
Migliaia di donne e uomini di tutte le età hanno manifestato anche a Parma, oggi, 25 novembre Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ma questa non sarà una cronaca della giornata, che lasciamo alle immagini.
La centotreesima donna assassinata da un uomo che diceva di amarla ha fatto scattare qualcosa in tutto il paese.
Scardinare e distruggere il patriarcato e la cultura dello stupro in cui siamo tutti immersi e da cui respiriamo, beviamo e mangiamo ogni giorno: questo deve essere l’obiettivo. E non sarà facile in un paese, il nostro, in cui le donne hanno potuto eleggere ed essere elette a partire dal 1946.
Un paese in cui, fino al 1996, lo stupro era un reato contro la morale e non contro la persona.
Il 1996 è ieri.
Un paese in cui fino al 1981 se un uomo uccideva la moglie infedele aveva delle attenuanti, perché la legge contemplava il delitto d’onore. Un paese in cui, sempre nel 1981, è stato abolito il matrimonio riparatore: in sostanza, il reato di stupro si estingueva se il colpevole si rendeva disponibile a sposare la vittima, spesso minorenne. Ma la cosa peggiore è che spesso a sollecitare la richiesta del matrimonio riparatore erano i familiari della vittima per ripristinare il loro onore perduto.
Il 1981 è ieri l’altro.
La nostra è una società dove una donna, già a partire dal suo nome, viene indicata in ragione della sua appartenenza a un uomo: i figli e le figlie portano il cognome del padre, non della madre. E anche se dal 1° giugno 2022 è possibile indicare entrambi i cognomi o anche solo quello della madre, in quanti lo fanno?
Fare prevenzione, sensibilizzare, cambiare la cultura, da dove si parte? Dalle scuole? Dalla lingua?
Il linguaggio è lo specchio della nostra società e tutti alimentiamo, consapevolmente o meno, il meccanismo di discriminazione.
Se solo la nostra prima Presidente del Consiglio donna capisse l’importanza dell’articolo determinativo “la”!
Mi è stato detto più volte da maschi e purtroppo anche da tante femmine che non è con queste cose che si cambia la cultura e si elimina la violenza.
E poi ministra, sindaca, assessora, deputata, medica, chirurga suona male e che “In fondo è il ruolo la cosa importante”.
Ruolo, appunto, precluso alle donne per secoli, perché non era necessario studiare per avere una famiglia, occuparsi dei figli, del marito e della casa.
E se il ruolo prestigioso è di una donna come commentiamo? Mettendo in risalto aspetti legati all’esteriorità, all’aspetto fisico, all’abbigliamento, alla sessualità. Diremmo mai di un uomo al potere: “Chi si occuperà ora dei figli? Ma come è vestito? È brutto, è grasso”!
E ancora oggi, anno 2023, senza le quote rosa, che non ci piacciono, quante donne ci sarebbero in Parlamento? E nei Cda?
È questo che respiriamo, mangiamo e beviamo tutti i giorni, lo hanno fatto i nostri genitori e i nostri nonni è ora che non lo facciano più i nostri figli.
E, tornando alla cronaca di questa mattina, c’è chi proprio non ha colto l’importante opportunità di evolversi e capire il perché era in piazza a manifestare.
Sicuramente cercare di zittire una deputata – vedi video -, fischiare e insultare dimostra che siamo ancora molto lontani dal traguardo.
Tatiana Cogo
“Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.
Se non ti dico che non torno a cena. Se domani, il taxi non appare.
Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in un sacco nero (Mara, Micaela, Majo, Mariana).
Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia (Emily, Shirley).
Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata (Luz Marina).
Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata per i capelli (Arlette).
Cara mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata (Lucía).
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato abbastanza, che era il modo in cui ero vestita, l’alcool nel sangue.
Ti diranno che era giusto, che ero da sola.
Che il mio ex psicopatico aveva delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana.
Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Te lo giuro, mamma, sono morta combattendo.
Te lo giuro, mia cara mamma, ho urlato tanto forte quanto ho volato in alto.
Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutte le donne che urleranno il mio nome.
Perché lo so, mamma, tu non ti fermerai.
Ma, per carità, non legare mia sorella.
Non rinchiudere le mie cugine, non limitare le tue nipoti.
Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.
Lotta per le vostre ali, quelle ali che mi hanno tagliato.
Lotta per loro, perché possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti perché possano urlare più forte di me.
Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.”
Cristina Torre Cáceres