“Bianco di Babbudoiu” ha una regia pulita e rigorosa

SMA MODENA
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Michele, Roberto e Giusy sono tre fratelli proprietari di un vigneto che produce, fra gli altri, il vino Bianco di Babbudoiu. Anche Stefano, marito di Giusy, fa parte della gestione dell’azienda vinicola. Quando un fondo europeo che sarebbe dovuto servire per lanciare i loro vini in Cina viene improvvisamente a mancare, i maschi di casa si ritrovano a dover restituire centinaia di migliaia di euro alla banca entro 15 giorni, pena la bancarotta. Michele, Roberto e Stefano, all’insaputa delle rispettive compagne (Giusy compresa) devono dunque trovare il modo di racimolare quella somma e ne inventano di tutti i colori: dalla vendita di un quadro orribile ma quotatissimo alle gare di bevute e di craniate al rapimento di un porcellino da competizione. Sullo sfondo ci sono Sassari e la Sardegna con le sue bellezze mozzafiato.
Non è chiaro quale sia il senso dell’operazione: se la promozione delle aziende vinicole sarde, o del turismo isolano, o dei tre comici protagonisti, usciti dalle file di Colorado Cafè (come alcuni dei comprimari del film, da Dario Cassini – nel doppio ruolo di banchiere e usuraio, in una delle poche trovate divertenti della storia – a Valeria Graci). I tre sono conosciuti come Pino e gli anticorpi e noti sono alcuni loro numeri come il teatrino di marionette umane, che fa leva anche sul loro training da clown. Le cronache segnalano inoltre che nel corso della terza serata di Sanremo 2016 la loro apparizione abbia ottenuto un picco di share.
È chiaro però che il risultato della loro partecipazione a Bianco di Babbudoiu sia molto al di sotto delle aspettative, perché il passaggio dal cabaret televisivo al cinema è uno dei più rischiosi: ciò che funziona su un palcoscenico da avanspettacolo può non funzionare affatto sul grande schermo, soprattutto se l’impianto narrativo è affidata agli stessi comici, qui autori della sceneggiatura insieme a Nicola Alvau. All’interno di una commedia dev’esserci una logica, una coerenza narrativa, una credibilità nella psicologia dei personaggi, una riconoscibile verità di fondo.
La regia di Igor Biddau è pulita e rigorosa, anche se spesso incline allo spot pubblicitario per la Sardegna e i suoi prodotti, e c’è un’evidente cura, oltre che un evidente dispendio di risorse economiche, nella messinscena, i costumi e le ricostruzioni di ambiente. Ma non basta a compensare l’assenza di un ritmo di racconto e soprattutto di risate: a ennesima riprova che la commedia cinematografica non è una sequela di sketch di cabaret.

(Si ringrazia Mymovies.it per la collaborazione)
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