudine all’epoca, un altro marito che le era anche cugino. La Cianciulli, nel suo memoriale, racconta di essere stata maledetta dalla madre alla vigilia delle nozze e d’aver perciò troncato ogni rapporto con lei: un fatto che segnò profondamente la personalità della futura assassina.
La giovane coppia va a vivere dal 1921 al 1927 a Lauria, in provincia di Potenza, e successivamente a Lacedonia. Proprio nel 1930 il terremoto del Vulture è il pretesto che gli sposi adoperano per trasferirsi a Correggio, in provincia di Reggio Emilia. È possibile che si tratti di un modo per sottrarsi ad un ambiente prevenuto; infatti già a Lauria, così come a Montella prima e a Lacedonia dopo, la giovane Leonarda Pansardi, era nota ai compaesani come donna di facili costumi, disonorata, impulsiva, ribelle all’autorità maritale e dedita alla millanteria e alla truffa.
Prova ne sono le precedenti condanne del 1912 (per furto, quando aveva solo 18 anni) e 1919 (minaccia a mano armata di pugnale) a Montella e del 1927 inflìttale nel paese lucano; qui la Cianciulli fu processata e condannata per truffa continuata a dieci mesi e quindici giorni di reclusione, scontati poi nelle carceri di Lauria e Lagonegro, e 350 lire di multa poiché aveva raggirato una contadina del posto dalla quale s’era fatta consegnare denari e oggetti di valore di diverse migliaia di lire; inutile fu il tentativo del suo avvocato difensore di farle riconoscere il beneficio del vizio parziale di mente.
In Emilia, il marito continua a lavorare come impiegato all’Ufficio del Registro, col modesto stipendio di 850 lire al mese, a malapena sufficiente per mantenere decorosamente moglie e figli. La Cianciulli, a suo dire, si organizza per risollevare le sorti della famiglia: beneficiando anche dei risarcimenti devoluti alle vittime del sisma, ha avviato un piccolo ma fiorente commercio di abiti e mobili.
Secondo il memoriale della Cianciulli, sua madre aveva pronunciato contro di lei una maledizione in punto di morte che le augurava una vita piena di sofferenze. Come se ciò non bastasse, anni prima una zingara le aveva fatto una terribile profezia, la cui prima parte recitava: “Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi”.
Mentre a Lauria aveva avuto una cattiva nomea presso i compaesani, a Correggio Leonarda è giudicata al massimo una persona eccentrica, ma è benvoluta e stimata da tutti, considerata una persona affidabile, una madre esemplare e – siamo negli anni del Ventennio – una fervente fascista.
Accoglie in casa sua molte persone che intrattiene con aneddoti e cui offre dolci che ama cucinare; in particolare riceve spesso tre donne, tutte sole e non più giovani, insoddisfatte della routine di paese e desiderose di rifarsi una vita altrove: approfittando di questo loro desiderio, Leonarda le attira nella sua trappola.La predizione (sempre secondo il memoriale) fu veritiera: le sue prime 13 gravidanze finiscono con 3 aborti spontanei e 10 neonati morti nella culla. Solo dopo l’intervento di una “strega” locale, Leonarda riesce finalmente a portare a termine la prima e poi altre tre gravidanze.
Questi quattro bambini diventano per Leonarda un bene da difendere a qualsiasi prezzo. Nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, l’unica figlia femmina, Norma, frequenta ancora l’asilo delle suore; i due maschi più giovani, Bernardo e Biagio, sono rispettivamente militare di leva e studente ginnasiale, mentre Giuseppe, il più grande e il più amato, nonostante sia iscritto a Lettere all’Università di Milano, corre il rischio di essere richiamato al fronte. Al solo pensiero di tale sorte per il figlio prediletto, Leonarda, secondo le sue parole, sarebbe caduta preda dello sconforto. Memore dell’intervento magico compiuto anni prima della strega, e andato a buon fine, Leonarda trova ben presto la soluzione al suo problema: la magia, prendendo così una drastica decisione: fare sacrifici umani in cambio della vita del figlio.
S’inizia a sospettare il reato di associazione per delinquere per il coinvolgimento del prete, Spinarelli, la Cianciulli e il figlio Giuseppe Pansardi che più volte, sotto incarico della madre, aveva spedito delle lettere da Piacenza, spacciandosi per la vittima che assicurava la sua salute, e aveva fatto lavare degli abiti appartenuti alle vittime. Cadono però tali sospetti per l’estraneità dai fatti del prete e di Spinarelli e gli unici sospettati rimangono la Cianciulli e il figlio, che sconterà cinque anni di reclusione per poi essere rilasciato per insufficienza di prove (la madre si prodigò con tutte le sue forze per convincere i magistrati che era l’unica colpevole).
La Cianciulli davanti al commissario Serrao si dimostra molto reticente e rivela i particolari un po’ alla volta: dirà prima di aver ucciso la Cacioppo d’accordo con Spinarelli, distrutto il cadavere tramite saponificazione e aver gettato i resti nel canale di Correggio, poi confesserà solo dopo lunghi interrogatori di aver ucciso anche le altre due vittime.
Infine per i numerosi elementi che riconducevano alla Cianciulli, il rinomato contegno della Cacioppo (che invece la Cianciulli sosteneva fosse in cerca di un uomo) e i reperti d’ambiente (sangue e dentiera appartenenti alle vittime ritrovati nella casa della saponificatrice) si ritenne certo il reato della donna. La Cianciulli allora confessò d’aver ucciso le donne, distrutto i corpi facendoli bollire in un pentolone pieno di soda caustica portata a 300 gradi, creato saponette con l’allume di rocca e la pece greca, disperso i resti nel pozzo nero e conservato il sangue per farlo attecchire al forno e mischiato a latte e cioccolato per farci biscotti.
Questi vennero dati da mangiare ai figli che credeva così di salvare da una morte misteriosa: la Cianciulli si identificava infatti nella dea Teti, perché come lei aveva voluto rendere i figli immortali bagnandoli nelle acque del fiume Stige, così anche la Cianciulli voleva salvare dalla morte i figli col sangue delle sue vittime. La Cianciulli fu dichiarata colpevole quindi, di triplice omicidio, distruzione di cadavere tramite saponificazione e furto aggravato, con la pena di 15.000 lire, trenta anni di reclusione e tre da scontare prima in un ospedale psichiatrico.
Di fatto, la Cianciulli entrerà in manicomio e non ne uscirà più. Muore dopo ventiquattro anni, il 15 ottobre 1970, nel manicomio di Pozzuoli, all’età di 77 anni, per apoplessia cerebrale. Sepolta nel cimitero di Pozzuoli in una tomba per poveri, al termine del periodo di sepoltura, nel 1975, nessuno ne reclamò il corpo e i resti finirono nell’ossario comune del cimitero della città.
Il martello, il seghetto, il coltello da cucina, le scuri, la mannaia e il treppiede, cioè gli strumenti di morte usati dalla Cianciulli per compiere i tre omicidi, sono conservati dal 1949 a Roma nel Museo Criminologico.