
Il 20 marzo 1916 Albert Einstein pubblica la sua teoria della relatività.
In fisica con teoria della relatività, o semplicemente relatività, si intendono in generale le trasformazioni matematiche che devono essere applicate alle descrizioni dei fenomeni fisici nel passaggio tra due sistemi di riferimento in moto relativo tra loro, secondo il principio di relatività.
L’espressione è usata anche nel linguaggio comune per riferirsi alle teorie della relatività ristretta o della relatività generale di Einstein, in quanto esempi più noti del principio di relatività.
Con Albert Einstein, la teoria della relatività ebbe un ulteriore sviluppo ed oggi si tende ad associare a tale teoria il nome del fisico tedesco. La sua teoria si compone di due distinti modelli matematici, che passano sotto il nome di:
– Teoria della relatività speciale;
– Relatività generale.
La relatività ristretta, chiamata anche relatività speciale, fu presentata da Einstein con l’articolo Zur Elektrodynamik bewegter Körper (elettrodinamica dei corpi in movimento) del 1905, per conciliare il principio di relatività galileiano con le equazioni delle onde elettromagnetiche.
Precedentemente, a tal fine, erano state proposte alcune teorie che si basavano sull’esistenza di un mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche, chiamato etere; tuttavia, nessun esperimento era riuscito a misurare la velocità di un corpo rispetto all’etere. In particolare, grazie all’esperimento di Michelson-Morley fu dimostrato che la velocità della luce è costante in tutte le direzioni, indipendentemente dal moto della Terra, non risentendo così del cosiddetto vento di etere; la teoria di Einstein scarta del tutto il concetto di etere, che oggi non viene più utilizzato dai fisici.
I postulati della relatività ristretta si possono così enunciare:
– primo postulato (principio di relatività): tutte le leggi fisiche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali;
– secondo postulato (invarianza della luce): la velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dalla velocità dell’osservatore o dalla velocità della sorgente di luce.
È possibile verificare che le trasformazioni di Lorentz soddisfano il secondo postulato: se per un osservatore in un sistema di riferimento inerziale la velocità della luce è c, tale sarà per un qualunque altro osservatore in un sistema di riferimento inerziale in movimento rispetto al proprio.
Le leggi dell’elettromagnetismo, nella forma dell’elettrodinamica classica, non cambiano sotto le trasformazioni di Lorentz, e quindi soddisfano il principio di relatività.
La nota formula relativistica E = mc2 prende in considerazione:
E = energia cinetica, espressa in Joule (= N·m = W·s = kg· m²/s²);
m = massa, espressa in chilogrammi (kg);
c = velocità della luce, espressa in m/s (299 792 458 m/s, generalmente approssimata a 300 000 Km/s). Pertanto c2 ≈ 9 × 1016 m²/s².
L’enorme fattore di conversione che lega la massa e l’energia spiega come concentrando un grosso quantitativo di energia si possa creare una piccola quantità di materia (= E/c2), e anche come partendo da una piccolissima massa si possa ottenere molta energia. La conversione di un chilogrammo di materia (equivalente a 90 000 TJ, ossia a 25 miliardi di kW h = 25 000 000 MWh = 25 000 GWh = 25 TW h) coprirebbe, in pratica, il consumo mensile di energia elettrica in Italia, che nel 2004 è stato in media di 25 374 GWh (nell’intero anno 2004 è stato di 304 490 GW h).
L’equazione di Einstein è stata costantemente verificata nei fenomeni fisici macroscopici: ad esempio nel Sole ogni secondo 4.500.000 tonnellate di idrogeno si trasformano, mediante il processo di fusione nucleare, direttamente in energia, ossia in radiazione elettromagnetica, per l’astronomico valore di 4,05 × 1026 joule, che espresso in wattora equivale a 112 500 000 000 TWh (nel 2005 la produzione mondiale di energia elettrica è stata di 17 907 TWh, equivalenti a 716,28 kg di materia). Ma l’equazione vale anche a livello subatomico (fisica quantistica): le collisioni tra particelle elementari (elettroni, protoni e neutroni) generano nuove particelle aventi complessivamente la stessa energia (massa), così come dagli urti tra fotoni scaturiscono coppie elettrone-positrone, che si annichiliscono tra loro trasformandosi nuovamente in fotoni (energia).
Nei processi fisici che non coinvolgono reazioni nucleari è possibile enunciare una legge di conservazione della massa, scoperta da Lavoisier, e una legge di conservazione dell’energia (primo principio della termodinamica), alla cui scoperta hanno contribuito nella seconda metà dell’Ottocento diversi scienziati (Joule, Carnot, Thomson, Clausius e Faraday): nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Einstein, però, ha compreso e dimostrato che il principio di conservazione, complessivamente inteso, coinvolge la materia-energia, considerate non più come due realtà separate bensì unitariamente, dato che l’una può trasformarsi nell’altra secondo una precisa relazione matematica nella quale massa ed energia si equivalgano: poiché la massa non è altro che una forma di energia, essa non si conserva separatamente, ma si aggiunge all’energia cinetica e all’energia potenziale nell’enunciare la conservazione dell’energia meccanica.