Chi mi conosce sa che, in questi anni, ho sempre cercato di rimanere fuori dall’ “agone politico e mediatico”, ma ritengo che sia venuto il momento di chiarire cosa sia accaduto nei 9 anni di mio assessorato.
Il debito del Comune di Parma era reale! E per la precisione era di 807 mln di euro nel 2011.
Da più parti, sento citare la relazione dell’Assessore Capelli del 9 ottobre 2012, in maniera decontestualizzata.
Tale relazione è stata prodotta in un momento molto delicato per il Comune di Parma. Si usciva da un commissariamento e l’Amministrazione entrante doveva ancora comprendere appieno la situazione del debito. Le banche, i creditori e i fornitori erano alle porte per pretendere, giustamente, quanto a loro dovuto. Era necessario analizzare l’architettura del “sistema Parma” velocemente, per comprendere e agire, ma i tempi erano a dir poco ridotti (non passava settimana in cui l’Avvocatura Comunale non ricevesse decreti ingiuntivi).
Le società partecipate che vantavano, esse stesse, crediti nei confronti del Comune di Parma, chiedevano garanzie e bisognava dare “rassicurazioni”. I dipendenti dell’Ente, tutt’oggi ricordano le richieste di pignoramento, i decreti ingiuntivi e le telefonate per “calmierare” una situazione “esplosiva”.
Le cose non erano chiare, soprattutto sulle società partecipate. A pag. 7 Capelli scriveva “devo confessare la difficoltà di ricondurre a unità le decine di partecipazioni societarie del Comune. Il panorama è assai variegato”.
A pag. 8 e 9 parlando di Parma Infrastrutture SpA si chiarisce che si cercherà “di dare sollievo ai suoi creditori e prevenire situazioni potenzialmente devastanti per la città. (…) consapevoli di dover gestire una situazione complessa e potenzialmente pesantissima per la Città”.
La relazione di Capelli aveva un obiettivo: esporre, in maniera rassicurante, una situazione molto complicata, di cui lui stesso non possedeva tutti i dati.
Ma i dati sul debito, cominciava a ricostruirli, tanto da inserirli puntualmente nella relazione stessa e permettere un’ipotesi di debito consolidato:
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a pagina 5 parlava del debito delle società al 31.12.2011 pari a 607.839.879 euro,
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a pagina 1, sottolineava come l’indebitamento del Comune verso banche, sempre al 31.12.2011, ammontasse a 165.001.297,27 euro,
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inoltre a pagina 2 parlava del debito in conto capitale del Comune nei confronti dei fornitori, che ammontava a 70.180.769,82, specificando a pagina 3 che per euro 37.442.463,52 si riferivano a debiti nei confronti di società partecipate (Parma Infrastrutture e STU Stazione) e quindi da elidere nelle partite infragruppo, restando a questo punto debiti per 32.738.306,3 euro.
Ora se la matematica non é un’opinione:
607,8 + 165,0 + 32,7 = 805,5 mln di euro è il debito consolidato calcolato dall’Assessore Capelli.
Il Commissario Ciclosi sosteneva che il debito consolidato ammontasse a 867 mln, e l’Ateneo di Parma a cui nel 2014 è stata commissionata una ricerca ad-hoc, ha certificato 807 mln di euro (questi sono tutti documenti pubblici e scaricabili dal sito sulla Trasparenza del Comune di Parma).
Qualcuno, in questi giorni, ha commissiona una ricerca ad un Centro Studi Enti Locali di Pisa (società privata), e la cita come fonte di conferma dell’inesistenza del debito stesso (sarebbe interessante leggere almeno la relazione in questione, cosa che non è possibile fare, in quanto la relazione non è pubblica). Mi permetto di sottolineare come l’autorevolezza dell’Ateneo di Parma sia fuori discussione. Perché non chiedere ai dottori commercialisti della nostra città? Molti di loro sono stati validissimi amministratori delle nostre società partecipate in questi anni. Perché non chiedere alla società di consulenza a cui il Commissario aveva affidato un incarico di studio finalizzato alla razionalizzazione societaria e alla ricognizione dell’indebitamento finanziario e operativo delle partecipate? Perché non chiedere alle società di consulenza coinvolte dall’assessore Capelli e dal sottoscritto, che ci hanno aiutato a chiudere i piani di ristrutturazione del debito? Perché andare sino a Pisa quando a Parma si trova tutto quello che serve per capire?
L’Assessore Capelli chiude la sua relazione (pag.12) affermando “che l’attuale legislatura si caratterizzerà come una legislatura di risanamento; se saremo abili e fortunati, possiamo sperare che l’ultimo periodo possa consentire di ritornare a comuni canoni di amministrazione”. Inoltre, sottolinea come sia doveroso “rammentare che la Corte dei Conti ha acceso, da tempo, un faro sul nostro Ente. Nei prossimi giorni è atteso l’esito dell’attività della Corte circa il bilancio di esercizio 2010”.
