
14/03/2015
Esattamente quarantatre anni fa, il 14 marzo del 1972, Giangiacomo Feltrinelli, fondatore della nota casa editrice e discendente di una facoltosa famiglia di imprenditori, moriva alle porte di Segrate nei pressi di Milano. Il suo corpo dilaniato da un’esplosione verrà ritrovato alla base di un palo dell’alta tensione dell’Enel.
Le ipotesi sulle cause della morte furono diverse; mentre alcuni sostennero che stesse preparando un’azione di sabotaggio o un attentato per provocare un black-out a Milano, altri videro nella sua scomparsa un omicidio politico, voluto dalla CIA e portato a compimento da agenti dei servizi segreti italiani. Feltrinelli, che al momento della morte aveva 46 anni, appena diciannovenne aveva aderito al Partito Comunista Italiano, che successivamente finanzierà in modo sostanziale. Miliardario comunista – cosa che da sempre alcuni rilevavano come una stridente contraddizione – ed amico di Fidel Castro, era entrato da alcuni mesi “in clandestinità” dopo che fatti di cronaca – come la strage di piazza Fontana nel Dicembre 1969 – lo avevano convinto che in Italia era in atto un tentativo, voluto dalle forze di governo e di stampo conservatore, teso a stroncare lo sviluppo di un’alternativa politica.
A partire dal 1971 era solito incontrasi con altri appartenenti alle correnti di sinistra, fra cui alcuni futuri appartenenti alle Brigate Rosse, per tentare di organizzare una forma di resistenza a quelle che identificava come manovre di repressione fascista della vita politica e sociale dell’Italia di quegli anni. Alcuni di costoro ricordarono gli incontri nei pressi del Castello di Milano, dove Feltrinelli si presentava come il compagno Osvaldo. Tutti sapevano chi fosse, ma nessuno menzionava l’identità dell’editore che diffondeva le idee di Marx e Che Guevara.
La sua salma fu riconosciuta all’obitorio di Milano alle 23.30 del 14 Marzo dalla ex moglie, Inge Schoental. Ad alimentare da subito i dubbi sulle circostanze della morte fu il fatto che la perizia medico-legale venne ignorata. Le indagini d’ufficio furono invece svolte in senso monodirezionale e non tennero minimamente conto del fatto che Feltrinelli avrebbe potuto essere stato aggredito prima dell’esplosione, legato al traliccio, e poi fatto saltare in aria da un ordigno.
La ricostruzione accettata vede Feltrinelli arrampicarsi sul palo dell’Enel per collocarvi una carica esplosiva e provocare un black out “dimostrativo” a Milano, e saltare in aria in quanto, per imperizia o sfortuna, rimase vittima di un “incidente sul lavoro”. Se la sua azione avesse avuto successo una radio clandestina avrebbe diffuso la notizia spiegando le motivazioni di un gesto di protesta proprio contro il congresso del Pci che si teneva a Milano, e l’indifferenza della direzione del partito alla sterzata fascista che la vita sciale dell’Italia stava per conoscere.
Alessandro Guardamagna