
Il 18 Settembre 1938 dal municipio di Trieste Benito Mussolini proclamava per le prima volta l’entrata in vigore delle Leggi Razziali, finalizzate a limitare i diritti di tutti coloro che fossero di origine ebraica o professassero l’ebraismo. Il regime fece allestire un enorme palco in Piazza dell’Unità sovrastato dalla scritta Dux, e dal balcone del palazzo comunale, di fronte ad una folla oceanica, Mussolini dichiarò che “L’ebraismo mondiale è stato… malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del fascismo…”.
Mentre riconosceva il valore di quegli ebrei italiani che avevano dimostrato “indiscutibili meriti militari o civili nei confronti dell’Italia e del regime” ed accennava ad una non precisata forma di giustizia e tutela nei loro confronti, per gli “altri”, dichiarava Mussolini “si seguirà una politica di separazione. Alla fine il mondo dovrà forse stupirsi più della nostra generosità che del nostro rigore.”
La legge fascista considererà ebrei coloro nati da genitori entrambi ebrei, da un ebreo e da una straniera, da madre ebrea e padre ignoto, o i figli di genitori ariani che avessero deciso di professare la religione ebraica. La dichiarazione del 1938 segna così nei confronti della comunità ebraica italiana l’inizio di una serie di provvedimenti discriminatori, in vigore fra il 1938 e il 1945 inizialmente nell’Italia fascista e poi nella Repubblica di Salò, che porteranno alla prigionia e alla deportazione di almeno 8.529 persone.
Alessandro Guardamagna