
All’inizio di gennaio del 1979 l’esercito vietnamita occupava Phnom Penh, capitale della Cambogia, costringendo Pol Pot e i Khmer Rossi a ritirarsi precipitosamente nella giungla. Era arrivata la fine del regime di Pol Pot proprio ad opera di truppe del governo di Hanoi che dai primi anni ’70 aveva sostenuto la lotta dei guerriglieri comunisti cambogiani contro il governo filo-americano di Lon Nol.
Dopo aver preso il controllo di Phnom Penh nell’aprile 1975, Pol Pot ed i suoi collaboratori instaurarono un brutale regime. Sotto la spinta di realizzare una rivoluzione agraria che trasformasse lo stato e ne recuperasse gli antichi valori culturali, il regime khmer si renderà responsabile di un genocidio che in tre anni e mezzo causò la morte di quasi due milioni di persone e che sarà fatto conoscere all’opinione pubblica mondiale.
Contemporaneamente Pol Pot iniziò a contrastare i tentativi di espansione del Vietnam in Indocina. Nel 1978 le scaramucce di confine tra i due stati degenerarono in una guerra aperta, che le milizie khmer avevano scarse probabilità di vincere contro un esercito organizzato come quello di Hanoi.
Dopo che le truppe vietnamite invasero la Cambogia, venne insediato a Phnom Penh un governo fantoccio accettato dai comunisti moderati. Pol Pot portò avanti la sua lotta personale dalla giungla, in cui per quasi vent’anni continuò a guidare i Khmer Rossi, fino alla morte avvenuta nel 1998 per cause apparentemente naturali.
Il governo cambogiano richiese di poter effettuare l’autopsia sul cadavere, ma questo venne cremato pochi giorni dopo rendendo impossibile accertarne l’identità e le cause del decesso. Alla notizia della sua scomparsa ricevette l’omaggio del segretario del Partito Marxista-Leninista Italiano.
Alessandro Guardamagna