Tale esito è arrivato, non dopo giorni, ma dopo due anni, l’11 giugno 2014, con la deliberazione 148/2014 della Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per l’Emilia-Romagna, in cui si parlava di bilancio 2011, 2012, 2013, ma anche 2010 e precedenti.
La Corte dei Conti faceva una cronistoria di quanto accaduto nel Comune di Parma e invitava l’Ente a porvi rimedio. Una deliberazione (di 56 pagine) che ha fatto storia, in Emilia Romagna, ma anche in Italia, laddove ci sono stati problemi di razionalizzazione e indebitamento delle società partecipate e degli enti locali soci. Una deliberazione citata nei convegni come esempio per la cura di sistemi “malati”.
La Corte dei Conti a pag. 4 esordiva spiegando come “dall’esame della relazione trasmessa dall’Organo di revisione dei conti del Comune di Parma, relativa al rendiconto dell’esercizio 2010 è emersa, quale principale criticità, la complessa e variegata costituzione negli anni di un sistema di partecipazioni societarie strutturato su un elevato numero di società, molte delle quali fortemente indebitate e con ripercussioni pregiudizievoli per l’Ente”.
Alcuni continuano a sostenere che l’attivo coprisse “abbondantemente” il passivo nei bilanci delle società del Gruppo. E’ bene ricordare come l’equilibrio “formale” sia diverso da quello “sostanziale”, ovvero, poste dell’attivo sopravvalutate, patrimonio indisponibile senza contropartita nelle riserve, esposizioni debitorie latenti (vedi costi scaricati sulle società del gruppo, di cui dirò dopo), andavano ad incidere pesantemente sulla valutazione dell’Attivo che solo “formalmente” era capiente. In merito all’Attivo maggiore del Passivo e quindi di una “differenza positiva” tra debiti e crediti, tra valore degli immobili e mutui contratti per acquistarli, la Corte dei Conti a pag. 51 è chiarissima: “L’analisi effettuata ha messo in luce un assetto delle partecipazioni eccezionalmente esteso, difficilmente governabile e in buona parte non giustificato da reali esigenze organizzative e funzionali. Tale assetto ha favorito la creazione, almeno in alcuni casi, di rilevanti esposizioni debitorie delle partecipate, in particolare nei confronti del sistema bancario, e dello stesso Comune, esposizione che si è realizzata in passato anche attraverso lettere di patronage” (- che tutt’oggi sono depositate in Banca d’Italia e “gravano” sulla testa del Comune di Parma – ndr). “E’ necessario proseguire con determinazione nell’opera di razionalizzazione avviata da tempo” (…) “Vi è la necessità di presidiare con particolare attenzione le diverse gestioni societarie in essere, sussistendo il concreto rischio di gravi riflessi negativi sul bilancio e sul patrimonio dell’Ente, considerato che l’elevata patrimonializzazione di alcuni degli organismi partecipati con consistente indebitamento presenta un non agevole grado di realizzabilità per la natura stessa delle relative immobilizzazioni”.
Ho più volte cercato di spiegare, evidentemente con scarsissimi risultati, ai sostenitori della teoria “dell’Attivo maggiore del Passivo”, quanto il debito fosse una situazione reale e pesante provando a ri-utilizzare lo stesso esempio fatto dall’Assessore Capelli. Se una famiglia si è indebitata per comperare una casa per 300 mila euro, ma ha una casa che ne vale 350 mila, quando il suo debito può essere definito sostenibile? Fino a quando la casa continua a valere 350 mila euro la famiglia è certamente garantita (sempre che abbia le risorse per pagare il mutuo). Ma se quella famiglia, da un giorno all’altro, non avesse un reddito sufficiente per pagare le rate del mutuo? Inoltre, se arrivasse una lettera dalla banca con scritto: “attenzione, causa crisi del mercato immobiliare, la vostra casa non vale 350 mila euro, ma vale molto meno, addirittura, data la zona, la modalità di costruzione e i problemi del terreno su cui è costruita, nessuno la vorrà mai comperare se voi proverete a venderla”. A questo punto il debito non è più sostenibile, manca la garanzia.
D’altra parte nel 2022 abbiamo persone che sono convinte della piattezza della Terra contro ogni solida teoria di Copernico, Galileo e Newton e contro le evidenze fotografiche della tecnologia odierna, quindi ci possiamo tranquillamente permettere i “revisionisti del debito” che criticano il Commissario Ciclosi, l’Amministrazione Pizzarotti e citano il suo Ex Assessore Capelli come depositario di verità “nascoste” estrapolando una riga da una relazione di 12 pagine.
