
Alle 8.10 dell’8 agosto 1956 un incendio divampò nella miniera di carbone Le Bois du Cazier a Marcinelle nei pressi di Charleroi, in Belgio.
Una piattaforma prese fuoco a causa del danneggiamento di due cavi dell’alta tensione. Il corto circuito fece incendiare 800 litri di olio in polvere e le fiamme avvolsero rapidamente le strutture di legno. Degli operai che erano discesi durante il primo turno di lavoro, solo 7 riuscirono a tornare in superficie, tra le volute di fumo nero che preannunciava la tragedia che stava avvenendo. In totale si salvarono in 12. L’incendio non sembrava aver toccato i livelli più bassi della miniera e per giorni si sperò di potere estrarre ancora vivi i lavoratori che vi si trovavano.
Fu solo però il 23 di agosto, dopo due settimane dall’incidente, che, mentre le famiglie dei minatori erano ancora attesa fuori dall’impianto, si riuscì a raggiungere il livello più profondo della miniera, a un chilometro sottoterra dove erano rimasti intrappolati i minatori del primo turno. Secondo quanto venne riferito, il commento lapidario dei soccorritori fu: “Tutti morti”. Li trovarono a 1.035 metri di profondità, uccisi dalle ustioni, il fumo e i gas tossici, ammassati gli uni sugli altri, nell’ultimo disperato tentativo di sfuggire alla morte.
Il disastro aveva ricalcato altri già avvenuti all’interno di miniere di carbone, con un incendio che colpiva la vena sotterranea per poi propagarsi a tutti i livelli, intrappolando i minatori.
La carenza di manodopera che il Belgio aveva conosciuto nel secondo dopoguerra aveva attratto molti immigrati, soprattutto Italiani. L’Italia nel 1946 aveva stretto un accordo commerciale “minatori-carbone” con il governo di Bruxelles dove gli i lavoratori venivano dati come manodopera per ottenere forniture di minerale. Furono ben 47.000 quelli inviati in Belgio nel 1956, come vera e propria merce di scambio.
Uno dei primi risultati del disastro fu l’interruzione immediata dell’accordo sull’immigrazione tra i due paesi. Gli Italiani trovarono enormi difficoltà di integrazione con i Belgi, almeno fino a quel tragico 8 agosto. Anni dopo i fatti di Marcinelle Patrick Baragiola scrisse sul quotidiano Le Monde: “Il nostro vicino, che non la smetteva mai di insultare mio padre, è entrato da noi piangendo» racconta il figlio di un minatore… “La comunità italiana del Belgio ha pagato con il sangue il prezzo del suo riconoscimento”.
In seguito alla tragedia il governo belga avviò una conferenza sulla sicurezza e nel settembre del 1956 istituì la Commissione per la Sicurezza nelle Miniere, incaricata di monitorare le procedure di sicurezza nei complessi di estrazione e lo sviluppo di nuove normative. Queste attività portarono ad un miglioramento delle condizioni di lavoro nelle miniere belghe a di altri stati europei.
Il complesso minerario di Marcinelle è ora patrimonio dell’UNESCO. Divenne Museo dell’Industria dopo che la miniera fu definitivamente chiusa e una parte del museo ospita tuttora un monumento a quei lavoratori che vi persero la vita.
Alessandro Guardamagna