
15/03/2015
Alle Idi di Marzo del 44 a.C., una congiura a cui presero parte 60 senatori sotto la guida di Bruto e Cassio pose fine alla vita di Caio Giulio Cesare. Cesare cadde colpito da ventitré pugnalate all’interno del Senato dell’Urbe ai piedi della statua dell’ex-avversario Pompeo e, secondo quanto narratoci da Svetonio, il medico che esaminò il suo corpo stabilì che solo uno dei colpi infertigli era stato mortale.
Esami recenti, condotti dall’ex comandante dei RIS di Parma Luciano Garofano, hanno dimostrato che a colpire Cesare non poterono essere più di 5-6 congiurati al massimo; non vi è fisicamente lo spazio attorno ad un persona atto a contenere un numero maggiore di avversari che armati di pugnale, si scagliano contro la vittima. Se gli esecutori materiali del delitto fossero stati più numerosi avrebbero infatti rischiato di intralciarsi a vicenda e ferirsi vicendevolmente invece di colpire il bersaglio. E’ quindi assai probabile che Cesare fu confrontato da un numero ristretto di congiurati che lo pugnalarono, sferrandogli ciascuno due o tre colpi prima che si accasciasse al suolo. Pochi altri, una volta caduto, si limitarono ad infliggergli ritualmente una colpo di pugnale, tanto per sporcare la lama nel suo sangue e dimostrare così la propria partecipazione alla cospirazione.
Questo spiegherebbe perché la maggioranza delle ferite riscontrate erano superficiali. La congiura nacque all’interno del Senato poiché diversi senatori, che si ritenevano custodi e difensori dell’ordinamento repubblicano, erano totalmente contrari all’accentramento di potere rappresentato da Cesare che, ai loro occhi, rischiava di porre in essere una svolta di carattere monarchico – questa si realizzerà concretamente più tardi con Ottaviano Augusto, successore vittorioso dell’eredità di Cesare che avvierà il Principato. Pare che un veggente avesse avvertito Cesare di un pericolo mortale che lo attendeva alle Idi di Marzo. Quando giunse in Senato quel giorno, Cesare fece chiamare l’uomo al suo cospetto e gli disse che le Idi di Marzo erano ormai arrivate. Al che l’indovino gli rispose con calma con queste parole: “Sì, ma non sono ancora passate”.
Cesare scomparve a 57 anni dopo aver conquistato gloria e successo politico grazie a vittoriose campagne militari condotte nelle Gallie, in Britannia, in Spagna e in Africa settentrionale, che affermarono potentemente, oltre all’ambizione personale dell’uomo, la volontà di dominio di Roma. A questo quadro va anche aggiunto un particolare spesso ignorato quando si parla di Cesare – e la cosa potrebbe essere applicata ad altri famosi condottieri dell’antichità, quali Alessandro Magno. Cesare fu responsabile dell’uccisione di milioni di individui, molti dei quali civili inermi. Solo le campagne svoltesi dal 58 al 52 avanti Cristo per la conquista della Gallia – la cui sottomissione Cesare presenta nel De Bello Gallico come necessaria per il mantenimento della pace e prosperità della Res Publica Romana – provocarono la morte di non meno di un milione di Galli e la riduzione in schiavitù di un altro milione di individui.
Alessandro Guardamagna