“Titanic”

SMA MODENA
lodi1

13/05/2015
h.15.00

Sabato 16 e domenica 17 maggio alle ore 21.15 a Europa Teatri va in scena l’esito del laboratorio di II livello “Titanic” condotto da Luigi Tapella in collaborazione con Chiara Rubes, musiche Patrizia Mattioli, luci Lucia Manghi, con Monica Munno, Cristina Bricoli, Ilaria Ablondi, Isabella Grassi, Cristina Ruspaggiari, Vittoria Laudato, PaolaMontermini, Michele Gianferrari, Simone Orlandini, Alessia Fontanesi, Lucia Bizzi, Roberto Tarussio.
“Il racconto, che si snoda nel percorso di chiusura del laboratorio teatrale dedicato a “La fine del Titanic” di H.M. Enzensberger, – scrive Luigi Tapella nelle note di regia – avvolto dall’oscurità, dalla mancanza di luce e da una cecità che impedisce l’orientamento. Si ha la sensazione che i personaggi agiscano dentro una pancia buia, forse quella del transatlantico, o forse una pancia più metaforica, dilatata nei suoi confini e che ci riporta alla quotidianità e al buio che c’è attorno a noi. Viviamo in un’epoca complessa nella quale ci è negato, almeno a noi comuni mortali, di conoscere le ragioni, i perché di tutto ciò che ci succede attorno. Siamo vittime eccellenti di un sistema, i cui meccanismi sono a noi incomprensibili, non ci sentiamo rappresentati, sentiamo solo l’ostilità del mondo che inibisce il diritto al protagonismo. Così, come nella realtà, anche nella tragedia del Titanic c’è un lato oscuro nel quale non è consentito indagare, conoscere e capire”.
Passato e presente si riflettono l’uno nell’altro, le parole di Enzensberger si mescolano con quelle della cronaca di oggi, dei nostri “… disastri quotidiani“, delle catastrofi ben superiori a quella del lontano aprile 1912.

“Titanic”

SMA MODENA
lodi1

12/04/2012

Rose ha diciassette anni, una madre egoista, un fidanzato facoltoso e una vita pianificata. Imbarcata sul Titanic e insoddisfatta della propria subalternità al futuro sposo incontra Jack, romantico disegnatore della terza classe che ha vinto a poker un biglietto per l’America.
Contro le convenzioni e il destino, che chiederà il conto in una notte senza luna, Rose e Jack si innamorano, spiegando il loro spirito come i motori del più grande transatlantico del mondo. Lanciato nella sua prima traversata oceanica il Titanic è colpito al cuore da un iceberg, ‘affondando’ millecinquecento persone e il futuro dei due giovani amanti.
Ottantaquattro anni dopo l’ultracentenaria Rose, scampata al naufragio e sopravvissuta a Jack, racconterà a un gruppo di scienziati la meraviglia di un amore interclassista e la stupidità di un mondo diviso in classi. Un mondo che il Titanic inabisserà in un oceano nero il 15 aprile del 1912.
Ogni film di James Cameron è un viaggio e insieme un processo di apprendimento. Una ‘traversata’ che coniuga spettacolarità, azione, emozione e precipitazione struggente. Del movimento, inteso come atto ma soprattutto come attitudine mentale e disposizione dello spirito, Titanic è l’esempio più compiuto, che sposta acqua, corpi e intelligenze, che eleva due adolescenti sopra o sotto il livello a cui vivono gli altri, superando i divieti del censo e della cultura edoardiana.
Film smisurato nel budget, nell’ispirazione kolossale, nella generosità sentimentale, nella costruzione di un universo fantastico che rievoca la realtà ma il cui senso eccede i limiti materiali, Titanic ‘riprende’ il mare. Quindici anni e undici Oscar dopo, il capolavoro abissale di Cameron torna in sala convertito alla tridimensionalità. Virtuoso della tecnologia 3D e creatore di un reale cinematografico più grande del reale, Cameron intuisce le possibilità del suo ‘giocattolo’ e rilancia, gettando il cuore, quello dell’Oceano e quello di tenebra, oltre l’ostacolo e giù giù fino alle radici del (suo) cinema. Accresce la ‘profondità’ dell’abisso in cui affonda a picco in verticale il transatlantico e approfondisce quella della superficie su cui scivola fluente in orizzontale, articolando le due ‘rotte’ con estrema fluidità.
Espandendo la portata emozionale delle immagini e del narrato, già smisuratamente dilatato rispetto alle esigenze drammaturgiche del catastrofico, l’autore ritorna sulla prua con Jack e Rose, estremisti dell’amore capaci di azzardi imprevedibili che li spingono oltre, oltre l’universo limitato della nave, oltre i muri, le porte e i cancelli che separano due umanità. Umanità che il naufragio, ad opera di una natura imperturbabile, ingoia, annega e ‘pacifica’ dentro una tragedia consumata sullo schermo in tempo reale. Una disgrazia che, a dispetto delle sue dimensioni, Cameron descrive intimamente, scovando negli ambienti della nave, sui ponti, nelle cabine, lungo i corridoi la morte singola, isolata, rassegnata, disperata, consapevole. Quella del capitano davanti al timone, quella del magnate americano rincuorata dal brandy, quella di una madre e i suoi bambini dentro una favola, quella di un’orchestra afferrata al proprio strumento.
(Ri)colorando i toni prometeici della macchina dei sogni della White Star Line, proiezione di potenza e insieme di fallimento, il regista fa riemergere dal profondo le immagini depositate negli occhi degli spettatori e in quelli di Rose, che in dissolvenza ritrova quelli di Jack. Eroe romantico che viaggia in basso ma guarda in alto Rose sulle tavole del ponte di coperta, conquistandola a passo di danza e a colpi di candore, trascinandola nel ‘mare’ della vita e amandola per sempre nella sospensione ovattata dell’oceano.
 

(Si ringrazia Mymovies.it per la collaborazione)
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