
09/02/2010
Legambiente chiede alla Provincia di Parma di convocare rapidamente un tavolo istituzionale per affrontare la crisi ambientale determinata dal disastroso scoperchiamento della discarica di Eia, provocata dal fiume Taro.
Ad oltre un mese dall’evento non risulta che siano stati presi provvedimenti, e questo può essere comprensibile dato il maltempo, ma quel che è più grave, non risulta che siano stati nemmeno pianificati.
L’erosione spondale, provocata dall’ultima piena del Taro, ha aperto un fronte di circa quattrocento metri asportando i rifiuti, seppelliti negli anni Settanta e Ottanta, e disseminandoli lungo tutto l’asta del fiume, sulle sponde nel comune di Parma e, soprattutto, nei comuni di Trecasali e San Secondo. Non solo: stando ad alcune segnalazioni, i rifiuti di Parma trasportati dal Po sono arrivati fino al mare Adriatico, e si stanno “spiaggiando” sui lidi ferraresi.
Occorre intervenire velocemente da un lato per porre in sicurezza l’area della discarica, magari deviando il flusso della corrente del fiume Taro dalla sponda destra, per evitare nuovi sversamenti.
In secondo luogo bisogna pianificare la ripulitura, a valle, delle sponde del Taro ponderando bene l’intervento con mezzi meccanici ma anche con un intervento manuale per non pregiudicare la flora ripariale. Legambiente ritiene che, per quanto sia stata vasta e invasiva la disseminazione dei rifiuti, ciò non debba determinare in automatico interventi di taglio indiscriminato della vegetazione “per fare prima” nell’opera di pulizia.
Inoltre sarebbe opportuno un campionamento sulla tipologia dei rifiuti sparpagliati e sul tipo di nocività per l’ambiente e le persone.
Date le dimensioni del fenomeno, e i tanti enti coinvolti (almeno tre comuni, Aipo, Arpa, corpo Forestale) riteniamo che la Provincia debba farsi carico di chiamare tutti e coordinare le azioni, questo anche per evitare la tentazione di fare da scaricabarile dietro dichiarazioni di “non competenza” che, anche se legittime burocraticamente, sarebbero deprecabili dal punto di vista sociale e ambientale, oltre che comportare ritardi operativi.
Infine Legambiente auspica che i costi di tali interventi non ricadano sulla collettività ma che sia Enìa a sostenerli dato che, a quanto risulta, la discarica di Eia era gestita da Amnu, società municipalizzata assorbita da tempo in Enìa. Inoltre, se confermato che la deviazione del flusso della corrente sia stato provocato dalle opere di protezione fluviale a difesa dell’interporto di Fontevivo, sarebbe corretto che un intervento economico di ripristino fosse finanziato anche dal Cepim.