
24/03/2015
ACCADDE OGGI: Una della più gravi fuoriuscite di petrolio in mare ebbe luogo quando la superpetroliera Exxon Valdez, di proprietà della Exxonmobil, si arenò urtando contro la scogliera nell’Alaska meridionale nello stretto di Prince William nel Marzo 1989. Si stima che circa 50 milioni di litri di greggio si riversarono in acqua. I tentativi di contenere la perdita della massa oleosa non ebbero successo e il vento e le correnti sparsero il petrolio ad oltre 160 km dal luogo dell’incidente. Alla fine più di 1.900 km di costa risultarono contaminati, causando la morte di oltre mezzo milione di volatili, oltre che di specie marine ed animali.
Le indagini che seguirono permisero di accertare che Joseph Hazelwood, il capitano della Valdez, stava bevendo al momento dell’incidente e consentì ad un altro ufficiale non autorizzato di guidare la superpetroliera lunga più di 300 metri, che, a seguito di una virata troppo lenta, si incagliò nelle acque dello stretto. Nel Marzo 1990 Hazelwood fu condannato per negligenza, multato per 50.000 dollari e a svolgere 1.000 ore di servizio sociale. Nel Luglio del 1992 un tribunale annullò la condanna citando uno statuto federale che concedeva la libertà ai responsabili di disastri ambientali come quello della Valdez.
La Exxon venne condannata dall’Ente Nazionale per la Sicurezza dei Trasporti e all’inizio del 1991, sotto pressione di gruppi ambientalisti, accettò di pagare una penale di 100 milioni di dollari e di coprire le spese per la pulizia delle coste fino ad un massimo di un miliardo di dollari nei dieci anni successivi. Tuttavia nel corso di quell’anno la Exxon respinse l’accordo e nell’ottobre 1991 la corporation accettò di versare inizialmente solo 20 milioni, meno del 4% di quanto originariamente promesso per l’opera di pulizia. Successivamente la Exxon venne condannata a versare il miliardo di dollari a scopo risarcitorio.
L’incidente della Exxon Valdez ha rappresentato uno tra i maggiori disastri per l’ecosistema, i cui effetti sono ancora in parte visibili a distanza di oltre 25 anni. Studi recenti anno dimostrato che circa 98.000 litri di greggio contaminino ancora le coste dell’Alaska attorno all’area dell’incidente, e da analisi svolte nel 2013 è emerso che la popolazione di lontre locale mostra ancora segni di un possibile avvelenamento da idrocarburi. Le ricerche sembrano comunque indicare che le sostanze altamente inquinanti sono ormai localizzate unicamente in aree poco frequentate, e quindi non costituirebbero più un pericolo su vasta scala per la fauna.
Alessandro Guardamagna