La politica torni a ragionare di città. INTERVISTA a Dario Costi

SMA MODENA
lombatti_mar24

Rimangono pochi giorni a disposizione del pubblico (fino al 19 dicembre) per visitare la mostra a Palazzo Bossi Bocchi “Parma città d’oro. Scenari da condividere tra Storia e Progetto”, curata da Dario Costi, Francesca Magri e Carlo Mambriani (giovedì dalle 15.30 alle 18; sabato e domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18).

La mostra è stata realizzata da Fondazione Cariparma e dal Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Parma con il supporto di Sinapsi Group, e consiste in cui una serie di progetti coordinati, esiti di tesi di laureandi e dottorandi dell’Università di Parma, messi in relazione con dipinti, disegni e documenti storici conservati nelle Collezioni d’Arte di Fondazione Cariparma.

Abbiamo intervistato Dario Costi, professore di Architettura dell’Università di Parma.

Ci avviciniamo alla conclusione della mostra che chiude il prossimo 19 dicembre. Come è andata?

Davvero molto bene! Molto oltre le migliori aspettative. Come ha ricordato Francesca Magri pochi giorni fa (leggi) la mostra rimane allestita anche il mese di gennaio per fare in modo che le classi delle scuole che lo hanno richiesto possano venire. Sono 108. Vuole dire che oltre 2000 giovani cittadini ed i loro professori si stanno interessando alla città, alla sua storia, al suo presente e soprattutto al suo futuro. Se a queste presenze si aggiungono i tanti parmigiani che sono venuti da soli o in gruppo, si capisce facilmente che la Civitas – città delle anime – si sta interessando dell’Urbs – città delle pietre – e che insieme queste due dimensioni del concetto latino di città possono lavorare in futuro portando risultati positivi.

Ho scritto che è il più importante progetto di ripensamento della città dai tempi di Maria Luigia (leggi). Come i parmigiani hanno accolto questa proposta?

Con un misto di stupore e di naturalezza. L’affermazione ricorrente è stata: «davvero si può fare!» Un visitatore – Mauro del Grosso (leggi: Parma città d’oro: una mostra che vuole bene a Parma – di Mauro Delgrosso)- che ha voluto scriverne ha parlato dell’«Uovo di colombo», una soluzione a portata di mano per certi versi semplice e facilmente comprensibile. In effetti molte cose sono già predisposte ad essere connesse e integrate da micro-interventi di chirurgia urbana. Se davvero vogliamo una città verde accessibile e accogliente, se vogliamo immaginare una transizione ecologica basata sulle relazioni umane prima ancora che urbane possiamo farlo con una programmazione coerente e coordinata di interventi. Se vogliamo determinare la transizione dal paradigma della «città dell’automobile» al paradigma della «città delle persone» di cui spesso parlo, oggi abbiamo un progetto urbano partecipato e condiviso che può essere da subito realizzato. Quello che stiamo presentando a Parma come una visione strategica è già realtà in tante città europee. Come dicevano i visitatori: davvero si può fare!

Ambiente e partecipazione sono le questioni centrali che emergono. Che riscontri hai avuto su questi temi

Ambiente e partecipazione sono due grandi questioni su cui lavoriamo da anni. Sono anche due temi su cui i parmigiani chiedono un impegno speciale. La città dovrà dedicarsi molto di più. Questo i visitatori della mostra ce lo hanno detto chiaramente. Come sai, con Parma Urban Center abbiamo provato per molti anni a sviluppare un luogo dedicato per la partecipazione e la condivisione delle scelte. Questo tentativo non ha trovato esito ma non demordiamo. La condivisione delle scelte è un fatto democratico che è diventato ineludibile. Pensiamo non da oggi a un sistema permanente di confronto pubblico e di coinvolgimento della popolazione nel destino della città che potrà abitare. Dovrebbe essere una regola non una speranza.

Molto interessati sono stati l’Atlante Civile dell’Architettura e il tentativo che prefigura di discutere le destinazioni del patrimonio tra i vari soggetti istituzionali che possono ragionarne. Pensi che possa davvero essere utilizzato?

