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22/03/2011
h.16.00
Con la primavera arriva il tempo delle nomine.
Le società approvano i bilanci ed ogni tre anni l’assemblea nomina o rinnova il consiglio di amministrazione. Nelle società private questo è di competenza degli azionisti, i quali scelgono come ritengono gli convenga. Nelle società pubbliche, queste scelte sono molto più complicate perché tutto viene filtrato da un sistema che è solo apparentemente “politico”.
Per quanto riguarda la Giunta del Comune di Parma, l’ultimo segnale mandato va nella giusta direzione ed in rottura rispetto al passato (di entrambi gli schieramenti). Nella società partecipata STT, che presenta un consistente indebitamento, e quindi richiede una gestione molto attenta sul piano dei conti, è stato nominato il Dottor Varazzani, una personalità di alto profilo.
Ma non è di questo che vorrei parlare.
Ad aprile con l’assemblea di approvazione del bilancio si chiude definitivamente, dopo oltre 500 anni, la vita parmigiana della Banca del Monte di Parma. Ad aprile ci sarà l’ultimo atto per il passaggio di proprietà definitivo della banca parmigiana al Gruppo Banca Intesa, tutt’ora sotto il controllo italiano, ma con confini operativi europei. Questo vuol dire che Bancamonte, da banca locale ed orientata al soddisfacimento dei problemi del territorio, diventerà un terminale locale di una grande banca per la quale Parma è davvero periferia dell’impero. Naturalmente tutto questo avrà conseguenze sul piano dell’occupazione, presente e futura della banca stessa, come bene hanno percepito i sindacati che si sono posti subito “in mobilitazione” (con effetti ancora tutti da dimostrare).
Peraltro ciò che stupisce è che, di fronte a questo declassamento di una delle istituzioni storiche della nostra città, tutti abbiamo assistito in silenzio, pur in presenza di segnali evidenti e gravi di un progressivo degrado della banca. C’era un presidente, enfant prodige della politica locale; un consiglio di amministrazione 2(rinnovato solo per metà, dopo le dimissioni del presidente) ed un collegio sindacale (intoccato dal disastro), tutti impegnati nel controllo della banca, i quali alla fine tutti insieme si sono fatti sfilare la banca dalle mani. E nessuno che abbia alzato la voce, con nomi e cognomi.
Ma ciò che stupisce ancor di più, è che la Bancamonte ha un controllore istituzionale, che è (scusate, era) il suo azionista di maggioranza, vale a dire la Fondazione Banca del Monte. La quale da tempo distribuisce poco o nulla per le sue finalità istituzionali; ma che ha (scusate, aveva) un compito prioritario: quello di controllare l’andamento di Bancamonte. Come abbia eseguito questo controllo è lampante: accumulando perdite tali che hanno costretto la Fondazione a vendere la quota di maggioranza della Banca stessa.
La Fondazione ha un consiglio di amministrazione ed un collegio sindacale: si è mai saputo nulla di come questa azione di controllo sia stata effettuata? Di chi ha fatto che cosa essendo responsabile di …? Ciò che sappiamo dai giornali è che il presidente della Fondazione Gilberto Greci nel maggio scorso aveva tranquillizzato tutti sostenendo che si Bancamonte aveva sofferto dalla crisi, ma che mai sarebbe stata ceduta la quota di controllo. Un “mai” che è durato solo qualche mese.
Non vorrei mancare di rispetto, come ha fatto l’imprenditore Della Valle nei riguardi del presidente Bazoli riguardo l’assetto del Corriere della Sera, ma mi chiedo: la nostra città è in grado di esprimere come uomini “migliori” soltanto persone incapaci di assumersi le proprie responsabilità davanti a situazioni così gravi? Con questi risultati disastrosi?
Riflettiamo, perché il tempo dei giochetti è finito, è tempo di scelte responsabili. Il conto dell’incompetenza è arrivato, e francamente è troppo elevato.
Luigi Giuseppe Villani