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25/06/2010
h.18.10
“Non contestiamo la manovra in sé, in quanto siamo tutti d’accordo che viviamo un momento in cui è d’obbligo il rigore: chiediamo soltanto che sia equa”.
Queste le parole dell’assessore comunale alla Sicurezza, Fabio Fecci, neo vicepresidente vicario dell’Anci Emilia-Romagna, nomina arrivata nel corso dell’assemblea regionale tenutasi a Modena l’11 giugno scorso, nel corso della quale è stato anche individuato anche il nuovo presidente, Daniele Manca, primo cittadino di Imola. Fecci, nell’ufficio di presidenza dell’Anci dal 2004, esprime “soddisfazione per questo importante riconoscimento che rende merito all’amministrazione comunale e alla città di Parma” e suggerisce già alcune linee guida per un documento unitario a margine della prima seduta del nuovo gabinetto di presidenza, riunitosi ieri a Bologna.
In primis, l’assessore ducale rilancia “nell’ottica del vero federalismo, l’autonomia dei Comuni, prima cellula politico-amministrativa e anello di contatto tra Stato e cittadino che ha la possibilità di controllarne l’operato e l’efficienza: è impensabile che il 65% della manovra gravi sulle spalle delle amministrazioni locali, oltretutto – aggiunge Fecci – in modo indiscriminato, arrivando a penalizzare anche chi è stato definito “virtuoso”. Non ci stiamo ad essere equiparati a chi è stato esempio di mala amministrazione e mala gestione della cosa pubblica”.
Altro punto su cui l’ex sindaco di Noceto si sofferma è il Patto di stabilità: “Così com’è oggi non funziona proprio, il calcolo si basa sui saldi e visto e considerato che i Comuni non possono incidere sulle levi fiscali occorre ridiscutere su questi meccanismi. Un primo passo in avanti sarebbe non riferirsi solo al 2007 ma a tutto il triennio 2006/2008, così com’è illogico che gli avanzi di amministrazione non possano essere inclusi tra le entrate utili a finanziare gli investimenti.
Per non parlare del fatto che si sono cambiate le regole del gioco in corso d’opera, decidendo che i proventi delle alienazioni fossero esclusi dal calcolo delle entrate utili ai fini del Patto stesso: tutto questo, lo ricordo, alla faccia della programmazione fatta in sede di bilancio preventivo, fattore che esposti per centinaia di migliaia di euro moltissimi enti”.
Fecci auspicando la cosiddetta “Service tax”, che i Comuni potrebbero applicare in virtù dell’autonomia dei servizi erogati, confida comunque in una ripartizione diversa, che “ridistribuisca in modo differente il peso complessivo della manovra stessa”.
Il vicepresidente, a titolo personale, coglie infine l’occasione per rilanciare un tema a lui caro, quello dell’abolizione delle Province: “Se ne parla da tempo, dovevano estinguersi già 40 anni fa e il recente emendamento ne elimina solo 4 su 120. Poca cosa, se considerato che la spesa complessiva per far funzionare l’intero sistema si aggira sui 16 miliardi di euro, l’1% del Pil italiano”.