5 dicembre 1746: a Genova il Balilla dà l’avvio alla rivolta

SMA MODENA
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Il 5 dicembre 1746 a Genova il Balilla dà l’avvio alla rivolta popolare che cinque giorni più tardi porterà alla cacciata degli austriaci.

Giovan Battista Perasso, detto Balilla è una popolare figura storica di patriota della Genova del Settecento.

La sua reale identità è rimasta dubbia ma in lui viene identificato il giovane da cui il 5 dicembre 1746 prese le mosse la rivolta popolare contro gli occupanti dell’impero asburgico (durante la Guerra di Successione austriaca) nel quartiere genovese di Portoria.

La popolazione venne incitata dal ragazzo a sollevarsi attraverso il lancio di un sasso contro le truppe austro-piemontesi che sotto il comando del ministro plenipotenziario Antoniotto Botta Adorno occupavano la città, a quel tempo alleata con i francesi e gli spagnoli. Il 10 dicembre 1746 la città fu così liberata dalle truppe austriache.

L’arroganza dei soldati austriaci, che pretendevano di essere aiutati ad estrarre fuori dal fango un pezzo di artiglieria, fu la miccia che fece esplodere la risolutiva, per le sorti di Genova, rivolta popolare.

“Che l’inse?”, il celebre grido con cui il Balilla diede l’avvio alla rivolta, è una tipica forma interrogativa della lingua ligure pre-ottocentesca che prevedeva l’uso della congiunzione che seguita dal congiuntivo. Il verbo “insâ”o “inçâ” è transitivo e significa “cominciare a consumare qualcosa” (ad esempio una torta) o “dare inizio a qualcosa” (ad esempio una lite). In questo caso può essere tradotto con “La comincio?” ovvero “Volete che cominci”.

Come ricorda il giornalista e scrittore Paolo Lingua nel suo libro Breve storia dei Genovesi, il mito del Balilla fu alimentato e ingrandito principalmente in pieno Risorgimento, ovvero cento anni dopo gli accadimenti che portarono alla rivolta popolare contro le truppe austro-piemontesi guidate dal plenipotenziario asburgico Antoniotto Botta Adorno.

La sua figura fu poi ulteriormente enfatizzata, sempre in chiave fortemente patriottica, nel ventennio dell’era fascista, anche attraverso la creazione dell’Opera nazionale balilla.

Per lo storico Federico Donaver il monumento eretto a ricordo dell’episodio di Portoria rappresenta, oltre che l’eroe in sé stesso, “l’ardire generoso d’un popolo che, giunto al colmo dell’oppressione, spezza le sue catene e si rivendica la libertà”.