Abbiamo redatto l’Atlante civile per studiare la straordinaria dote del patrimonio storico a vocazione collettiva. Nel Centro storico ci sono almeno 83 edifici di interesse pubblico su cui sviluppare un ragionamento strategico che porti ad azioni coordinate dei vari soggetti istituzionali. Fare sistema non è una delle qualità più evidenti di Parma ma davvero oggi non è poi così complicato sedersi attorno a un tavolo e ragionarne. Ci vorrebbe una regia pubblica interessata a rilanciare la città sui temi dell’attrattività, delle identità, delle eccellenze e delle potenzialità di sempre per immaginare una prospettiva di riallineamento di Parma con le altre città nazionali ed europee del suo livello. Per non andare troppo lontano basti ricordare come Reggio Emilia vedrà realizzata una metropolitana di superficie che collegherà la Mediopadana con il centro storico e il nord della città. La nostra vicina vedrà anche l’attivazione di un collegamento di una navetta di guida autonoma tra la Stazione dell’Alta Velocità e Max Mara. Proprio sui temi della mobilità sostenibile – individuale e collettiva – abbiamo un gap evidente da recuperare. Ma ora abbiamo uno scenario praticabile: grazie alla mostra abbiamo una proposta di sistema ragionata e verificata in ambito tecnico-scientifico che potrà essere sviluppata e attuata negli anni. Speriamo che qualcuno voglia presto iniziare a ragionare di questi temi che consideriamo davvero cruciali per il destino della città. Non ti nascondo che la politica è stata un po’ lontana dal merito.

Come sono andate le votazioni de La stanza della condivisione?

Abbiamo alcuni scatoloni pieni di votazioni da spulciare e da controllare. Anche solo il gesto di dare in mano ai visitatori la scheda utile a raccogliere le loro preferenze a metà percorso ha attivato in loro una chiara assunzione di responsabilità. Abbiamo visto i parmigiani di ogni età ragionare sul futuro della città in maniera davvero appassionata. Tornare a pensare alla città del bene comune è un primo risultato che la mostra può rivendicare. La Fondazione ha, tra gli altri, il merito storico di aver formato sui temi urbani tantissimi adulti, ragazzi e bambini. Il percorso di conoscenza della città della mostra che è stato offerto alle scuole elementari da un gruppo di guide bravissime ha un significato particolarmente importante. Le forme delle città sono state la partenza per un percorso di riconoscimento dei luoghi che i piccoli cittadini hanno visitato con una nuova consapevolezza. Li hanno ridisegnati, compresi e fatti propri. Speriamo che questa esperienza sedimenti in loro un senso di appartenenza. E che questo senso di appartenenza sia una partenza di felicità. In mostra abbiamo voluto mettere una bellissima poesia di Pier Paolo Pasolini che inizia così: «Parma, il viale e il riso di mia madre … » Una città, un luogo e i suoni con la memoria degli affetti che ci hanno reso felici da piccoli sono le àncore affettive della nostra crescita come individui prima che come cittadini.

Come dare concretezza a tutto questo lavoro?

A chi mi ha chiesto questo nella mostra ho sempre risposto con le parole di Sabino Cassese. La Democrazia è difesa da due elementi: quelli che possiamo definire i contrappesi di salvaguardia – l’alternanza dei tempi elettorali, le due Camere – e la Società civile. Ebbene, penso anche io con lui che la Società civile debba ritrovarsi e riorganizzarsi per avere voce in capitolo e ottenere considerazione. Non solo a Parma ma in tutta Italia l’interessarsi alla cosa pubblica non è affatto scontato. Si registrano però segnali incoraggianti come la partecipazione alla mostra di cui stiamo ragionando, lo stabilizzarsi lento ma progressivo degli Urban Centers anche nel nostro Paese (anche se non a Parma), la capacità di mobilitazione su alcune tematiche che vediamo attivarsi grazie anche alle nuove tecnologie social in logiche nuove di condivisione. Spero che i cittadini di Parma che sono venuti in mostra abbiano capito che una città diversa da quella che abbiamo ereditato è possibile e spero ancora di più che possano dedicare passione alla possibilità che si concretizzi. Se non ci sarà questa spinta diffusa, se non verrà lanciata questa sfida collettiva non ci saranno possibilità di cambiare le cose da come le abbiamo trovate.

Allora presti il fianco alla domanda finale: potrà quindi avere sviluppi politici?

Lo so che volevi arrivare a questo punto! Ma non avrai la risposta che cerchi, anche se lo scenario che vediamo delinearsi, giorno dopo giorno, è sempre più preoccupante. Piuttosto spero proprio che le questioni che sono al centro del nostro impegno di questi anni – l’urgenza di una visione strategica, la transizione ecologica, il cambio di paradigma dalla città delle automobili alla città delle persone, la centralità dei temi ambientali, la necessità di coagulare nuovamente una comunità rinnovata, la partita decisiva dell’attrattività nazionale ed internazionale – possano essere oggetto di un dibattito ampio, trasparente e positivo. E che la politica torni a ragionarne seguendo l’esempio delle tantissime persone che lo hanno fatto in questi mesi, riscoprendo il gusto e l’importanza dell’impegno civile.

Andrea Marsiletti