Lo stesso Capelli in realtà, come la Corte dei Conti due anni dopo, anticipava tutta una serie di problematiche importanti per gli equilibri del bilancio del Comune di Parma:
- Situazione partecipate fuori controllo;
- Raggiungimento dell’equilibrio di parte corrente con un “reiterato ricorso all’utilizzo di entrate straordinarie” (si ricorda come gli articoli 243-bis e seguenti del TUEL, inseriti dal D.L. n. 174 del 2012, hanno introdotto la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale -cd. Predissesto- dei comuni e delle province che versano in una situazione di squilibrio strutturale del bilancio, in grado di provocarne il dissesto finanziario, allo scopo di evitare, a tali enti, la dichiarazione di dissesto);
- “Inattendibilità delle previsioni di entrata”, con un invito specifico della Corte dei Conti “ad adottare per il futuro criteri di maggiore prudenza”;
- Il potenziale disavanzo del bilancio dell’Ente nel 2011 era ridotto in virtù di una riduzione delle spese correnti, dovuta al trasferimento dei costi sulle società partecipate (una per tutte Parma Infrastrutture, a cui si erano dati i global strade, verde, patrimonio e illuminazione pubblica), senza considerare che prima o poi qualcuno avrebbe presentato il conto;
- Le numerose cause passive e l’inadeguatezza del fondo rischi cause a bilancio collegato ad una inadeguatezza dei fondi in generale;
- La tempestività dei pagamenti (l’Ass. Capelli aveva problemi con i fornitori, oggi il Comune paga le fatture in media 9 giorni prima della scadenza).
Ho dovuto purtroppo produrre questa doverosa relazione con il solo fine di ripristinare la verità oggettiva dei fatti.
Non è mia intenzione convincere chi non vuole convincersi.
Assicuro che mi è stato sufficiente aver vissuto questi 9 anni cercando di mantenere la barra dritta con l’obiettivo di ricondurre la nave in porto.
Sottolineo come sia stato per me un grandissimo onore potermi mettere al Servizio della mia Città e poter offrire le mie competenze per quelle Istituzioni che riconosco, nella quali credo e ripongo ancora la mia fiducia.
Alcuni problemi (non di poco conto) sono ancora lì, quasi a monito: la STU Stazione è ancora in 182 bis, e nei prossimi anni dovrà faticosamente raggiungere gli obiettivi di quel piano (35 mln di euro di debito da ripianare), come il Centro Agroalimentare e Logistica, che sta avviando una procedura art.67 della legge fallimentare (con mutui non pagati per 8 mln, per immobili che oggi ne valgono mal contati la metà!). STT Holding è appena stata messa in liquidazione dopo aver venduto 37.250.000 in numero (circa 74 mln di euro in valore) di azioni Iren (trasferite dall’Amministrazione Vignali in proprietà di STT nel 2011) per chiudere i debiti del proprio gruppo, ennesima dimostrazione di un attivo “poco appetibile” (terreni in zona mercati, ex macello, ex scalo merci, garage in zona botteghino, ecc.). Stu Authority dovrà risolvere l’annosa questione del Piano Economico Finanziario del Ponte Nord, essa stessa tetra testimonianza di tempi che furono.
Il Comune di Parma ha un debito ridotto del 65% (da 807 mln a 286 mln di euro), è tra le realtà più solide d’Italia, ed è tornato da anni a investire sul suo futuro. Siamo tornati nella “White-List” di Cassa Depositi e Prestiti e la nostra “reputazione” è tra le più alte negli Enti Locali in Italia. Il resto, davvero, lo lascio tranquillamente e senza esitazione nel cassetto dei brutti ricordi. Fermo restando che sentire raccontare una storia in cui il debito non c’è stato è eticamente inaccettabile e altamente irrispettoso nei confronti di tutta una serie di soggetti: i Commissari Prefettizi che hanno gestito il Comune nelle more di nuove elezioni; tutti i dipendenti del Comune che molte volte sono andati al di là del mero lavoro di ufficio per risolvere problemi importanti, alcuni dei quali, quasi impossibili da spiegare in un “comizio elettorale; i Dirigenti, le Posizioni Organizzative, i Funzionari che hanno duramente lavorato in questi anni non solo per ripianare i debiti, ma per portare Parma a raggiungere risultati encomiabili (a mero titolo esemplificativo cito “Città creativa della gastronomia” UNESCO e Capitale Italiana della Cultura 20+21). In ultima analisi manca di rispetto a tutti i nostri Amministratori di Società Partecipate che si sono spesi e hanno messo il loro know-how a fattore comune per risolvere una situazione intricatissima, insieme a professionisti esterni, all’Ordine dei Dottori Commercialisti e all’Ordine degli Avvocati di Parma, con i quali abbiamo collaborato proficuamente.
Vorrei chiudere la stupefacente questione sul pesante debito del Comune di Parma, ritornata in auge come un evergreen trash, rispondendo un’ultima volta a chi sostiene, seppur timidamente che sì, il debito esisteva, ma a sua detta ci si poteva convivere.
Concordo con loro: infatti ci abbiamo convissuto, il problema è stato “come” ci abbiamo convissuto.
Chiudo la questione ammettendo che non ci sarà mai piena consapevolezza da parte di chi quel debito ha rovinosamente contribuito a generarlo, sarebbe come provare a convincere un vampiro che l’aglio insaporisce la carne più del sangue: sussiste un conflitto d’interessi latente che non potrà mai essere risolto.
Marco Ferretti, assessore al Bilancio del Comune di Parma